Il professore Limosani: "Investimento imponente decisivo non solo per la qualità della sanità ma anche quale occasione di sviluppo nell'area dello Stretto"
di Michele Limosani*
Non credo sia possibile negare la stretta relazione esistente tra Messina, la sua Università ed, in particolare, il Policlinico universitario. Il modo di interpretare e definire tale connessione connoterà il futuro della nostra comunità; una profonda riflessione non è più rinviabile.
La sfida demografica
La sfida demografica che il paese e la nostra città dovranno affrontare – fuga dei giovani ed invecchiamento demografico – fa emergere un’istanza di sicurezza sulle ragioni e sulle condizioni del domani. La qualità della vita, come emerge dalle statistiche ufficiali, appare sempre più legata ai servizi alla persona e alle politiche di prevenzione e del benessere che un territorio è in grado di offrire. L’elevata qualità delle prestazioni sanitarie e assistenziali, un eccellente attività di ricerca e sperimentazione, così come l’avanguardia tecnologica nelle diagnosi e nelle cure, -obiettivi che un Policlinico Universitario è chiamato a perseguire- garantiscono standard in grado di promuovere e tutelare in modo efficace la salute delle persone; costituiscono occasione di sviluppo per tutto il sistema sanitario, pubblico e privato; favoriscono la crescita di posti di lavoro ad alto contenuto professionale e tecnologico; imprimono dinamismo alle numerose attività che ruotano attorno al mondo della sanità (ospitalità, struttura riabilitative, mobilità, innovazione tecnologica, start-up).
Investimento sul Policlinico decisivo e necessario
Tutto ciò deve indurci a pensare che un investimento imponente sul Policlinico universitario è decisivo e necessario; non solo quindi per la qualità della sanità, pubblica e privata, ma anche per le occasioni di sviluppo che tutto ciò produce nella città, nella provincia e nell’area dello stretto. Il tema è centrale al dibattito universitario e territoriale.
Perché non rendere il presidio più attrezzato e moderno?
Torniamo dunque al Policlinico. È già una realtà! Tuttavia, perché non renderlo ancora più attrezzato e moderno? Rappresenta, infatti, un asset – oserei dire – strutturale del prestigio dell’Ateneo e della Città. Avevo, in altra occasione, segnalato l’importanza “… dalle politiche di reclutamento e di assegnazione di responsabilità, alla gestione del personale; dagli schemi di incentivi alla assegnazione delle risorse finanziarie; dalla organizzazione dei processi aziendali alla gestione dei servizi, degli spazi e dei reparti; le politiche di investimento in nuova tecnologia”. Altrove, si sono intercettate risorse per la realizzazione di nuovi ospedali. A Siracusa 150 milioni di euro. A Gela 130 milioni euro. A Palermo, per il Policlinico, da ultimo, 340 milioni di euro per un progetto complesso e plurifunzionale ad alto contenuto tecnologico preposto alla ricerca, alla cura, all’assistenza, alla diagnosi, alla chirurgia, alla riabilitazione e terapia post-operatoria.
I numeri
Sono numeri. Questi sono numeri. I numeri ed i fatti che ci vogliono. A Palermo, in particolare, sono riusciti, evidentemente, a fare quadrato esorcizzando diffidenze e divisioni interne all’ateneo per puntare, in piena sintonia e concreta intesa inter-istituzionale, sulla valorizzazione delle risorse umane e delle competenze scientifiche e mediche, sulla proposizione di un nuovo modello organizzativo, sulla avanguardia digitale.
Il coraggio di decidere…
Ecco. Alle nostre latitudini bisogna avere il coraggio di decidere di puntare su investimenti importanti secondo una visione d’insieme e una missione che si intende compiere. A cominciare dalla Università, per dare senso (che viene prima del consenso) all’imponente politica di reclutamento del personale, grazie ai fondi del Governo nazionale e del PNRR, oltre che di nuove acquisizioni immobiliari e di rinnovamento del patrimonio esistente. In caso diverso, si rischia di smarrire la dimensione del loro carattere strumentale, non essendo fini a se stessi. Il Policlinico Universitario, pertanto, non può e non deve sparire dai radar della politica nazionale e regionale. L’Università degli Studi di Messina, ancora, con tutta la tradizione e la vivacità dei Dipartimenti umanistici e scientifici di cui può fregiarsi e che costituiscono un formidabile patrimonio di idee e progetti, è chiamata a lasciarsi contaminare dalla realtà e, allo stesso tempo, offrire alla città input per rinascere e rifiorire.
*Direttore del Dipartimento di Economia dell’Università di Messina
“Tuttavia, perché non renderlo ancora più attrezzato e moderno?” Ieri mi sono recato al Policlinico Padiglione F inaugurato nel 1982 ,le porte interne del reparto sono ancora quelle presenti in origine come testimoniano gli stipiti di legno tinteggiati di smalto marrone .
Il Professore dell’ovvio!