La vicenda, breve ma paradossale, avvenuta a un 27enne. Quando la burocrazia incide anche negli affari di giustizia
MESSINA – Due giorni in carcere… per non evadere dai domiciliari. E’ il caso paradossale capitato ad un 27enne messinese, nei guai con la giustizia per motivi di droga. A raccontarlo è il suo legale, l’avvocato Valerio Antonino Miserendino, che ha chiesto ed ottenuto dal Tribunale di Sorveglianza che il suo cliente fosse scarcerato.
Il giovane, in carico ad un Sert cittadino per i suoi problemi di dipendenza, stava scontando la sua pena ai domiciliari ma è stato sorpreso da una pattuglia fuori dalla propria abitazione, da dove si era allontanato per acquistare una dose di crack. Perquisita l’abitazione, infatti, gli agenti hanno trovato poco meno di mezzo grammo della sostanza e una pipetta. L’evasione gli è costata l’arresto… ai domiciliari. Ciò accadeva il 26 febbraio scorso. Due giorni dopo il giudice lo convoca per un colloquio fissato il primo marzo, convocazione notificatagli il 29 marzo. Il magistrato però non sa che il 27enne è ai domiciliari anche per un altro provvedimento, nei fatti, firmato da un altro giudice. Così, il 27enne non compare al colloquio e il giudice che lo ha convocato lo spedisce in carcere venerdì 1 marzo.
Per l’avvocato Miserendino, è una incarcerazione ingiusta: il suo cliente non si è presentato al colloquio per non evadere dai domiciliari un’altra volta, visto che non era stato “autorizzato” espressamente per “gli altri” domiciliari, per esplicitare fuori di termini giuridici. Il giorno dopo il Tribunale di Sorveglianza accoglie il reclamo: pur restando a carico del detenuto il dovere di attivarsi per ottenere l’autorizzazione dall’altro giudice, in modo da recarsi al colloquio, è pure vero che la mezza giornata che aveva a disposizione ha reso questa operazione particolarmente difficoltosa. Quindi gli arresti in carcere vengono revocati.