Solo "intenzioni" aggiuntive rispetto a quelle già previste - si puntualizza -, la Cattedrale scelta perché "anonima" rispetto a chiese legate al territorio
Ieri era emersa con grande scalpore una vicenda legata a uno dei più carismatici uomini di ‘ndrangheta, Giovanni Tegano. Oggi sono arrivate con tempestività le puntualizzazioni dell’Arcidiocesi Reggio-Bova al riguardo.
Gli addebiti di Klaus Davi
Ma cos’era successo, sabato scorso?
Secondo l’ex candidato sindaco di Reggio Calabria, giornalista e massmediogo Klaus Davi, in occasione del trigesimo la Curia avrebbe autorizzato una funzione in Cattedrale.
“Cacciato via”
I familiari dello storico capobastone di Archi, notato Davi che stava filmando, ne avrebbero chiesto l’allontanamento. E – sempre nel racconto del giornalista – sarebbero a questo punto intervenuti anche uomini della Polizia che, all’interno della Cattedrale, gli avrebbero chiesto di spegnere la telecamera. Questo perché avrebbe infastidito i familiari dell’«uomo di pace».
Una volta all’esterno, a Klaus Davi sarebbe stato consentito di rientrare in Duomo solo dopo aver garantito di non filmare ulteriormente.
Lo sdegno
A seguito di questa vicenda, numerosissime sono state le espressioni di sdegno. Non ultima, la grande perplessità espressa dall’associazione antimafia Libera. Che peraltro proprio oggi vede don Luigi Ciotti a Reggio Calabria, per presiedere la funzione in memoria di Nino Scopelliti a trent’anni dalla sua uccisione.
In una nota diffusa ai media, Libera è partita dalla condanna a oltre 9 anni di carcere dell’ex rettore del Santuario di Polsi don Pino Strangio nel cruciale progetto “Gotha” della Dda di Reggio Calabria. Don Strangio s’è quindi dimesso «da ogni ufficio pastorale, compreso quello di parroco di San Luca».
Dimissioni, hanno fatto notare il referente regionale don Ennio Stamile e quello reggino Giuseppe Marino, che non cancellano certo «lo sconcerto e l’amarezza» per la severa condanna, benché in primo grado.
Questo clima sarebbe stato rafforzato dalla notizia che sbato scorso, in Cattedrale, a Reggio sarebbe stata «celebrata una Messa per Giovanni Tegano, boss di Archi protagonista delle guerre che hanno provocato più di mille morti a Reggio tra il 1974 e il 1991, nel trigesimo della sua morte».
Testimoni di giustizia, parenti delle vittime delle ‘ndrine hanno chiesto lumi a Libera – fa sapere l’associazione antimafia – circa «l’opportunità di celebrare la Messa del trigesimo di un boss in Cattedrale, anziché farlo in un’altra chiesa».
Richiesta di chiarimenti
Anche per questa ragione, don Stamile e Marino hanno chiesto accoratamente al neoarcivescovo monsignor Fortunato Morrone di chiarire «perché s’è voluto solennizzare la celebrazione».
Ciò, pur nella certezza che lo stesso monsignor Morrone «ci aiuterà a diventare cristiani credibili». E che «opererà per continuare a orientare il nostro cammino e quello di tutti gli uomini di buona volontà sulla via della pace e della giustizia, contro ogni mafia e violenza».
«Nessuna Messa in suffragio»
Il chiarimento, per fortuna, è arrivato con tempestività già in questi minuti. Anche se sarebbe stato meglio chiarire prima le ragioni di una scelta – condivisibile o meno -, anziché dopo l’ovvio smarrimento della comunità al riguardo.
«Il suffragio non è stato applicato in una messa riservata su richiesta della famiglia – fanno sapere dall’Arcidiocesi Reggio Calabria-Bova –, ma, su richiesta dei congiunti, si è aggiunta un’intenzione a quelle già previste per la messa parrocchiale di sabato scorso. Non è stato in alcun modo “solennizzato il ricordo” del Tegano, che non è mai stato neanche citato dal sacerdote celebrante».
Contesto anonimo (?)
Per la verità, si precisa dall’Arcidiocesi, quella della Cattedrale è stata sì una scelta precisa, ma con intenzioni opposte rispetto a quelle ipotizzate da Klaus Davi e da Libera.
«Data la fitta rete di relazioni criminali intessuta dal Tegano e la forte territorialità della ‘ndrangheta», si osserva, inopportuna sarebbe stata una Messa in suffragio in altri templi, magari in chiese del quartiere d’origine del boss o delle «periferie aspromontane, della jonica e della tirrenica». Mentre la Cattedrale avrebbe assicurato «un contesto anonimo, “asettico” e spersonalizzante» anche rispetto alle “alleanze” fra ‘ndrine.
La stessa Arcidiocesi reggina fa notare come al capobastone siano stati negati i funerali ma non poteva essere «proibito ai familiari di partecipare ad una celebrazione eucaristica aperta al pubblico e di pregare in suffragio per il defunto, anche se scomunicato».
Resta un dato: «La pubblicazione dei manifesti è stata inopportuna, ma – si fa notare – l’affissione di tali avvisi non è soggetta all’autorizzazione dell’autorità ecclesiastica».
Mai voluto l’allontanamento di Davi
Altra cosa – per verità, in queste forme non oggetto di contestazione –, la rivendicata «estraneità» dell’Arcidiocesi all’«allontanamento dalla celebrazione» di Davi, «avvenuto per intervento delle forze dell’ordine».
Anche perché, si puntualizza, «il giornalista non ha impedito il regolare svolgimento della celebrazione, né il parroco ne ha mai chiesto l’allontanamento».
Nella nota si sottolinea peraltro il perdurante impegno legalitario dell’Arcidiocesi Reggio-Bova. Questo, dalle «innumerevoli azioni di carattere educativo e pedagogico» al «sostegno economico al Protocollo “Liberi di Scegliere”» che permette ai figli delle famiglie ‘ndranghetiste di allontanarsene e abbracciare una vita nella piena legalità.