Nominare la Garante dei detenuti, Lucia Risicato, non basta, se le istituzioni continuano a non occuparsi del carcere
Messina – C’è una comunità che ignora il carcere, di per sé fisiologicamente “predestinato” se non pensato per cancellare dalla quotidianità delle comunità i detenuti e il carcere in sé. È grave però quando a chiudere gli occhi ostinatamente sono le istituzioni che, invece, anche di quei detenuti dovrebbero farsi carico. Non soltanto per garantire l’umanità della pena, ma anche per favorire il loro reinserimento nella società, una volta usciti, nella speranza che non tornino a delinquere.
Accade a Messina, dove per mesi si è dibattuto e premuto per la nomina del garante comunale dei detenuti e dove, dopo aver affidato il ruolo a una figura di spessore come quella di Lucia Risicato (nella foto), si continua a oscurare il penitenziario dietro un muro di gomma.
Il dossier sul carcere di Gazzi
Eletta dal consiglio comunale a metà luglio scorso, la Garante ha presentato al Comune due relazioni, seguite a due visite ispettive nei reparti maschile e femminile, tra fine agosto, insieme alla Camera penale, e a fine settembre. Il dossier arrivato sul tavolo di Palazzo Zanca è una fotografia chiara di quelli che sono gli aspetti positivi del carcere di Gazzi ma indica chiaramente sia le principali problematiche, sia le possibili soluzioni.
All’indomani della prima ispezione a Gazzi, la giurista aveva rilasciato una intervista al nostro giornale, indicando qual è la strada che sta imboccando il sistema penale italiano, partendo dal caso “modello” del carcere di Gazzi. La Garante aveva anche indicato cosa si può fare.
Servizi sociali zero ma qualcosa si può fare
Alcune delle soluzioni immediatamente percorribili, come l’apertura di uno sportello distaccato dell’anagrafe in istituto, o l’implementazione dei servizi sociali, oggi totalmente assenti a Gazzi. Penitenziario che, come tutti gli altri siciliani, sconta in particolare il problema della droga dietro le sbarre. E dove c’è un discreto numero di donne detenute afflitte da problematiche prettamente sociali, come la difficoltà nelle cure, la depressione, l’isolamento dovuto alla detenzione lontano dalle famiglie.
No a nuove carceri, sì ad un nuovo carcere
Nel dossier anche il problema dovuto all’aspetto logistico, su cui Garante e Camera penale concordano: il penitenziario messinese va ricostruito, senza aggiungere ulteriori carceri o posti di detenzione ma rendendo dignitoso lo spazio esistente. Proprio sul nodo edilizia si era giocata la “concorrenza” alla nomina del Garante, prima della elezioni di Lucia Risicato.
Il carcere, e dopo?
E vanno individuati posti in Rsa o case famiglia a quei detenuti in via definitiva che stanno così male da non avere davanti a sé la prospettiva di una cura risolutiva e che, una volta usciti dal carcere, non avrebbero neppure un posto dove vivere né avere assistenza medica adeguata.
Il coinvolgimento dell’Università
Anche l’Università di Messina potrebbe fare la sua parte. In ateneo potrebbero svolgersi i servizi sociali di alcuni soggetti. E sempre l’Ateneo potrebbe occuparsi di riordinare e catalogare i 10 mila volumi presenti nella biblioteca dell’istituto. La Garante ha perciò sollecitato a UniMe la sottoscrizione di un protocollo di intesa, anche alla luce del fatto che sono già stati stanziati i fondi per la realizzazione del polo didattico penitenziario e sono stati nominati i tutor che seguiranno i detenuti nella preparazione degli esami.
Il Comune sordo e cieco
Da luglio ad oggi, e da fine settembre ad oggi, nessuna apertura è però arrivata alle istanze raccolte in carcere ed elaborate alla luce dello screening effettuato in carcere. Un silenzio assordante continua a rimbombare intorno al carcere di Gazzi e, a quattro mesi dall’insediamento, la nomina della Garante rischia di apparire una mera operazione di facciata, se non è messa neppure in condizioni di operare. Ad oggi Lucia Risicato non ha neppure un indirizzo pec destinato a ricevere ufficialmente le segnalazioni da vagliare.
Non sono totalmente d’accordo : i parenti di chi si trova tra quelle mura (detenuto/a oppure appartenente al personale che lo gestisce), di certo non lo ignora. Probabilmente, il popolo dei tamarri discotecari o degli youppettini notturni con i soldi di papy tenderà a non pensarci. Ma esiste ugualmente. E continuerà ad esistere fin quando la gente non farà proprio il principio del “sub lege libertas” …. occorre avere pazienza. …. nel frattempo.