I dati della Cgil: è preferibile guardare la drammatica situazione economica e sociale, piuttosto che fare finta di niente
MESSINA – L’allarme della Cgil sulla situazione economica nella città metropolitana conferma la necessità d’affrontare una crisi strutturale. Per pigrizia, o comodità, si parla spesso d’emergenze. Ma Messina in crisi non è un’emergenza o un colpo gobbo improvviso del destino. I problemi, a partire dal lavoro che non c’è, sono strutturali, come hanno evidenziato il segretario generale della Cgil Messina, Pietro Patti, e la segretaria confederale della Cgil Messina, Stefania Radici. E richiedono una risposta da più soggetti, in colllaborazione tra di loro: governo nazionale; l’Europa, senza la quale oggi non si può fare nulla; la Regione siciliana; il Comune; i sindacati e le associazioni di categoria delle imprese; le realtà sociali ed economiche che puntano al cambiamento. Altrimenti, se si ragiona in chiave individuale o scollegata, si potrà solo mettersi ad ascoltare l’orchestrina stile “Titanic”, che suonava mentre s’affondava.
Hanno messo in risalto i due dirigenti: “Il lavoro a Messina è povero. Il 36,5% dei contribuenti ha un reddito da 0 a 10.000 euro. Oltre la metà dei contribuenti (il 52,7%) ha un reddito da 0 a 15.000 euro. Una povertà economica che spesso inficia la possibilità di avere un’abitazione dignitosa, un ambiente riscaldato o climatizzato, l’accesso alle cure in un sistema sempre più privatizzato, la possibilità di fruire di eventi culturali e sociali, nonché la possibilità di garantire percorsi di studio e formazione ai propri figli”.
Un lavoro precario e povero caratterizza Messina in crisi
E ancora: “Aumenta l’occupazione ma, lo ribadiamo, il lavoro è precario e povero. I dati Istat relativi all’occupazione del 2023 segnalano un aumento di occupati, anche in virtù dell’aumento degli attivi. Si registrano 176.000 occupati sul territorio di Messina (107.000 uomini e 69.000 donne), 7.000 unità in più rispetto al 2022. Non c’è però da gioire – osserva la segretaria Radici – perché come registra l’Osservatorio Inps sui nuovi rapporti di lavoro, solo il 13,9% viene assunto con un contratto a tempo indeterminato. Il 56,5% dei nuovi assunti nel 2023 ha firmato un contratto a termine; il 22,2% ha avuto un contratto stagionale, il 3,1% in apprendistato, il 2,4% un contratto intermittente e l’1,8% in somministrazione.Si è venuto a creare un lavoro precario, che non dà la stabilità per immaginare e costruire percorsi di vita autonomi”.
Dalla disoccupazione femminile al record siciliano di giovani con la licenza media
Si confermano pure l’altssima disoccupazione femminile nel territorio messinese e i più alti tassi dei cosiddetti neet tra i 15 e i 29 anni. Ovvero coloro che non studiano e non lavorano, con elevatissimi “tassi di dispersione scolastica. La Sicilia ha pure il 18,8% di early leavers, dato più alto tra le regioni d’Italia, in Europa superato solo da Ungheria, Romania e Bulgaria. E ancora: bassissimi tassi di laureati (17,8%), dato più basso d’Italia e in Europa è leggermente superato dal Sud-Muntenia in Romania”. Chi sono gli early leavers? I giovani che hanno solo il diploma di terza media.
In questo quadro drammatico, due considerazioni. Lo abbiamo sempre scritto e continueremo a farlo: Messina e il suo territorio provinciale sono in crisi, e non da poco tempo, ma la condanna non è definitiva. La sfida è duplice: creare le condizioni perché le imprese, nazionali e internazionali, investano nel territorio messinese. Allo stesso tempo, stimolare l’imprenditoria locale, favorendo anche la creazione di nuove realtà. Messina in crisi – economica, sociale, culturale – non deve diventare una frase simbolo di qualcosa d’irredimibile.
Una visione politica salverà Messina e il suo territorio metropolitano
Un’identità produttiva dai contorni definiti, puntare sulla città universitaria e sulle sue potenzialità; la qualità dei servizi; l’innovazione tecnologica, nel digitale e nelle infastrutture, con un potenziamento in tutto il Mezzogiorno; la mobilitazione fattiva di tutta la classe politica; la progettazione europea e nazionale; le Zone economiche speciali (Zes): queste sono le strade. Servono posti di lavoro e disegni imprenditoriali ad ampio respiro. Tutto il resto è noia o fuffa. Ma senza un risanamento anche sociale tutto sarà più difficile. E per di più in un territorio dove le lunghe attese delle opere in corso rallentano e paralizzano ogni possibilità di crescita.
Serve un risanamento progettuale e sociale per liberare Messina dalla cappa che opprime e spegne ogni entusiasmo. Mare e territorio vanno liberati da tutto ciò che imbruttisce e rende pericoloso vivere qui. Turismo e cultura necessitano di una cura generale. E la bonifica è un processo che investe la città dello Stretto ad ampio raggio: dall’ambiente alla qualità della vita e anche alle relazioni, in una comunità da rianimare. Spesso incattivita e frustrata perché privata di una prospettiva, di un avvenire. In sintesi: solo una visione politica, che non si compra al calciomercato, ci salverà. Ci potrebbe salvare.
Certo, i tempi non sono facili. Assieme alla scelta governativa di togliere il reddito di cittadinanza, in un sud dove domina il lavoro nero, il progetto di autonomia differenziata rappresenta un incubo in un’Italia a due (e forse più) velocità. La strada è in salita. E per questo non bisogna più perdere tempo o sbagliare le mosse, facendo finta di nulla.
ma il conteggio auto tiene in cosiderazione tutte quelle provenienti dalla provincia e da fuori comune ? non credo, basta vedere giornalmente le uscite Boccetta o Messina centro