“Il segreto del dottor Honigberger”, breve romanzo di Mircea Eliade, è uno dei più riusciti esempi di litérature fantastique.
È stata pubblicata una nuova traduzione italiana del romanzo breve “Il segreto del dottor Honigberger” (Bietti, 2019) dello storico delle religioni Mircea Eliade (1907-1986). Una storia sconcertante e piena di misteri, uno dei più riusciti esempi di litérature fantastique. «L’immaginazione letteraria è il prolungamento della creatività mitologica e dell’esperienza onirica», aveva dichiarato nel 1977 lo stesso Eliade, quasi considerando i suoi esperimenti letterari come naturali prosecuzioni del suo interesse per il mito, il sacro e il magico.
D’altro canto, il dottor Honigberger è esistito veramente: medico e viaggiatore austriaco nato nel 1795 e morto nel 1869, è divenuto celebre per i suoi viaggi in Oriente, soprattutto in India. «Volevo utilizzare certi fatti reali», ha scritto Eliade nel 1988, «camuffandoli in un racconto fantastico, in modo che solo un lettore attento avrebbe potuto distinguere la verità dalla fantasia». La lettura del testo richiede quindi una partecipazione attiva del lettore, il quale si trova sempre con il dubbio che ciò che legge – distorsioni temporali ed esperienze estreme – possa essere esistito veramente oppure no, oppure entrambe le cose.
La trama è la seguente: la scomparsa di un uomo, il dottor Zerlendi, impegnato nella ricostruzione biografica di Honigberger, chiama in causa il protagonista (che scrive in prima persona). Perché Zerlendi è scomparso? Si tratta forse di un evento collegato al suo interesse per la vita di Honigberger? L’indagine sulla sua scomparsa conduce il protagonista ad un diario segreto dove sono descritte misteriose esperienze Yoga, viaggi ultraterreni, formule esoteriche e antichi segreti appresi in India.
Tuttavia, bisogna tenere a mente un particolare: lo sforzo accademico e la ricerca scientifica di Mircea Eliade proseguono anche nella sua letteratura. A fornire una delucidazione su questo punto è Eliade stesso in una lettera risalente al 1960: «Ciò che si poteva dire sugli effetti dei diversi esercizi preliminari l’ho riferito il più esattamente possibile nei miei lavori sullo yoga. Per quanto riguarda altri esercizi e altre esperienze ho dovuto mantenere il silenzio, volendo restare fedele alla tradizione indiana che ammette solo la comunicazione di tipo iniziatico da guru a discepolo. Del resto, non credo che sarei stato in grado di descrivere esattamente, cioè in modo scientifico, certe esperienze. […] Più tardi, nel 1939, ho tentato di rievocare certe esperienze yogiche in una novella intitolata “Il segreto del dottor Honigberger”. La libertà “creativa” dell’artista mi ha permesso di alludere di più e con più precisione di quanto avrei potuto fare in un testo strettamente scientifico».
Insomma, Mircea Eliade mette in scena una storia fantastica ma non troppo, una realtà innervata dalla magia e dal meraviglioso. La realtà spirituale appare qui come il fondamento dell’esistente. Fino ad una amara riflessione che, sebbene appena accennata, suona come un monito per tutti noi: «Il destino della nostra Europa è forse già segnato? È possibile far qualcosa per il nostro mondo, preda di oscure forze spirituali che lo stanno conducendo, a sua insaputa, verso la catastrofe? Ho ragione di temere che l’Europa farà presto la stessa dine di Atlantide, inabissandosi». “Il segreto del dottor Honigberger” insegna a guardare la realtà in modo duplice o, per così dire, secondo le dimensioni della materia e dello spirito – sguardo che l’uomo moderno ha perso ormai da tempo, come Eliade a più riprese non manca di far notare.