in riva allo Stretto abbiamo la strana abitudine di appassionarci alle battaglie per mesi per poi, all'improvviso e senza che siano state concluse, dimenticarcene. Dall'ex Casa del portuale al registro per le unioni civili passando per l'accorpamento dell'Autorità portuale all'ex Margherita sono tutti casi da inserire nella rubrica del "ma comu finìu?"
A volte capita che ci infiammiamo per vicende di vario genere per mesi e mesi. Poi, all’improvviso,senza una ragione apparente, su quella vicenda cala il silenzio e finisce nel cassetto. Succede come quando le donne s’innamorano di un paio di scarpe o di una borsa e dopo averle sfoggiate in tutte le occasioni le mettono in un angolo della soffitta dicendo “tanto me lo ricordo che le ho messe qui”. E puntualmente se ne dimenticano per sempre. A Messina accade così. Ci sono vicende che affollano le prime pagine ed i taccuini per settimane e sembrano le priorità della classe politica. Scorrono fiumi di comunicati, fioccano simposi, l’argomento diventa urgenza e centro del mondo. Poi, all’improvviso le luci si spengono e quel che fino a un giorno prima sembrava essere la cosa più importante viene inghiottito dal silenzio. Spesso penso che dovremmo fare una rubrica di tutte queste “battaglie scomparse” e chiamarla: ma comu finìu?
Sono priorità ad orologeria: smettono improvvisamente di esistere e non se ne parla più. Il dubbio è: o sono state strumentalizzate prima o non erano così importanti come ci si voleva far credere, oppure siamo noi che abbiamo un gene che non ci fa concludere le cose e che anche quando piantiamo i semi non li facciamo crescere, l’unica cosa che ci interessa è farci la foto con la zappa e scriverci sotto “questo l’ho piantato io”. Poi se questo seme non diventa pianta, se ha bisogno di altra acqua o se viene su un cavolfiore non importa a nessuno. Tutti a correre verso una nuova fotografia. Urgenze, emergenze e priorità finiscono nell’oblio.
Un tipico esempio del “ma comu finìu” è l’ Autorità portuale. Ad agosto ci davano per spacciati. Il nostro fiore all’occhiello, l’unico ente in città in grado di far quattrini sembrava destinato in poche ore all’abbraccio mortale con Catania. La deputazione, il sindaco e il consiglio comunale, sono partiti lancia in resta per evitare il peggio armati di un progetto alternativo, puntando su un matrimonio riparatore con l’Autorità portuale di Gioia Tauro. A tirar fuori un orgoglio tutto messinese è stato il presidente dell’A.P. De Simone, napoletano, che ha proposto: alt gioco,perché non lasciare l’autonomia e accorparci con Reggio e Villa e porre le basi della futura Area integrata dello Stretto proprio sul mare? Nel mezzo ci sono stati dibattiti, fiumi di comunicati ed una lite clamorosa tra deputati e sindaco di Milazzo che ha sconfessato la tesi dell’accorpamento e si è detto pronto a far tornare single il porto. Tra i musi lunghi di chi non ha partecipato al famoso Patto di Palazzo Zanca per l’Autorità portuale con Gioia, simposi itineranti, viaggi romani, prime pagine da cardiopalma: “siamo fuori” “anzi no siamo dentro”, all’improvviso cala il sipario e quello che appariva essere fino al giorno prima un destino ineluttabile il giorno dopo svanisce nel nulla. Sull’emergenza che ha fatto gridare all’ennesimo scippo è piombato il silenzio. Tutte le mamme però sanno per esperienza che quando nella stanza dei figli c’è silenzio non c’è da star sereni. Non stupiamoci se domani ci svegliamo accorpati con Foggia.
Collegata all’Autorità portuale è la tragicomica storia dell’Ente porto che è un po’ come quando si gioca a cucù e tutti sanno che anche se “muori” non è per sempre e puoi tornare in vita e magari vincere. Insomma, quando si pensa alle esequie ecco che l’Ente porto solleva la testa e batte un colpo. Noi cronisti ci chiediamo cosa sia successo di così utile tra un colpo e un altro ma non è dato saperlo. Il destino della zona falcata,ad esempio,altra vicenda da “come finìu”, è legato ad uno di questi “risvegli” dell’Ente e non se ne parlerà prima di maggio per chiudere la partita del contenzioso. Tra non molto festeggeremo un secolo di vita dell’unico ente nato con un obiettivo (il punto franco) mai neanche sfiorato o avvistato da lontano.
Altro caso da rubrica è la Casa del portuale. Quando gli esponenti del Teatro Pinelli occuparono l’ex Casa del portuale, nell’aprile 2013, si innescò una vera battaglia. Per sei mesi quell’edificio (tra l’altro al centro di una diatriba sull’effettiva titolarità della proprietà) diventò il centro dell’interesse cittadino,nel senso che a tutti sembrarono interessare le sorti del luogo, vuoi per farci qualcosa vuoi per ristabilirci l’attività originaria. Esattamente un anno fa, gennaio 2014, l’ex Casa del portuale venne sgomberata. E’ trascorso un anno senza che a nessuno di quelli che avevano gettato fiumi d’inchiostro o parole sul destino del luogo se ne sia poi ricordato, anche solo per dire “ma comu finìu?”. In un clima da “lotta di classe” tra assemblee, sedute consiliari aperte, denunce, comunicati stampa, tutti avevano nel cassetto almeno tre proposte di utilizzo e cinque ragioni per sgomberare il sito. Poi però, finito lo sgombero è calato il silenzio. Dei Beni comuni non è fregato più niente a nessuno e men che mai delle sorti dell’ex Casa del portuale. Silenzio dalla Regione e dall’amministrazione che tra l’altro ha anche un assessore con apposita delega, Daniele Ialacqua. Nei giorni scorsi, tra 10 priorità indicate alla giunta da Cambiamo Messina dal basso ci sono proprio i Beni comuni e quel regolamento del quale dall’estate 2013 si sono perse le tracce. Nel frattempo i pinellini hanno occupato la scuola media Foscolo, altro sito lasciato in stato di abbandono nonostante le sollecitazioni del Consiglio della V circoscrizione. Come è mai possibile che l’ex Casa del portuale che era diventato il pomo della discordia, il confine tra i buoni e i cattivi, tra il passato e il futuro sia poi caduto nell’oblio insieme al regolamento sui beni comuni? Per la verità anche per un luogo occupato la città, dopo essersi appassionata se ne dimenticò 32 secondi lo sgombero: il Teatro in fiera. I pinellini lo occuparono sul finire del 2012 dopo 18 anni di nulla e per due mesi divenne il simbolo della voglia di riscatto e il palconscenico delle proposte. Dopo lo sgombero, a febbraio 2013, l’interesse dei messinesi si spense. L’iter, per chi volesse saperlo, è andato avanti e a marzo sarà pronto il progetto esecutivo. Ma quel fiorire di proposte e iniziative si appassì subito dopo lo sgombero, come un fuoco di paglia.
Altra storia da comu finiù è quella della Città Metropolitana. La sorte di questa creatura mitologica è strettamente legata ad un’invenzione crocettiana: la riforma delle province, annunciata nella primavera del 2013. Fiumi di parole, tonnellate di documenti, bozze di riforme,decine di annunci in tv, emendamenti all’Ars e finti scontri all’arma bianca. E non un solo fatto compiuto.
Un’altra vicenda che ha appassionato i cultori del genere è il registro delle unioni civili all’attenzione del Consiglio comunale. Anche in questo caso Messina sembrava sull’orlo di una guerra nucleare, con scontri di carattere semi-teologico e crociate pronte ad iniziare. Poi, a battaglia avviata, qualcuno disse “va bè, aspettiamo che decida il governo” (e non si capisce poi perché visto che centinaia di comuni in Italia l’hanno fatto) è piombato il silenzio, per il quieto vivere di tutti.
Ma ci sono decine di altri casi. Il risanamento di Fondo Fucile ad esempio. Dei 54 milioni di euro destinati dalla Regione al risanamento ne sono arrivati solo 7….
La Stu Tirone, gli ultimi finanziamenti risalgono al 2008 e nei giorni scorsi è arrivata la certezza che non se ne vedranno più, con l’amara conclusione che abbiamo speso fiumi di parole, progetti, proposte, riunioni di Cda, incontri al Comune per nulla. Il Tirone resta quello che è, noi però nel frattempo sai che chiacchierate che ci siamo fatti.
L’emblema del comu finìu, il monumento al nulla è l’ex ospedale Margherita che ha chiuso i battenti nel ’99 e in 15 anni siamo riusciti a trasformarlo solo nel simbolo della nostra “inconcludenza”, intesa come incapacità a concludere una cosa. Rientrano a pieno titolo nella rubrica del “comu finìu” i fondi ecopass, (silenzio tombale) il polo oncologico d’eccellenza inaugurato al Papardo in pompa magna dall’allora assessore regionale Massimo Russo, nel2012, il Parco Aldo Moro impantanato in un contenzioso, il bando internazionale per la cittadella fieristica che divide tra favorevoli ad aprirci al mondo e favorevoli a restare parrocchia per sempre e farci un cortile. Il secondo Palagiustizia è un ritornello che ci accompagnerà per altri 20 anni mentre il mercato Zaera è un argomento a “ondate”,a targhe alterne, così come la raccolta porta a porta.
Siamo volubili, ci appassioniamo ad una cosa e poi la dimentichiamo in un batter d’occhio. Come i Jalisse cantiamo anche noi fiumi di parole ed esattamente come la coppia vincitrice di Sanremo poi svanita nel nulla lasciamo che l’oblio cancelli le nostre appassionate battaglie. Persino il monumento all’inconcludenza saremmo capaci di lasciarlo a metà e scordarcene al primo bando di gara andato deserto.
Rosaria Brancato
Questa è la nostra città. La storia infinita. Altro esempio l isola pedonale tolta e non si sa se e quando verrà rifatta. Il famoso ed annunciato bike sharing altra chimera. Questi sono solo due esempi che mi vengono in mente. Ah vero anche la vicenda TIR e relativi pass per accedere in città sembra tutto svanito nel nulla.
Questa è la nostra città. La storia infinita. Altro esempio l isola pedonale tolta e non si sa se e quando verrà rifatta. Il famoso ed annunciato bike sharing altra chimera. Questi sono solo due esempi che mi vengono in mente. Ah vero anche la vicenda TIR e relativi pass per accedere in città sembra tutto svanito nel nulla.
Cara ROSARIA sono colpito dalla diversità delle conferenze stampa di Buzzanca o Genovese con quelle di RENATO.Le prime,fredde e disciplinate,dove il LEI era quasi un “ELLA SIGNOR SINDACO”,con Attilio Borda Bossana, ferreo vigile, a stabilire a quale giornalista dare la parola,zittendo chi disturbava la risposta.In queste di RENATO tutti si danno del TU,e poi giornalisti che interrompono colleghi,sindaco e assessori,senza dare la possibilità di completare la domanda o dare compiutamente la risposta.Molti si spingono a manifestare in sede di conferenza stampa le proprie opinioni politiche senza aspettare l’articolo o l’editoriale.Il vostro collega Sergio COLOSI sembrava intontito dalla caciara,non sarebbe accaduto al professionista BOSSANA.
Cara ROSARIA sono colpito dalla diversità delle conferenze stampa di Buzzanca o Genovese con quelle di RENATO.Le prime,fredde e disciplinate,dove il LEI era quasi un “ELLA SIGNOR SINDACO”,con Attilio Borda Bossana, ferreo vigile, a stabilire a quale giornalista dare la parola,zittendo chi disturbava la risposta.In queste di RENATO tutti si danno del TU,e poi giornalisti che interrompono colleghi,sindaco e assessori,senza dare la possibilità di completare la domanda o dare compiutamente la risposta.Molti si spingono a manifestare in sede di conferenza stampa le proprie opinioni politiche senza aspettare l’articolo o l’editoriale.Il vostro collega Sergio COLOSI sembrava intontito dalla caciara,non sarebbe accaduto al professionista BOSSANA.
Ma con i tempi della burocrazia italiana mi sembra anche abbastanza normale che prima che una qualsiasi vicenda giudiziaria si evolva passi un sacco di tempo, non è che Messina sia un caso particolare.. D’altro canto, parlare ogni giorno delle stesse tematiche senza aspettarne gli sviluppi o i cambiamenti sarebbe noioso e inutile, farebbe solo comodo a quei giornalisti che non vogliono sforzarsi di cercare qualcosa di cui scrivere e chiedersi “comu finiu”.
Ma con i tempi della burocrazia italiana mi sembra anche abbastanza normale che prima che una qualsiasi vicenda giudiziaria si evolva passi un sacco di tempo, non è che Messina sia un caso particolare.. D’altro canto, parlare ogni giorno delle stesse tematiche senza aspettarne gli sviluppi o i cambiamenti sarebbe noioso e inutile, farebbe solo comodo a quei giornalisti che non vogliono sforzarsi di cercare qualcosa di cui scrivere e chiedersi “comu finiu”.
Cara Rosaria, ti piace giocare facile …. o vuoi scrivere un romanzo?
Su “ma comu finìu?” ci si potrebbe spendere una vita a Messina, ma forse lo dovremmo fare tutti.
Solo una precisazione sulla brutta vicenda dell’Autorità Portuale nella quale, non dimentichiamolo, anche Accorinti potrebbe legttimamente “alzare la voce” e non far parlare solo Franza e rappresentanto.
Premesso che io ero e sono contrario a Gioia Tauro tutta l’operazione (nazionale) non è stata bloccata dai messinesi ma da Renzi quando si è accorto che un suo Ministro si stava “disegnando” le “proprie autorità”. Ne sa nulla l’on. Garofalo ed il NCD ?
Cara Rosaria, ti piace giocare facile …. o vuoi scrivere un romanzo?
Su “ma comu finìu?” ci si potrebbe spendere una vita a Messina, ma forse lo dovremmo fare tutti.
Solo una precisazione sulla brutta vicenda dell’Autorità Portuale nella quale, non dimentichiamolo, anche Accorinti potrebbe legttimamente “alzare la voce” e non far parlare solo Franza e rappresentanto.
Premesso che io ero e sono contrario a Gioia Tauro tutta l’operazione (nazionale) non è stata bloccata dai messinesi ma da Renzi quando si è accorto che un suo Ministro si stava “disegnando” le “proprie autorità”. Ne sa nulla l’on. Garofalo ed il NCD ?
Certa stampa!!
Certa stampa!!
A leggere Mariedit viene soltanto l’allergia. MA SEI RIPETITIVO AL MASSIMO CON QUESTO RENATO! Fra non molto, lo ripeto ancora una volta, resterai solo tu a sostenere RENATO!!!!
A leggere Mariedit viene soltanto l’allergia. MA SEI RIPETITIVO AL MASSIMO CON QUESTO RENATO! Fra non molto, lo ripeto ancora una volta, resterai solo tu a sostenere RENATO!!!!
non ha importanza quello che dice,parla come renato,parla e basta il resto non importa .Anzi il resto sunnu tabbaccheri i lignu.
non ha importanza quello che dice,parla come renato,parla e basta il resto non importa .Anzi il resto sunnu tabbaccheri i lignu.