Sotto chiave auto, appartamento e denaro di Francesco Laganà, coinvolto nel blitz Dominio sul clan di Mangialupi
MESSINA – L’accusa originaria risale al decennio scorso era quella di essere il cassiere del potente clan di Mangialupi, affidata alla reggenza dei nuovi boss. Nel frattempo i processi hanno fatto il loro corso, le sentenze hanno scagionato alcuni dal ruolo di essere i nuovi boss, le condanne sono state ridimensionate ma le responsabilità sono state confermate.
Ora per Francesco Laganà arriva anche la conferma del sequestro. Una unità immobiliare in zona sud, un’auto, conti correnti e libretti di deposito a risparmio sono stati confiscati dal Tribunale Misure di Prevenzione ed entrano a far parte del patrimonio dello Stato. Rispetto al sequestro scattato nel 2021, il Tribunale ha detto no alla richiesta di tenerlo sotto sorveglianza speciale per 3 anni.
L’operazione Dominio sul clan di Mangialupi
Coinvolto nell‘operazione Dominio e poi condannato in via definitiva, Laganà era considerato organico al gruppo dal 2013 ed avrebbe mantenuto inalterati i suoi rapporti criminali per lungo tempo. Il provvedimento che congelava i beni, nel 2021, era arrivato dopo i controlli economico-patrimoniali effettuati dalla Guardia di Finanza, estesi a tutto il nucleo familiare, che avevano evidenziato la disponibilità di beni in misura sproporzionata rispetto ai redditi dichiarati.
Il ruolo del cassiere
Formalmente assunto, prima nel distributore di carburante intestato alla moglie del capo clan e, poi, nel tabaccaio riferibile alla famiglia mafiosa, Laganà aveva la disponibilità delle chiavi del locale dove le risorse in contanti erano custodite.
Oltre a essere il tenutario del “libro di cassa” contenente le indicazioni dei proventi del gioco d’azzardo e delle estorsioni, avrebbe custodito delle somme di denaro contante per conto del clan. Basti pensare che militari sequestrarono, nel corso delle indagini, oltre 140 mila euro in un locale di cui aveva la disponibilità di accesso e ne custodiva le chiavi.
Laganà era presente sempre in occasione di controlli e sequestri di macchinette videopoker illegali controllate dal sodalizio e posizionate nei vari locali situati a Messina. In particolare, nel 2014, in occasione di un controllo della finanza, fu incaricato dal capo clan di far scomparire “tutti i documenti dall’ufficio”.