Anche il movimento messinese contro i tagli all'ospedale cittadino, inaccettabili dopo un periodo di emergenza vissuto
I continui tagli alla sanità non sono più sopportabili, soprattutto la pandemia. Inaccettabile quindi il definanziamento dell’ospedale Papardo di Messina, anche secondo MessinAccomuna.
“Possibile che la Regione non sappia imparare dagli errori del passato? Se c’è una lezione che tutti abbiamo ascoltato, sentito ripetere come un mantra e imparato a memoria in questi 18 mesi di pandemia è che il definanziamento della sanità pubblica degli ultimi 20-30 anni è stato un errore gravissimo, perché espone il sistema sanitario all’incapacità di prevenire e di intervenire, soprattutto a tutela delle fasce deboli della popolazione.”, scrive il movimento.
In questi mesi, tutti a spiegare che è necessario potenziare il servizio sanitario nazionale, assumere medici, formare infermieri, assicurare la qualità dei servizi, evitare ogni taglio ai posti-letto delle strutture ospedaliere pubbliche. Tutti a giurare che gli errori del passato non si possono ripetere, che il miglior investimento che si possa fare è il potenziamento della sanità pubblica, che il privato può essere un supporto, ma non può soppiantare il sistema sanitario nazionale, perché le sue esigenze di bilancio non sono compatibili con la migliore tutela della salute pubblica.
Quindi, cosa fa la Regione? Taglia i finanziamenti al secondo ospedale pubblico cittadino di Messina!
La decurtazione di 8 milioni di euro dai fondi regionali destinati all’Ospedale Papardo operata dall’assessorato Regionale alla Salute è un pericoloso e inaccettabile attacco alla sanità pubblica. Il sospetto è che si vogliano togliere risorse alle strutture pubbliche per liberare il campo da concorrenti “scomodi” e lasciare praterie aperte per il futuro polo della sanità privata: il costruendo Policlinico dello Stretto, che dovrebbe sorgere proprio a ridosso dell’ospedale pubblico.
Occorre invece salvaguardare e potenziare una struttura ricca di professionalità, scongiurando le conseguenti riduzioni di posti di lavoro e prestazioni in un nosocomio pubblico che serve in atto un vasto territorio.