In città predominano i Santapaola mentre le famiglie locali controllano i rioni e fanno affari con la droga delle 'ndrine
La città di Messina è “crocevia di varie matrici criminali: la città è controllata soprattutto dalle famiglie catanesi e subisce l’influenza dei traffici calabresi, mentre la provincia è stretta tra Cosa Nostra palermitana e, ancora una volta, la mafia di Catania. Le due famiglie mafiose che hanno autorevolezza nel panorama mafioso siciliano, quella di Barcellona e quella dei Nebrodi, negli anni si sono sempre più strutturate sul modello operativo di quelle palermitane.
E’ questo il succo dell’analisi che la Direzione Investigativa Antimafia fa, della provincia di Messina. Analisi che conferma le tendenze ormai note da anni, confermate dai dati degli ultimi sei mesi del 2020.
Il dossier lo firma il direttore della DIA Maurizio Vallone, che trae le sue conclusioni dopo aver analizzato le operazioni antimafia compiute in questo periodo e dopo aver ascoltato anche il capo della DDA di Messina, Maurizio De Lucia.
“Abbiamo (ndr) ragione di ritenere che la ‘ndrangheta possa in futuro utilizzare lo stesso canale individuato per gli stupefacenti anche per altri traffici, in particolare quello del reinvestimento dei capitali”, spiega De Lucia
La Dia conferma il potere della famiglia barcellonese nell’area tirrenica, che ha l’ultima parola sui barcellonesi, sui mazzarroti e sui gruppi di Milazzo e Terme Vigliatore.
Sui Nebrodi i Tortoriciani, divisi tra batanesi e brontesi, si sono arricchiti con i fondi per l’agricoltura e l’allevamento infiltrandosi anche nelle pubbliche amministrazioni. Dopo essersi fatti la guerra negli anni ’90, le due frange dei tortoriciani, grazie alla pax, pur rimanendo sostanzialmente chiusi territorialmente crescono grazie ai grossi introiti dovuti alla capacità di saper intercettare fondi pubblici.
A Messina la cellula più importante è quella catanese riconducibile ai Romeo-Santapaola. Il sodalizio avrebbe imposto il proprio potere, tra l’altro, proiettando i propri interessi in diversi settori dell’imprenditoria e della pubblica amministrazione, infiltrando il sistema economico e investendo nello stesso i proventi illeciti.
Per il resto la criminalità mafiosa rimane “rionale”, impegnata nel gestire i proventi del traffico di droga e delle scommesse clandestine.
A Santa Lucia sopra Contesse” comanda ancora il clan Spartà, a Messina centro nel rione Provinciale opera il clan Lo Duca, mentre a Camaro la fa ancora da padrone lo storico clan Ventura-Ferrante.
Mangialupi rimane la piazza forte per il traffico di droga, soprattutto con la Calabria, ed è ancora controllata dai gruppi Aspri, Trovato, Trischitta e Cutè. Resiste ancora, invece, a Gravitelli, la famiglia riconducibile ai Mancuso, mentre a Giostra le forze dell’Ordine mappano ancora come elementi di spicco gli uomini legati allo storico boss di Luigi Galli ed a Tibia.
Oltre a controllare le scommesse clandestine intorno alle corse dei cavalli, il clan è attivo anche nel traffico di droga e nel riciclo di capitali illeciti.
Dottore Vallone da quanto Lei ha esposto la DIA ha identificato famiglie ed interessi geografici , giusta pubblicità istituzionale, anche se tale situazione è risaputa anche ai non addetti ai lavori. Detto ciò Noi cittadini DOVREMMO dormire sonni tranquilli affidandoci alla Vs tutela. Se ciò non accade c’è qualcosa che osta il Vs operato ?? Cordiali saluti e buon lavoro.
Col PONTE finira tutto questo ahahahahahahahahahahahahah ditelo ai fautori e specie alle imbellettate onorevoli che ne sponsorizzano la messa in opera.
Da oltre MEZZO SECOLO, la città -un tempo definita il SALOTTO DELLA SICILIA, perché riconosciuta dalla malavita del tempo come PUNTO FRANCO nell’accezione di terreno neutro-
convive -da VERMINAIO- oggi; da ricetto al peggio per la caratteristica d’essere anche la “provincia BABBA”,male abitata dai diseredati anche della civile dignità.I “giovani cervelli eruditi scelgono altri lidi per la propria esistenza:lontani da compromessi disonorevoli.Semmai si farà il Ponte,Messina si svuoterà di gente PERBENE. lasciandoci gli esemplari che oggi la distinguono per le loro “IMPRESE”.Avranno avuto ragione i ns predecessori che dopo il 28 dicembre 1908 optavano (forse per altri motivi!) di non farla riedificare e spostarne la popolazione in quel di Milazzo;IRONIA DELLA SORTE:oggi é il contado che popola la “baraccata” Messina (anche se queste ultime sono state decimate, la MENTALITA’ non matura.
Non bastano solo parole lo Stato c’è per debellare chi li fiancheggia.
Ci vogliono uomini ,mezzi e elettronica purtroppo questa è la verità.
Bisogna anche scrivere che molti servitori dello Stato sono andati in pensione e gli uffici rimangono vuoti.Ovvio che il male germoglia senza essere contrastati.
Questa è una brutta VERITÀ.
E il Ponte cosa c’entra? Forse a fare finalmente uscire quelli come te?