E' Emilio Angelo Frascati, l'intermediario delle cosche a cui fanno riferimento, i fratelli imprenditori Francesco e Vincenzo Parisi della Pa.E.Co. S.r.l.
Dall’inchiesta della Dda di Reggio Calabria, “Mercato Libero” che ha portato all’arresto di 4 persone di cui 2 in carcere e 2 ai domiciliari, con l’interdizione di cinque aziende, è emerso il collegamento tra alcuni imprenditori e uno dei più importanti referenti della ‘ndrangheta del territorio Reggino.
E’ del 2017, l’episodio che fa emergere il tutto ricostruito sempre dagli inquirenti, come riportato nell’ordinanza che ne conferma il rapporto, con l’azienda lucana Pa.E.Co. S.r.l., gestita dagli indagati fratelli Parisi, aggiudicataria dell’appalto per la realizzazione delle golene del Torrente Sant’Agata tra la Superstrada Jonica e la zona Sud della città di Reggio Calabria, per un importo di 3 milioni e 240 mila euro, quando Gaetano Tomasello, finito in carcere ieri nell’ambito dell’operazione “Mercato Libero” avanza delle richieste estorsive, inconsapevole del legame degli imprenditori lucani come ricostruito dalla denuncia-querela responsabile di cantiere dell’impresa, ma anche attraverso le testimonianze dirette degli operai del cantiere, già a partire dal 5 agosto del 2017.
L’episodio ricostruito dagli inquirenti e di cui fa riferimento il responsabile del cantiere riguarda l’arrivo sul cantiere di due uomini alla guida di un ciclomotore, proveniente dalla strada di accesso del quartiere Modena di Reggio Calabria, controllato proprio dalla cosca Libri, attraverso quella degli Zindato-Borghetto, un potere e un controllo già ricostruito attraverso le inchieste “Alta Tensione” e poi “Testamento”, mentre il legame di Gaetano Tomaselli con la cosca Libri era già emerso nell’operazione “Teorema-Roccaforte”. Inoltre il Tomaselli, già in questa inchiesta veniva fotografato come uomo legato al boss Pasquale Libri e al genero Filippo Chirico.
Ritornando ai due uomini col motociclo, proprio uno di loro (il Tomaselli, riconosciuto da uno degli operai) giunti nel cantiere disse agli operai “per oggi prendetevi il fresco e avvisate il geometra “Vito” di avvertire l’impresa che andasse a parlare con chi deve parlare”, facendo presenti agli stessi che il cantiere era sotto il loro controllo già da tempo. Una tipica frase, quella di “oggi prendetevi il fresco…” peculiarmente mafiosa oltre che rappresentare una richiesta estorsiva, secondo cui per poter proseguire i lavori, ci si sarebbe dovuti rivolgere al referente locale della ‘ndrangheta, per “accordarsi”.
Episodio denunciato ai carabinieri. Al Tomaselli però, sfuggì un particolare, vale a dire il legame tra i fratelli Parisi, il geometra della Pa.E.Co. S.r.l., Vito Cocchiareale, e suo cugino Emilio Angelo Frascati, figlio dell’imprenditore Antonino Frascati, già condannato per mafia. Infatti fu proprio quest’ultimo a mediare e mettere le cose a posto. L’incontro, intercettato dagli inquirenti, avvenne il 10 novembre 2017, nella sede della Pa.E.Co. S.r.l. a Garaguso in Basilicata, proprio tra tra lo stesso Frascati, i fratelli Francesco e Vincenzo Parisi e Vito Cocchiareale.
Un incontro che oltre a discutere della richiesta estorsiva, servì anche per parlare della vendita di un escavatore effettuata da Frascati a favore della società, del rapporto lavorativo del cugino dopo lo stop alle attività a causa del sequestro del cantiere nel torrente Sant’Agata effettuato dal Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Reggio, risalente al 25 ottobre 2017 dopo aver riscontrato la presenza di “un deposito incontrollato di ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, ed R.S.U. e per l’omessa predisposizione del piano di lavoro per lo smaltimento di materiale in cemento amianto”. Dall’ordinanza del gip, emerge come sia stato lo stesso Frascati ad evidenziare, attraverso una serie di episodi, il suo peso criminale.
“Comunque ragazzi, là è proprio un altro mondo guarda”, una delle frasi, pronunciate da Francesco Parisi, intercettate sempre dagli inquirenti. Mentre il fratello di Francesco Parisi, Vincenzo cerca di giustificare al Frascati, il coinvolgimento delle forze dell’ordine dopo la richiesta estorsiva. “Mo io dovevo denunciare – racconta a Frascati – per una serie di motivi… perché si aspettavano che andavo da qualcuno. Ti immagini io dopo, il giorno dopo, ti chiamavo e ti dicevo “oh, sto venendo giù” (…) perché lì c’è di mezzo la Dia, te lo dico io”. Una denuncia, insomma, fatta per mascherare soprattutto il tentativo di aggiustare il tutto proprio con una altro tipo di intervento, in questo caso del Frascati, temendo di un suo possibile coinvolgimento in qualche inchiesta giudiziaria.