Tre attivisti No Muos e del Teatro Occupato Pinelli, sono partiti in sostegno della lotta del popolo curdo contro le milizie nere del Califfato. Due giovani donne e un uomo sono entrati a far parte della staffetta italiana inaugurata già da diversi movimenti in tutta Italia, coordinati dalla Rete Kurda in Italia (UIKI). Al momento, i tre sono gli unici italiani tra i volontari attivi nel Rojava, il Kurdistan siriano
Hanno lasciato l’Italia per giungere nella città kurda di Suruc, dove si trova un centro in cui vengono ospitati i volontari stranieri. Da qui, hanno cominciato a prestare assistenza dei rifugiati provenienti dal Rojava, il Kurdistan siriano, in fuga dalla ferocia delle truppe dell’Isis. Hanno assistito, inoltre, ai festeggiamenti per la liberazione di Kobane. I report inviati parlano di stenti e di speranza, di giovani vite spezzate, del terrore dell’Isis e dei problemi con l’esercito turco. Ci raccontano i retroscena quotidiani di una rivoluzione che tutti abbiamo visto incarnata nelle immagini delle giovani combattenti curde che, con un fucile e un sorriso, sfidano gli uomini del Califfato. Questi i loro racconti:
Il centro culturale di Amara: “Il Centro Culturale dı Amara è una struttura sıtuata nel cuore dı Suruç. È un luogo polıfunzıonale adıbıto all´accoglıenza deglı ınternazıonalı e base operatıva per il movimento kurdo. Dentro al centro, al pıano terra, si trova una grande sala rıstoro e rıcreatıva, dove sempre è possıbıle bere un tè caldo, suonare o mangıare qualcosa (pranzo e cena sono sempre a base dı legumı, stesso cıbo che vıene smıstato neı campı profughı). I pastı caldı vengono cucınatı dentro Avesta, grande magazzıno sıto quı vıcıno, ın cuı sı raccolgono tutte le provvıste alımentarı”.
I campi profughi: “I volontarı presentı possono prestare ıl loro aıuto o recandosı aı campı profughı o dando una mano a smıstare ıl cıbo ad Avesta, dove sı cucınano ı pastı caldı. Fıno ad oggı abbıamo frequentato uno deı quattro campı profughı presentı nel terrıtorıo neı pressı dı Kobane. Questo campo é ancora ın allestımento, a dıfferenza deglı altrı, ma già abitato da 5mila rifugiati, di cui circa la metà minori”.
Vita nel campo: Glı aıutı umanıtarı hanno consentıto l´acquısto dı tende e bagnı chımıcı, che versano però, ın condızıonı dı ınagıbılıtà, vısto che non é stato collaudato un adeguato sıstema dı scarico. L' acqua vıene portata ognı gıorno per due ore – o medıante grossı camıon con cısterna o medıante un basıco sıstema ıdrıco – durante le qualı le persone sı affollano a raccoglıere l'acqua dı cuı necessıtano per l'ıntera gıornata. Talvolta manca l'acqua potabıle. Il cıbo vıene portato nel campo da un furgone, stesso pasto pranzo e cena. La dıeta non é varıa né ın grado dı soddısfare le esıgenze dı vıtamıne.
Il ruolo dei volontari: L'aıuto deı volontarı dentro ı campı consıste o nel dare una mano a montare le tende o nel fare anımazıone con le mıglıaıa dı bambını bellıssımı che abıtano nelle tende con le famıglıe e che dı gıorno grıdano all'arıa aperta, sempre, ıl loro bısogno ırrefrenabıle dı amore e socıalıtà.
A Kobane (dal 7 al 9 febbraio): “Siamo entrati da tre giorni nel cantone di Kobane ancora assediato da sud est e ovest dai Daesh (nome kurdo che indica gli arruolati delle truppe Isis). La città l'abbiamo conosciuta prima per l'asfissiante odore di gasolio dei generatori, essenziali per la corrente elettrica, e al mattino per le macerie, le macchie di sangue dei corpi e il nauseabondo odore dei cadaveri in decomposizione sparsi un po' ovunque sotto le macerie. Fra poco arriverà la stagione calda e sarà un problema per le infezioni. La parte ovest della città si sta piano piano ripopolando e si vedono bambini che giocano per le strade e il clima sembra suggerire finalmente un po' di quiete; cosa impensabile fino a qualche settimana fa. Le case, abbandonate in fretta con l'inizio della guerra, sono ora usate come basi per i vari gruppi guerriglieri, per i giornalisti, come depositi e per altre funzioni logistiche. Spesso manca l'acqua che è assente totalmente in alcune zone della città. La grande riserva ad occidente è ancora nelle mani dell'Isis. Tra i tantissimi edifici distrutti si possono contare anche 5 ospedali. La scuola si svolge in uno scantinato buio e umido. Camminando per le strade si incontrano molte testate di bomba inesplose. La presenza di pericoli di questo tipo impedisce tranquilli movimenti per la città. Particolarmente nella parte est. Quest'ultima è totalmente distrutta (a differenza della parte ovest parzialmente risparmiata dagli attacchi): case sventrate; macerie dappertutto, crateri provocati dalle bombe. Sui pochi muri rimasti intatti è possibile leggere ancora le scritte che rispecchiano il confronto-scontro tra combattenti curdi e Isis. Dalla collina di Mishtenur è possibile osservare dall'alto la devastazione, a fianco ai carri armati e ai loro scheletri (principalmente carri armati di fabbricazione russa, forniti da Assad, nelle mani dei Daesh) – sono stati impegnati circa 70 tanks, 40 carri bomba e visibili sono ancora i resti di circa 100 corpi di militanti Isis autoesplosi. È ancora possibile vedere le postazioni da cui si sono scontrati Ypj e Ypg contro i Daesh, i fronti di battaglia, talvolta incredibilmente ravvicinati, le barricate. Le unità di difesa sono ora impegnate alla distanza di circa 7 chilometri dal centro. L'avanzata Ypj e Ypg procede in tutte le direzioni ed è già a circa 30 chilometri dal cuore della città, dentro i villaggi”.
Collaborare alla Mensa dei Poveri di S. Antonio ? No, eh !
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