Il 24enne poteva essere salvato con una coronografia. Adesso la famiglia fa causa all'ospedale di Palermo dove morì 10 giorni dopo il fatto
PALERMO – Ci sarà un altro processo per la morte di Benedetto Vinci, il 24enne di Sant’Agata Militello spirato il 14 marzo del 2012 per le conseguenze di una coltellata all’addome infertagli dalla sua fidanzata Francesca Picilli. Alla giovane il presidente Mattarella ha concesso la grazia nel 2021.
Benedetto morto per infarto
Si tratta cioè della parallela causa penale che gli avvocati dei familiari annunciano di voler intentare nei confronti di alcuni medici dell’ospedale Sofia-Cervello di Palermo e dove è stato curato il ragazzo dopo l’accoltellamento. Curato male, secondo i periti di parte. “Benedetto poteva essere salvato”, spiegano gli avvocati Massimiliano Fabio, Giuseppe e Salvatore Mancuso sulla scorta di un accertamento tecnico che avrebbe stabilito che Benedetto è spirato per un infarto. Infarto che si sarebbe potuto “intercettare” se i medici avessero effettuato degli accertamenti di rito mai eseguiti.
Una coronografia avrebbe potuto salvarlo
Il 24enne, dopo l’accoltellamento, riportò la rottura della coronaria interventricolare anteriore e il conseguente infarto miocardico. I consulenti nominati dal Tribunale di Palermo, i dottori Calogero Comparato e Pierangela Fleres, nella relazione depositata nei giorni scorsi alla Terza sezione civile del Tribunale di Palermo, hanno scritto che “durante la degenza nel reparto di chirurgia toracica dell’ospedale Cervello di Palermo, non venne mai eseguito un elettrocardiogramma né venne monitorata la curva di dosaggio della Troponina esami che avrebbero indotto i sanitari ad eseguire ulteriori indagini, e tra queste certamente una coronarografia, che avrebbe permesso di diagnosticare lo pseudoaneurisma dell’Iva (la coronaria interventricolare anteriore).
Il dossier medico legale
Anche se nella letteratura medica sono stati segnalati pochi casi di rottura coronarica – hanno aggiunto nella relazione – i circa 10 giorni intercorsi fra la rottura e lo shock cardiogeno avrebbero consentito
agevolmente di studiare il paziente e di sottoporlo a un intervento di by pass coronarico. In considerazione di tali elementi è possibile ritenere che, qualora fossero state adottate le buone pratiche mediche, Vinci avrebbe avuto una probabilità di sopravvivenza pari al 70%”.
La battaglia della famiglia
In base alle conclusioni dei consulenti, gli avvocati delle parti civili istruiranno una causa civile chiamando in causa gli ospedali riuniti “Villa Sofia-Cervello” di Palermo per l’accertamento della responsabilità civile e l’accertamento del danno subìto dai familiari. “La tesi della corresponsabilità della struttura sanitaria nel verificarsi della morte del signor Benedetto Vinci -spiegano i legali – è stata da sempre paventata dalla difesa dei familiari. Oggi, finalmente, seppure dopo tanti anni l’accertamento tecnico preventivo ha confermato tale evidenza e purtroppo il verificarsi di una tragedia che si sarebbe potuta evitare”.