Un'anomalia, tra piromani, alte temperature e fiamme, a cui rischiamo d'abituarci estate dopo estate. I dati di Legambiente
MESSINA – Il rumore incessante dei Canadair. L’odore costante di fumo. La puzza di bruciato. La continua emergenza. La testa in alto a guardare le fiamme minacciose sopra le colline e sopra le nostre case. Un’estate dopo l’altra Messina e la Sicilia, e non solo, ripiombano in un incubo. Quello degli incendi. E torna in mente la tragedia di Patti, quando morirono nel 2007 sei persone. Un incubo che non conosce prevenzione e rimedio, sembra. L’ultimo incendio, quello di stanotte, e che ancora continua in diverse zone della città, tra Contrada Casazza, Camaro, Scoppo, Scala Ritiro e i colli, rappresenta l’ennesima conferma. Quasi un patologico segno di “normalità” tra alte temperature, piromani e fiamme, con le cause d’accertare ma la mano dell’uomo è decisamente prevalente come ipotesi.
Soprattutto non ci si può rassegnare a questa anormalità. Legambiente scriveva lo scorso anno nel suo report, dal titolo significativo “L’Italia in fumo”: “Sono 159.437 gli ettari di superfici boscate e non devastati dalle fiamme nel 2021 (+154,8% sul 2020). In aumento anche i reati tra incendi dolosi, colposi e generici, 5.385 (+27,2% rispetto al 2020) e le persone denunciate (658, +19,2%), anche se continuano ad essere sottodimensionate rispetto ai reati, così come i sequestri: 107, con un +35,4% rispetto al 2020. A confermare le grandi difficoltà che ancora si incontrano nell’individuazione dei responsabili dei roghi, il dato relativo agli arresti: appena 16, comprese le due ordinanze eseguite in Sicilia dai carabinieri della stazione di Noto, in provincia di Siracusa, due in meno del 2020”.
A preoccupare Legambiente è anche il dato complessivo degli ultimi 14 anni, frutto dell’elaborazione dei dati Effis (sistema europeo d’informazione sugli incendi boschivi) dal 2008 al 2021: “Parliamo di una superfice complessiva di territorio incenerito, a causa di ben 5.298 incendi, di oltre 723.924 ettari, un’area grande quasi quanto l’intera regione Umbria che ha interessato il territorio di almeno 1.296 Comuni, corrispondenti al 16,39% dei Comuni italiani, distribuiti in 19 tra Regioni e Province autonome”.
L’attacco alle aree protette e la Sicilia tra le regioni a rischio
Aggiunge l’associazione ambientalista: “Sicilia, Calabria, Campania, Sardegna, Lazio e Puglia i territori da presidiare con maggiore efficacia durante tutto l’anno rafforzando le attività investigative per prevenire i rischi e accertare le responsabilità. Ad essere in pericolo sono soprattutto i “gioielli del Paese”: aree protette e siti rete natura 2000. L’azione criminale insiste, nel tempo, su aree geografiche ben delimitate e, proprio in queste aree di pregio, più di qualcosa non ha funzionato nelle azioni di prevenzione, contrasto e lotta attiva agli incendi”.
In evidenza foto di Giacomo Bruno. All’interno le ultime due fotografie di Rosanna Gulletta.
Ripeto per l’ennesima volta, per arginare gli incendi bisognerebbe arrestare un paio di forestali e qualche pastore.