Le eroine senza tempo di Tosi Siragusa. FOTO

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Laura Giacobbe

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martedì 30 Giugno 2015 - 22:15

Quindici donne, meravigliosamente dipinte “al culmine dell’angoscia, nelle fitte dell’incertezza che sempre la passione genera o all’apice del sacro ardore artistico”

28 Giugno 2015, l’imbrunire. Nella sala grande del castello di Montalbano, è un crepitio di voci sommesse.
Sul palcoscenico, un variegato scenario, simile all’interno di un bazar, dove oggetti di ogni tempo coabitano in un tutt’uno affascinante e misterioso.
E l’aria è satura di aspettativa.
Gli ultimi arrivati prendono posto, poi le autorità con i saluti di rito. Poi, finalmente, buio.

“State per assistere alle drammatizzazioni attraverso cui celebri artiste non più viventi e famosi personaggi femminili realmente vissuti o creati per artifizio e resi immortali… prendono vita… e parola.”

Lo spettacolo ha inizio, ed il pubblico è già proiettato in una dimensione senza tempo, che attraverso il tempo si muove e lo attraversa in lungo e in largo. E’ un viaggio, tra le epoche e i luoghi più lontani e diversi, dall’America alla Cina, dall’antica Grecia ai ruggenti anni ’20.
A riempire la scena, di volta in volta un personaggio diverso. Sono in tutto quindici: quindici donne, “nutrita schiera” e, aggiungerei, accurata selezione, tra le più grandi eroine della Storia:
Virginia Woolf, Camille Claudel, Silvia Plath, Rossella O’Hara, Artemisia Gentileschi, Emma Bovary, Josephine Baker, Madame Butterly, Janis Joplin, Elena, Fedra, Medea, Penelope, Didone e Cleopatra.
Il pubblico, curioso e divertito, si lascia prendere dal gioco, ricacciando la mente a manuali didattici e sbiaditi ricordi di scuola. “Chi arriva adesso?”, “…E’ Madame Bovary…” , “la scultrice, Camille Claudel…”, “…Ecco che arriva Rossella!”
Scenario immobile, la musica cambia e, incredibilmente, tutto il contesto cambia con lei, mentre ciascuna, con voce e gesti, costruisce e vivifica lo scenario della sua storia. Toni accorati, nostalgici, scanzonati, irridenti, combattivi, trionfanti… che raccontano frammenti di esistenze passate. “Ma sono poi passate davvero?” viene da chiedersi. Chi sono queste figurette un po’ impolverate, e quanto distano da noi, uomini e donne del ventunesimo secolo?
Ce lo chiediamo, mentre l’impeto accende i toni dei loro discorsi, spezza la voce e imporpora le guance, mentre prepotenti si stagliano nella loro interezza, contro un immaginario che le relegherebbe a modelli desueti, inconsistenti se presi fuori dal contesto d’origine.
Il messaggio di queste donne è un messaggio che parla alla pancia, che tocca corde profonde dell’anima e risveglia sensazioni sopite. E’ una storia antica che ritorna, sempre diversa e sempre uguale a se stessa. Donne, straordinarie creature fragili e forti, colpite dai venti eppure stoiche e resistenti alle intemperie. Romantiche e salde nei nostri principi. Pronte a tutto e coraggiose più di tanti nostri uomini, che pure osanniamo, ammiriamo, giustifichiamo sempre e comunque, sciocche, a volte, testarde, autocritiche, autodistruttive. E’ questo che siamo, e questo saremo sempre.
Dicono questo le donne di Tosi Siragusa, da lei meravigliosamente dipinte “al culmine dell’angoscia, nelle fitte dell’incertezza che sempre la passione genera o all’apice del sacro ardore artistico”. Vere ed autentiche, oggi come ieri. E tali le percepiamo nel riuscitissimo connubio artistico con Gaetano Lembo, e nel ben calibrato equilibrio delle tre interpreti: una straordinaria Elisa Franco, camaleontica, ardente e toccante in tutti i suoi personaggi; Martina Minissale, che da una composta Virginia Woolf evolve in una splendida e credibilissima Penelope; e Melania Puglisi, struggente Camille Claudel.
La scenografia minimalista, che si snoda in modo perfettamente orchestrato tra l’interno e l’esterno del castello, è accompagnata da arrangiamenti musicali e visivi a cura dell’associazione Arteks (Sistemi multimediali per la valorizzazione di eventi culturali). Il supporto multimediale si alterna alla musica dal vivo quando, sulle note delle arpe del Duo Gemelle Palazzolo, la danzatrice Sally Gerald emoziona il pubblico anche senza le parole. L’attenzione al dettaglio è evidente nella cura dedicata a trucco, parrucco e costumi, rispettivamente curati da Rosalinda Panarello, Pina Buffo e Naomi Irrera (costumi da collezione vintage di T. Siragusa).
Il risultato d’insieme è una costruzione altamente suggestiva, e quando la luna è già alta e l’immaginario sipario si chiude… si fa fatica a tornare nel mondo reale.

Laura Giacobbe

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