Carmelo Giannetto morì d'infarto all'ospedale di Taormina dopo un'ora di vana attesa in casa
C’è una condanna, in primo grado, per il caso Carmelo Giannetto, morto d’infarto sette anni fa. Il Tribunale di Messina ha condannato Ermelinda Domenica Cicala, in servizio al Punto Territoriale d’emergenza di Santa Teresa di Riva la sera la notte in cui il 52enne morì.
Il giudice Adriana Sciglio le ha inflitto un anno e mezzo per rifiuti d’atti d’ufficio e per omicidio colposo. Ed ha condannato al pagamento del risarcimento, che sarà stabilito in sede civile, anche l’Asp provinciale di Messina.
Per i familiari, che presentarono subito una denuncia, e per la Procura di Messina, sulla scorta delle perizie mediche, il dipendente del Cas morì infatti per il mancato intervento del 118: se le linee d’emergenza avessero funzionato e se il medico fosse intervenuto per tempo, Giannetto si sarebbe salvato, è la tesi di parti civili e inquirenti, accolta dal giudice di primo grado. Inizialmente gli indagati erano sei persone, tra medici e personale della Telecom. La loro posizione è stata archiviata e adesso il processo si è concluso soltanto per il medico di 65 anni.
Era il 23 agosto del 2014: Giannetto aveva accusato un malore. Invano i parenti chiamarono il 118, le linee non funzionavano perfettamente. A quel punto uno di loro si recò personalmente al Pte, sollecitando l’intervento domiciliare della dottoressa almeno due volte.
Era l’una e mezza di notte. La dottoressa arrivò in casa dell’uomo poco prima delle 2 e decise di ricoverarlo a Taormina, dove morì prima delle 3.
Secondo la Procura, le modalità di trasporto in ambulanza non furono corrette e comunque al paziente andavano somministrati dei farmaci bloccanti dell’infarto.
La dottoressa Cicala è stata difesa dall’avvocato Enrico Ricevuto, i familiari erano invece assistiti dagli avvocati Anna Scarcella ed Enza Prestipino.