Mentre la crisi incalza, le opere pubbliche del Patto per Messina non partono

Mentre la crisi incalza, le opere pubbliche del Patto per Messina non partono

Redazione

Mentre la crisi incalza, le opere pubbliche del Patto per Messina non partono

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lunedì 17 Maggio 2021 - 07:30

A distanza di cinque anni dalla firma del Patto per Messina su 335 milioni di risorse disponibili ne sono state impegnate solo il 17% . E questo mentre il settore edile è in crisi profonda e la disoccupazione dilaga.

A fine aprile è stato pubblicato dalla Ragioneria Generale dello Stato il dato sulla spesa della Politica di Coesione in Italia fino al 28 febbraio 2021. I dati sull’utilizzo delle risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione mostrano un ritardo generale per tutte le città del Mezzogiorno nell’attuazione dei Patti per lo Sviluppo.

Il Patto per la Città di Messina, firmato il 22 ottobre 2016, su 335 milioni di euro di risorse in dotazione, a febbraio 2021, ne vede impegnate ancora solo 59,93 milioni (il 17,89%) e spese 15,226 milioni (il 4,55%), in linea con i ritardi delle altre città del Sud. Ad oltre quattro anni dalla stipula del Patto, con questi tempi, vedremo realizzate tutte le opere finanziate nel 2050, o peggio ancora, vedremo riprogrammate le risorse verso altre destinazioni più efficienti.

L’andamento delle opere inserite nei Patti di sviluppo in Italia

Perché non si riescono a realizzare gli interventi?

Quali sono state le criticità che hanno rallentato fortemente l’attuazione del Patto per lo Sviluppo della città Metropolitana di Messina? Vediamole in sintesi.

  • Una programmazione degli interventi non adeguata al contesto istituzionale locale e regionale.

Nella realizzazione di un’opera pubblica, è già assodato che i ritardi siano legati principalmente ai cosiddetti tempi di attraversamento, quelli che passano a causa delle numerose autorizzazioni necessarie per la cantierabilità dell’infrastruttura da realizzare. Un piano dove, su poco più di un centinaio di progetti, ci sono 25 stazioni appaltanti diverse (Comuni, Città Metropolitana, AMAM, Ente Parco dei Nebrodi, CAS, ESA), ognuna con i propri ritardi dovuti al turn-over politico-istituzionale e con forti limiti nella programmazione, progettazione e poi gestione di opere infrastrutturali (molti sono piccoli Comuni), ha poche possibilità di essere completato in tempi europei.

La Giunta Accorinti, che ha programmato il Patto per lo Sviluppo della Città Metropolitana di Messina, presentando i progetti nel 2016 sosteneva che: “A differenza di altre realtà metropolitane (che hanno concentrato sul comune capoluogo la più gran parte delle risorse), nella stesura del Patto per Messina si è attivato un processo diffuso di condivisione territoriale, in linea con la vocazione “pluricentrica” dell’area metropolitana, che consentisse una organica a ragionata distribuzione delle risorse in funzione delle esigenze di sviluppo e delle vocazioni territoriali”. Se le intenzioni politiche di condivisione territoriali erano lodevoli, in termini di realizzazione dei progetti erano le premesse per lunghi ritardi. Inserire nel Patto molti soggetti istituzionali diversi, ognuno con la propria stazione appaltante, è la principale ragione dei limitati impegni sui 335 milioni di euro disponibili.

  • Le criticità legate alla Città Metropolitana

Anche se le stazioni appaltanti erano numerose, una parte del Piano avrebbe potuto attuarsi agevolmente se ne frattempo non ci fossimo trovati nella fase di liquidazione delle ex province regionali. Infatti poco meno della metà dei progetti finanziati erano programmati e gestiti dalla Città Metropolitana di Messina. Ma per farli partire tale ente doveva impegnare le risorse destinate. Procedura bloccata per la mancata approvazione del bilancio pluriennale. In sostanza potevano iniziare i lavori solo di quelle opere che si potevano realizzare nell’anno solare. Per quelle con una realizzazione pluriennale era necessario aspettare l’approvazione del bilancio pluriennale della Città Metropolitana di Messina, avvenuto solo nell’aprile del 2020.

  • Progettazione non esecutiva

Un’ulteriore criticità ha riguardato molti dei progetti inseriti dai Comuni. Quasi la metà erano solo progetti di massima, pochissimi quelli cantierabili. In sostanza, per stare dentro il Patto, molti sindaci hanno inserito progetti lontanissimi dalla cantierabilità, sperando di ottenere le autorizzazioni necessarie per i lavori negli anni successivi alla stipula. Inoltre quasi tutti erano datati, e pertanto con un costo molto al di sotto di quello attualizzato secondo il prezzario unico regionale per i lavori pubblici, che variando ogni due anni rappresenta anch’esso una criticità strutturale di queste programmazioni di interventi pluriennali.

Ad esempio, l’importo previsto per lo svincolo di Alì nel 2016, quando era stato presentato, era 18 milioni di euro. Dopo l’aggiornamento del progetto è salito a 41,8 milioni di euro. Così per quello di Monforte, passato da 15 milioni di euro a 29,8. Considerato che le risorse disponibili nel Patto per i due svincoli erano 33 milioni di euro, nel 2019 è stato deciso di finanziarne solo uno, quello di Alì.

Pertanto i progetti più vecchi, non esecutivi e non aggiornati come costo complessivo, di fatto non sono partiti, ed alcuni sono stati cancellati con la riprogrammazione del Patto operata nel novembre 2019.

Di seguito si può scaricare il prospetto con l’elenco delle opere inserite nell’ultima versione del Patto per Messina con il relativo stato di avanzamento:

  • Instabilità politica ed amministrativa

Uno dei fattori di criticità comune a tutti i programmi di finanziamento di opere infrastrutturali è senza dubbio l’instabilità politica ed amministrativa. Ed il Fondo di Sviluppo e coesione con i suoi Patti per lo sviluppo non fa eccezione. Una volta preso atto che molti dei progetti inseriti nel Patto per lo Sviluppo della città Metropolitana di Messina non sarebbero mai partiti, si decise nel dicembre del 2018 di richiedere all’Agenzia per la Coesione una riprogrammazione degli interventi. Poiché nell’estate di quell’anno cadde il primo governo Conte, si è dovuto aspettare l’insediamento del nuovo Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale, Giuseppe Provenzano, per poter sottoscrivere nel novembre del 2019 l’Atto modificativo del Patto per lo sviluppo della Città di Messina, circa un anno dopo la richiesta di riprogrammazione. L’anno successivo è stato sostituito anche Giuseppe Provenzano con Mara Carfagna. L’eccessiva instabilità politica, soprattutto nazionale e regionale, provoca ritardi importanti soprattutto nella fase di programmazione delle risorse.

  • Carenza personale Città Metropolitana di Messina

Un’altra criticità trasversale a tutti i programmi di finanziamento è la carenza di personale qualificato nelle amministrazioni che si occupano sia della programmazione che della gestione dei progetti infrastrutturali. Nel caso del Patto per lo Sviluppo, il coordinamento del progetto è affidato alla Città Metropolitana, che tuttavia ha un personale molto limitato da destinare alla gestione del Patto. Infatti, nella riprogrammazione è stata destinata una somma ad un supporto amministrativo, fondamentale per una gestione efficiente del Patto.

Una riflessione sulle condizioni del personale pubblico che gestiscee programmi di spesa finanziati con fondi nazionali o comunitari sarà necessaria nei prossimi anni. L’ex Provincia, come il Comune e la Regione, non avviano concorsi per la selezione di personale qualificato da oltre trent’anni. Durante il nuovo ciclo di programmazione 2021-2027 andranno in pensione anche gli ultimi funzionari e dirigenti assunti per concorso. Se non si interviene per tempo, inserendo nuovo personale qualificato da affiancare a quello con esperienza, si rischia nei prossimi anni la paralisi dei programmi si spesa.

Alcune proposte di policy.

Come intervenire per accelerare i processi di realizzazione dei progetti infrastrutturali?

Se nel medio e lungo periodo l’unica strategia possibile è la una continua immissione di nuovo personale qualificato nell’amministrazione pubblica (non concorsi di massa, ma solo personale con esperienza nella programmazione, gestione e rendicontazione dei progetti finanziati con risorse europee), nel breve periodo si potrebbe intervenire sulla tipologia degli interventi per privilegiare quelli con procedure di approvazione meno complesse.

Ad esempio, dopo avere effettuato un puntuale monitoraggio degli interventi proposti nel Patto, se in alcuni casi ci si rende conto che le procedure di approvazione sono molto lunghe, sarebbe utile togliere tali progetti dal Patto per lo Sviluppo ed inserirne nuovi che garantiscano tempi di realizzazione brevi, come i progetti di riqualificazione urbana, concentrandoli su pochissime stazioni appaltanti. Le opere infrastrutturali cancellate dal Patto, potrebbero essere comunque finanziate dall’ormai prossima nuova programmazione che, per il ciclo 2021-2027, prevede sempre risorse provenienti dalla programmazione comunitaria (FSE-FESR, PAC-POC) e da quelle aggiuntive nazionali (Fondo di Sviluppo e Coesione). Meglio in questa fase privilegiare gli interventi immediatamente realizzabili, e spostare sulla nuova programmazione quelli ancora non cantierabili.

Un’ultima considerazione sulle risorse per lo sviluppo. Come dimostra il caso del Patto per lo Sviluppo (finanziato da un fondo nazionale FSC), ma è così anche per i fondi europei (PO FESR e PO FSE Sicilia), in ogni ciclo di programmazione di risorse ce ne sono tante per i territori del Sud. Nel ciclo 2021-2027 ci saranno, solo per il Mezzogiorno, 82 miliardi del PNRR, 54 miliardi di Fondi Strutturali, 58 miliardi del Fondo di Sviluppo e Coesione, 9,4 miliardi per la Salerno-Reggio Calabria, 8,4 miliardi del React-EU e 0,9 miliardi del Just Transition Fund. In totale 212,7 miliardi di euro a disposizione dei territori meridionali per infrastrutturarsi e ridurre il divario con le regioni del Centro-Nord. Se nel 2030 non vedremo realizzate nuove opere pubbliche non sarà per la mancanza di risorse, ma per carenza di progetti cantierabili. Se avessimo avuto progetti cantierabili e realizzabili in cinque anni, con tutti i programmi operanti in questa fase, li avremmo potuti finanziare tutti senza grandi problemi, sia col PNRR che col FSC.

La principale criticità nel progettare lo sviluppo in territori come il nostro è proprio questa. Ormai da vent’anni a Messina non si progetta quasi niente. Servirebbe invece una strategia condivisa da tutte le forze politiche (coinvolgendo tutti i principali stakeholders: pubblica amministrazione, università, centri di ricerca, imprese, sindacati e cittadini) sulla città che vogliamo vivere tra dieci anni, ed una volta stabilita, sforzarsi a tutti i livelli politici ed amministrativi per realizzarla. Non è un traguardo irraggiungibile, serve solo la volontà politica.

Piero David
Ricercatore in Economia Applicata presso l’ISMed CNR e consulente Formez per la Programmazione dei Fondi Strutturali in Sicilia

Un commento

  1. incazzato nero 18 Maggio 2021 07:18

    Concordo con questo articolo, a Messina ci preoccupiamo di mettere le ciliegine su una torta che non c’è .
    Ci preoccupiamo di più di apparire che essere

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