No del giudice alle parti civili all'udienza preliminare sulla morte della 22enne a Lipari nel 2020
Barcellona – Slitta a marzo prossimo il vaglio preliminare del caso di Lorenza Famularo. La prima udienza davanti al giudice Giuseppe Caristia di Barcellona, ieri mattina, è stata dedicata infatti a passaggi tecnici e soltanto il prossimo 13 marzo si entrerà nel vivo dell’udienza preliminare. Al centro c’è la storia di Lorenza Famularo, la 22enne morta nel 2020, diventata simbolo della battaglia degli eoliani per salvare l’ospedale di Lipari e l’assistenza nelle isole minori in generale.
Indagati per omicidio colposo sono i sanitari che si occuparono della ragazza ma la vicenda, prossima alla prescrizione, sotto il profilo penale, riguarda il complesso dell’assistenza sanitaria pubblica alle Eolie, falcidiata dai tagli.
L’udienza preliminare si farà comunque senza parti civili: il giudice ha infatti rigettato le richieste di costituzione effettuate dagli avvocati Nunzio Rosso e Tommaso Autru Ryolo a nome di due sole delle parti offese, per Lorenza direttamente e per conto del suo fidanzato. Si va avanti tra tre mesi, quindi.
Gli indagati
Alla fine dell’inchiesta il Procuratore generale Giuseppe Costa aveva chiesto il giudizio immediato per 4 dei sette indagati iniziali, con l’ipotesi di omicidio colposo, escludendo gli altri tre dalle ipotesi di responsabilità. Adesso i sanitari potranno concretamente difendersi, assistiti dagli avvocati Denise Zullo, Ferdinando Amata, Paolo Starvaggi e Rosario Venuto. Si tratta dell’infermiere Antonino Casilli e i medici Giuseppe Antonio Cannata, Angelica Concetta Sequienza, Giovanni Noto.
La lotta per la sanità delle isole
Parteciperanno all’udienza anche i familiari di Lorenza che in questi anni hanno lottato per fare luce sull’intera vicenda, assistiti dagli avvocati Vincenzo La Cava e Nunzio Rosso, e non lasciare che l’inchiesta venisse archiviata, come inizialmente chiesto dalla Procura di Barcellona. La procura generale di Messina ha poi avocato il fascicolo e chiesto nuove indagini alla sezione di polizia giudiziaria dei Carabinieri, non condividendone le conclusioni delle prime consulenze mediche: l’embolia di Lorenza non era affatto impossibile da diagnosticare. Da qui la richiesta di incidente probatorio, che servirà a fissare una volta per tutte questi elementi.
Non si può morire di sanità
“L’isolana Lorenza Famularo non doveva morire, soprattutto non doveva morire di sanità – scrive chiaramente il Procuratore generale sottolineando le condizioni critiche delle strutture assistenziali delle isole e la mancanza di una accurata diagnosi – in un periodo storico unico, connotato dalla virulenza pandemia, nella quale proprio le evidenze e sintomatologie del virus erano caratterizzate da aggressioni al sistema respiratorio e all’apparato polmonare e che nel caso di Lorenza avrebbero dovuto giustificare vieppiù le più accurate e approfondite cautele diagnostiche”.
La causa civile
Va avanti intanto il processo civile legato a questo caso, che è agli sgoccioli. Su quel versante è centrale una perizia, quella dei dottori Gaetano Signorello e Giovanni Crisafulli, entrata anche nel procedimento penale, che stabilisce un punto fermo ben preciso: è probabile che visite più accurate non avrebbero portato ad una diagnosi tempestiva di embolia polmonare. Però un corretto accesso al pronto soccorso avrebbe sicuramente dato il via ad un percorso terapeutico che avrebbe offerto più chance di cura e diagnosi. E’ anzitutto da incolpare, quindi, l’ospedale di Lipari più che i singoli sanitari.
7 giorni di inutili accessi all’ospedale e le “lotte” per essere visitata
Lorenza aveva ancora tutta la vita davanti ed era nel pieno di una estate che era anche l’estate della sua giovinezza. Invece in 7 giorni tutto è cambiato e lei non c’è più. Dopo un primo malore, al ripresentarsi di dolori acuti la ragazza si era recata al pronto soccorso ma era stata rinviata a casa. Niente triage e neppure valutazione documentata anche ai successivi accessi. E anche per una successiva visita, non documentata, è servita l’insistenza di un parente su un medico che si è prestato. Soltanto il 22 agosto, e soltanto per insistenza di un parente presso il cardiologo, soltanto reperibile, Lorenza era stata visitata in maniera completa e le erano stati prescritti successivi e puntuali approfondimenti diagnostici. Troppo tardi: Lorenza si accascerà a terra, senza forze, quella sera stessa.
Questo purtroppo non è un caso isolato ma, la conseguenza del mancato sostegno finanziario alla sanità. Il governo ed i vari organi d’informazione governativi invece di sbandierare falsità che va tutto bene facessero un bagno di umiltà ed ascoltassero il grido dei cittadini che non sono in grado di ricorrere alla sanità privata.
Valanghe di denaro spese in nome di una ipotetica “tutela della salute pubblica” da inizio 2020 e valanghe di soldi investiti in fantomatiche politiche “green”. Tutto in nome della salute. Nel frattempo, a causa anche dei tagli continui da molti anni a questa parte, non ci sono soldi per curare le persone. Non fa una piega.