In queste settimane hanno presidiato Palazzo Zanca quasi ogni giorno perché non accettano di essere stati tagliati fuori, per scelte non loro, dopo venti o trent'anni di lavoro
Torneranno a farsi vedere e sentire durante la prossima seduta della commissione Servizi sociali. Chiederanno ancora di essere ascoltati e di poter dire la loro. Sono sempre gli ex lavoratori di Casa Serena, quelli rimasti fuori dalla grande operazione della Messina Social City. Da quel giorno delle firme e dei brindisi a Palazzo Zanca, non hanno mollato la presa neanche per un attimo.
Tornano al Comune quasi tutti i giorni, cercano di spiegare che la loro battaglia vuole tutelare un lavoro fatto per trent’anni. Hanno trascorso giornate intere tra i corridoi del Comune, in attesa di avere qualche risposta. Non si arrendono perché non possono accettare quella che continuano a ritenedere un’ingiustizia a tutti gli effetti.
«Tra di noi c’è chi ha lavorato a Casa Serena per vent’anni, chi per trenta. Quando hanno tagliato il personale della struttura ci hanno trasferiti con la promessa di rientrare. Erano stati fatti protocolli d’intesa che avrebbero dovuto tutelarci. I bandi della Legge 328 dovevano essere solo una soluzione tampone. Invece, scaduti quelli non solo non siamo tornati a Casa Serena, ma siamo rimasti fuori da tutti i giochi. Lasciare Casa Serena non era di certo stata una scelta nostra. Chiediamo solo che vengano rispettati gli accordi che nel tempo erano stati fatti e che ci avrebbero dovuto garantire di riavere il nostro lavoro» raccontano con rabbia e amarezza nell’ennesimo pomeriggio sotto il Comune.
Loro infatti, non essendo impiegati nei servizi sociali comunali al momento del bando della Messina Social City, non sono rientrati tra i 540 che hanno firmato un contratto nelle scorse settimane. L’unica possibilità che hanno avuto è stata la domanda per accedere alla long list, così come qualunque cittadino. Ma non riescono ad accettare questa discriminazione.
Soprattutto perché, raccontano, si sono visti scavalcati da persone che lavoravano da molto meno tempo di loro ma sono solo stati più fortunati ad essere in servizio nel momento in cui stava nascendo la Social city. Parlano anche di alcune colleghe assunte a novembre a Casa Serena dalla vecchia cooperativa che la gestiva e che per questo sono poi transitate alla Messina Social City. Eano in quella graduatoria in cui ci sono anche loro e che dovrebbe tutelari. Quindi si chiedono perché per loro non sia stato usato lo stesso criterio.
In queste settimane si è prospettata l’ipotesi di una short list all’interno della long list che possa dare maggiori garanzie, chiedono di non spegnere i riflettori sul loro destino. Sperano solo in una soluzione che non cancelli i trent’anni di lavoro che hanno sulle spalle.
Francesca Stornante