Storia di un diritto negato dopo una vita al lavoro e di una burocrazia che blocca a Roma una pratica presentata persino con un anno di anticipo.....
“Ho lavorato 43 anni, 1 mese e 10 giorni. Tutta la vita. Dopo aver dato tanto ho diritto alla pensione e soprattutto ho diritto che venga rispettata la mia dignità di lavoratore e cittadino italiano”.
Una vita al lavoro
La storia che raccontiamo è quella di un messinese che ha dedicato tutta la sua vita al lavoro, al Policlinico e che, ben conoscendo le lungaggini e le falle della burocrazia italiana ha deciso, con anticipo rispetto al momento effettivo del pensionamento di presentare istanza un anno prima. Avrà infatti pensato “meglio prevenire che avere a che fare con gli inghippi della burocrazia”. Purtroppo anche questo non è bastato per vedersi riconosciuto il diritto alla pensione.
La domanda 1 anno prima
Il signor P. ha presentato domanda di pensionamento il 3 febbraio 2020, appunto un anno prima rispetto alla data del 1 gennaio 2021. La domanda peraltro è stata presentata anche prima del lockdown quindi non c’è “alibi” che tenga all’Inps rispetto a quanto accaduto.
In pensione dall’1 gennaio
Passano i mesi e dall’1 gennaio il signor P. è ufficialmente in pensione dal Policlinico. Può dedicarsi alla famiglia, ai suoi hobby, alle nipotine. Invece in Italia accade che nonostante le misure precauzionali prese dal signore la sua pratica si blocchi inspiegabilmente all’Inps di Roma e a tutt’oggi, 15 aprile 2021 abbia ricevuto solo un acconto e per di più solo perché ha protestato nelle diverse sedi. Quando la prima pensione non è arrivata si è preoccupato e si è rivolto al Caf che ha trasmesso all’Inps numerosi solleciti.
L’errore di conteggio
Niente da fare. Inspiegabilmente la pratica del signor P. era rimasta “ingabbiata” in problemi tecnici-organizzativi. Detto in soldoni, ma questo lo si è scoperto appena due giorni fa, a causa di un errore materiale dell’amministrazione dell’Università la pratica di pensionamento si è fermata in un ufficio dell’Inps di Roma ed in 4 mesi non è stato possibile “liberarla” dalle maglie di una burocrazia che sembra la stessa di 100 anni fa.
Famiglia monoreddito
Attraverso messanger il signor P. ha contattato l’Inps di Messina spiegando che la sua è una famiglia monoreddito e pertanto è letteralmente impossibile andare avanti, per di più in era covid, senza pensione. Solo grazie a questa protesta è riuscito ad avere, a metà marzo un acconto. Due giorni fa un’impiegata dell’Inps gli ha notificato che la sua pratica è bloccata nell’ufficio informatico di Roma e fin quando non sarà sbloccata sarà impossibile per lui avere i soldi. All’origine c’è un errore di calcolo fatto a Messina. E che pertanto né ad aprile né a maggio prenderà un euro.
Lottare per un diritto
“Ancora oggi controllando sul sito Inps l’esito della mia domanda di pensione leggo che è in lavorazione, ma io mi domando è giusto che una persona dopo che ha raggiunto un traguardo lavorativo debba combattere per avere riconosciuto un diritto sacro-santo. Una situazione da fare arrossire chiunque, non è possibile che l’Inps non riesca a fare due conti, peraltro dopo aver avuto la mia istanza nel febbraio del 2020…..”
Il buco nero
Accade anche questo nell’era dello smart working, dell’innovazione digitale, dei concorsi smart annunciati da Brunetta. Accade che in piena pandemia con le famiglie alle prese con la più grande crisi economica che l’Italia abbia vissuto dai tempi della guerra, un diritto acquisito non venga garantito. Accade che alle legittime rimostranze dell’interessato la risposta sia un rimpallo di responsabilità ed un ufficio a Roma, come ai tempi dei Borboni, nel quale le pratiche vengono inghiottite dal buco nero della burocrazia. Un errore di calcolo, un anno e due mesi dopo, diventa un ostacolo elefantiaco che passa di stanza in stanza e impedisce, da gennaio ad oggi, di erogare la pensione a chi ha lavorato per 43 anni 1 mese e 10 giorni.
Nell’era di Internet….
Al signor P. forse (perché non sappiamo se accadrà ancora) sarà erogato un altro acconto, come se un acconto possa sostituire un pieno diritto e come se un acconto possa garantire la sopravvivenza di una famiglia monoreddito già penalizzata dal covid. Sono queste le storie che fanno paura, perché, nell’era di Internet basterebbe un clic, basterebbe un dialogo via zoom, basterebbe semplicemente mettersi nei panni dell’altro, “uscire” dall’ufficio nel quale si opera e capire che si ha sempre di fronte una persona e non un numero. Il signor P. non è una pratica. E’ una persona che ha lavorato tutta la vita per l’Italia. E che viene ricambiato con un “risolveremo”.
L’INPS di Messina non è nuova ad errori materiali, molti anni fa ho dovuto ricorrere alla Sede nazionale di Roma, per sollecitare la risoluzione di un’anomalia fra contributi versati e quelli risultanti nell’estratto contributivo.
Ho una pratica per una maggiorazione sociale che benché accolta,ancora non mi è stato liquidata la somma,pratica di gennaio 2018,e guarda caso proprio dalla sede di Messina.