La demolizione è stata autorizzata sia dal Cga che dalla soprintendenza. Le condizioni dell'area sono visibili a tutti da 30 anni, eppure a Messina si protesta solo dopo "il latte versato"
I primi articoli sulle demolizioni a Largo Avignone li ho scritti per il Giornale di Sicilia nel 1987 (più di 30 anni fa), gli ultimi, per Tempostretto, nel gennaio- febbraio 2018, quando l’allora assessore regionale ai beni culturali Vittorio Sgarbi venne a Messina puntando il dito sul sovrintendente peraltro, sbagliando anche persona (leggi qui), salvo poi correggere il tiro su tutta la vicenda e dichiararsi a favore del grattacielo, purchè dimezzato (leggi qui). Per altri 15 giorni si parlò ancora della Torre, poi più nulla. Fino alla demolizione della facciata settecentesca nei giorni scorsi, a conclusione di un iter giudiziario ed amministrativo che, piaccia o meno, è regolare, legittimo ed ha ottenuto le autorizzazioni necessarie, Soprintendenza compresa.
Quel che stupisce è come l’indignazione a Messina sia ad intermittenza e la protesta sia solo quella “del giorno dopo”.
Le palazzine dell’antica via Imperiale ed il patrimonio da tutelare sono lì, sotto gli occhi di tutti da mezzo secolo. Lo stato in cui è ridotta l’area è ben visibile a tutti da decenni. Eppure le voci d’indignazione si sollevano non durante le fasi di stallo durante le quali sarebbe invece opportuno e necessario intervenire, ma a cose fatte.
Sgarbi è venuto a Messina, riaccendendo i riflettori sul caso Avignone il 10 gennaio 2018, un anno e mezzo fa. Se ne disquisì per un mese, intervennero anche gli architetti, poi Messina si dimenticò di quell’indignazione e di quell’urgenza.
In modo più che legittimo nel frattempo l’impresa che ha investito risorse e ambizioni nel progetto, ha continuato una trafila di contenziosi avviati nei decenni scorsi e che si sono ancora più ingarbugliati nel 2013 quando il Comune, dopo aver detto stop al grattacielo si dimenticò di presentarsi al Tar (leggi qui).
Tornando al 2018 l’impresa ha fatto nuovamente ricorso al Tar in merito ai fatti accaduti nel gennaio di un anno fa. Il tar lo ha rigettato ma il Cga ha accolgo l’istanza di appello nel marzo del 2019, ribaltando la decisione del primo grado e autorizzando l’inizio dei lavori. Due mesi dopo, a maggio, anche la Soprintendenza (confermando la linea degli anni precedenti) concede l’autorizzazione. A giugno quindi il Comune dà l’ultimo via libera che segue le precedenti autorizzazioni giudiziarie e della soprintendenza.
In particolare il 13 maggio del 2019 la Soprintendenza di Messina ha autorizzato l’ esecuzione degli interventi di “pulizia dell’area di sedime dalle macerie dei vecchi fabbricati diruti, senza intaccarne la sua originaria conformazione e morfologia, e lo smonto della facciata settecentesca con la conservazione degli elementi lapidei che costituiscono la parte architettonica della quinta settecentesca previa numerazione e catalogazione degli stessi ai fini della ricostruzione della facciata per anastilosi”;
Pensare che l’impresa si sia travestita da Attila e abbia deciso di demolire tutto senza avere le autorizzazioni necessarie è da ingenui. Quel che stranisce è perché lo stesso coro di proteste non si sia levato nel corso di questo anno e mezzo per evitare che si arrivasse alla demolizione. Allo stesso modo c’è da chiedersi perché nei decenni precedenti chi davvero voleva tutelare quel che era rimasto in piedi non abbia portato avanti una mobilitazione più incisiva. La lamentela postuma non è costruttiva.
Quanto ai progettisti hanno più volte chiarito di essere in piena regola e di voler agire nel rispetto del contesto: “Abbiamo smontato la facciata e la ricostruiremo per anastilosi- spiegano gli architetti Sergio e Pasquale La Spina– E così come previsto, la facciata settecentesca sarà il prospetto che farà da portale alla Torre. Un intervento di architettura moderna nel rispetto del valore storico del sito”.
Un anno e mezzo fa anche l’Ordine degli architetti si espresse a favore di questa nuova visione. I progettisti ribadiscono inoltre che il grattacielo è stato dimezzato e non sarà più di 20 piani ma di 10.
Ma a Messina resta sempre il dubbio tra l’agire o il versare lacrime di coccodrillo
Rosaria Brancato
Cara Rosaria, hai perfettamente ragione, Hai descritto uno dei mali di Messina.
Ma ricordo quell’area fin da piccolo, distrutta ed abbandonata.
Anche questo è uno dei mali di Messina, la capacità distruggere le proprie memorie e la propria storia semplicemente con l’inazione e l’abbandono.
A questo punto non mi resta che dire che ben venga il nuovo, capace di inglobare e valorizzare il vecchio, riqualificando un’area dimenticata.
In altre parti d’Europa avrebbero previsto area pubblica, come un parco museo per esempio, ma qui siamo a Messina, ed il triste progetto del Tirone è un altro esempio di come vadano le cose.
Per capire come era il vecchio e povero quartiere del conte Avignone non resta che visitare il museo del museo di Padre Annibale Maria di Francia.
La giustizia amministrativa di secondo grado, cioè il CGA, si è definitivamente espressa, ribaltando il rigetto del TAR, ed ha autorizzato l’avvio dei lavori?
Bene, per chi ha studiato, vorrà dire che il procedimento è regolare e quindi è inutile proseguire con sterili polemiche.
A mio avviso, il vero problema della nostra città – e la Torre Avignone è uno dei casi più eclatanti – è che, ormai da decenni, lo sport più diffuso in città è il continuo esercizio della critica e della denigrazione dell’altrui operato, esclusivamente per incapacità ed invidia, soprattutto nel momento in cui sono coinvolti professionisti che da oltre 40 anni operano attivamente in città.
Sarebbe il caso che questo diffusissimo sport venga abbandonato nell’interesse della nostra città.
…da professionista a professionista, ritengo che il Male di Messina stia proprio in quei professionisti che ragionano come te ! Certo posso accettare, anzi devo, che lo sport più diffuso è la critica e la denigrazione. Ma questo dimostra il basso grado intellettivo di chi non sa argomentare. Ora che Messina sia male amministrata da decenni è un fatto inoppugnabile, che nulla ha a che vedere con la regolarità delle licenze edilizie. Anche se è doveroso pensare che molte del tutto regolari non siano. Quindi, professionisti che operate da oltre 40 anni attivamente in città, datevi da fare. La Città, tutta, è anche Vostra !!!
Quella scritta la dice tutta .Mi piacerebbe sapere chi è quell’ingegnere che firmerebbe un atto pubblico, in caso di terremoto questo grattacielo rimane in piedi e prendersi la responsabilità Lui e futuri eredi per 100 anni e di pagare tutte le spese in caso contrario alla comunità ?
Son sicuro che tutti gli ingegneri, farebbero come quelle persone che non scagliarono la pietra a chi era senza peccati.