La Procura di Termini Imerese mette sotto accusa il tracciato di gara ed esclude che il pilota messinese abbia avuto un malore o abbia sbagliato manovra
Non è stato un un malore di Mauro Amendolia o una errata manovra di guida a causare l’incidente che costò la sua vita e quello del commissario di gara Giuseppe Laganà, durante la seconda giornata di gara della Targa Florio 2017.
Lo ha stabilito la Procura di Termini Imerese che alla fine degli accertamenti ha chiuso le indagini avvisando per omicidio stradale tre persone, ovvero il presidente dell’Ac di Palermo, organizzatore della gara, Angelo Pizzuto, il direttore di gara, Marco Cascino e il delegato all’allestimento del percorso, Antonio Pochini.
Dopo due anni di inchiesta, quindi, fatta di complessi accertamenti tecnici, sotto accusa sembra esserci la sicurezza sul percorso di gara, e quindi eventuali carenze sotto il profilo organizzativo.
La Procura di Termini Imerese ha esaminato anche il dossier della dottoressa Antonina Argo, consulente nominata per eseguire l’autopsia sul corpo di Amendolia. L’esame medico legale ha escluso che l’unica causa della morte fossero le molte fratture causate dall’incidente stradale; l’esame istologico è risultato negativo, non c’erano tracce di malori precedenti.
“Dispiace che l’indagine sulle vittime della Targa Florio del 2017 stia prendendo questa piega, considerato che spendiamo la maggior parte del budget in dispositivi di sicurezza, – ha commentato Pizzuto a Cefalù e Madonie web– ma sappiamo, come lo sanno i piloti, che nelle gare su strada la fatalità può succedere. Siamo certi che le indagini dimostreranno non solo la nostra buona fede, ma che è stato fatto tutto il possibile, così come sempre faremo, per evitare che fatti analoghi possano ripetersi. La sicurezza del nostro personale, dei piloti e del pubblico sarà sempre la nostra priorità”.
Adesso la parola passa ai loro difensori, prima che la Procura formuli la richiesta di rinvio a giudizio e quindi si arrivi al processo.
Accanto alla famiglia Amendolia, invece, c’è l’avvocato Giovanni Mannuccia, che attende di prendere visione del fascicolo processuale, adesso che l’inchiesta è giunta alla fine, per capire quali ulteriori passi compiere.
Amendolia, assicuratore e appassionato di auto, era molto conosciuto a Messina e in particolare nel mondo dei rally. Quel tragico 21 aprile 2017 a sulla Mini Cooper Works c’era come navigatrice la figlia, Gemma, rimasta ferita. Il suo percorso riabilitativo è stato lungo e faticoso.
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