I familiari del nostromo Gaetano Puleo chiedono di escludere le sigle dei marittimi
MESSINA – “Scintille” in udienza per il caso Gaetano Puleo, il nostromo morto al porto due anni e mezzo fa, durante le operazioni di attracco di una nave. I familiari del marinaio, assistiti dagli avvocati Francesco Rizzo e Claudio Calabrò, hanno chiesto di escludere tra le parti civili le due sigle sindacali dei marittimi che ne avevano fatto richiesta. Una richiesta legittima, ma non ordinaria, per la parte da cui proviene.
Siamo in fase di udienza preliminare e il giudice Eugenio Fiorentino si è riservato la decisione sulla questione, che scioglierà alla prossima udienza. Slitta ancora, quindi, la decisione sulle ipotesi di reato. Si torna in aula a fine ottobre prossimo.
Al vaglio c’è la posizione di tre indagati: la società armatrice, il comandante della nave Giuseppe Cama e Luigi Genchi, armatore della Elio, la nave che sta attraccando quel tragico giorno al porto storico di Messina. Omicidio colposo con la violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro la principale ipotesi di reato mosse dal sostituto procuratore Roberto Conte al termine degli accertamenti e per le quali il magistrato ha ribadito la richiesta di rinvio a giudizio. Nel frattempo è in corso anche la trattativa di accordo con le assicurazioni.
Cosmar, sindacato nazionale dei marittimi e Anmil, associazione nazionale lavoratori mutilati e invalidi civili, le due sigle che hanno chiesto di essere parti civili e “contro” cui si sono schierati i familiari: non avrebbero chiesto il loro consenso. Ad assisterli sono gli avvocati Antonio Langher e Carlo Golda.