Rinvio a giudizio per tutti alla fine dell'udienza preliminare sull'operazione Drg
MESSINA – Asp Messina ha pagato rimborsi gonfiati ad alcune case di cura? Sarà il processo a stabilirlo, a partire dal prossimo 19 dicembre. Ha deciso coì il giudice per l’udienza preliminare che si è occupato dell’operazione Drg, l’inchiesta della Guardia di Finanza sfociata due anni fa in 25 avvisi di garanzia e il sequestro a tre note case di cura cittadine.
Il giudice ha accolto la richiesta della Procura ed ha stabilito che deve essere il dibattimento, davanti al Tribunale, a stabilire se c’è stata davvero una maxi truffa ai danni del Sistema sanitario nazionale attraverso la falsificazione delle certificazioni dei rimborsi e i controlli o se, come sostengono i difensori degli imputati, non ci sono responsabilità penali nelle vicende svelate dalle cimici dei finanzieri.
L’inchiesta Drg
25 avvisi di garanzia, tre misure cautelari, sequestri dei beni alcune note case di cura per complessivi 3 milioni di euro, sequestri poi revocati poco dopo dal Tribunale del Riesame. Sono questi i numeri dell’indagine. I finanzieri controllarono le schede di rimborso delle case di cura tra il 2017 e il 2018. Nel 2019 hanno poi messo sotto controllo la coordinatrice del Nucleo di Controllo Asp, Maria Giuliana Fazio, intercettando le sue conversazioni. Alcuni messaggi agli atti dell’inchiesta risalgono però addirittura al 2016.
Rapporti amicali o favori illeciti?
Le cimici degli investigatori hanno intercettato tante conversazioni tra i responsabili delle case di cura e la funzionaria, che ha ammesso ai finanzieri di avere con loro un ottimo rapporto. L’ipotesi che attraverso il Drg, il documento di sintesi che le strutture presentano all’Asp per i rimborsi, eludendo i controlli, alla sanità privata arrivavano rimborsi “gonfiati”. La manager pubblica ha però negato di aver ricevuto alcun favore dai patron delle cliniche.
Secondo la Procura, però, le cose stanno diversamente. Le Fiamme Gialle hanno infatti raccolto le testimonianze di alcune dipendenti di una gioielleria del centro città che hanno raccontato che la donna era passata a provarsi alcuni monili, poi pagati da emissari di uno dei gruppi sanitari coinvolti.