Un cortometraggio che racconta l'assenza e non l'essenza.
Caro Rino, ti scrivo così mi calmo e i battiti del mio cuore tornano normali. Ti giuro l’ho visto e l’ho rivisto e ho contato fino a cento prima di sedermi a questo computer. E poi mi sei venuto in mente e ho pensato di parlarne con te. Di raccontarti questa cosa perché tu sei “un altro come me”. Mi hai insegnato “a non criticare un film senza prima vederlo”, però sai ogni regola ha la sua eccezione e io l’ho trovata in un post promozionale ideato per la nostra Calabria. La tua, la mia, la nostra Calabria. Capisci? La nostra Calabria!
Ad esempio a me piace il sud
Quel titolo già mi suonava stridulo, stonato, fuori luogo, fuori dal pentagramma per usare un linguaggio che ti piace. Ecco quel titolo già non lo reggevo più dopo solo un secondo. “Calabria, terra mia”, ma dimmi tu Rino, tu che hai scritto quel capolavoro “Ad esempio a me piace il sud”, quel titolo geniale che anche se parla di una Calabria contadina lo fa con tenerezza, poesia, sublime poesia e poi lo hai scritto 5o anni fa, ci stava tutto.
I piccoli centri
Ma adesso? Si, certo, ci sono ancora i piccoli borghi fatti di “calore paesano”, piccoli angoli in cui puoi trovare le persone sedute sull’uscio attendere la vita. E chi lo nega! Ci sono, solo lì…le ritrovo ogni volta che mi muovo verso i piccoli centri della memoria. Ma dimmi tu, tu che sei come me. Fammi capire tu questa storia che adesso ti narro: Un uomo, una donna, una storia d’amore, per carità l’idea di raccontare un luogo attraverso l’amore ci può stare, certo forse un po’ scontato, ma lasciamoglielo passare.
L’assenza e non l’essenza
Il punto è che dovrebbe raccontare la Calabria, ma deve essersi sicuramente confuso perché racconta l’assenza e non l’essenza (buffo quanto differenza fa una vocale). Si certo c’è il mare, un mare che perdi il fiato solo a vederlo, ma manca la Storia. Si, d’accordo cita la soppressata, ma è totalmente assente la presenza del vino, della sua tradizione secolare che qui ha avuto “radici”.
Il calore del sud
Un drone ha ripreso il paesaggio, splendido certo. Ma ha scordato, la Sila, l’Aspromonte…quel verde meraviglioso che in autunno diventa “fuoco e fogliame”. E poi vogliamo parlare dell’archeologia? Vogliamo parlare delle stanze del MARC, delle ville romane, della Magna Grecia? Si, benissimo ci sono gli agrumi, ti dico non si è fatto mancare nulla…pure quelli fuori stagione. Tu per esempio hai mai mangiato una clementina in estate? Io no. Si, in qualche sequenza ho avvertito, anche, il calore della gente del sud, ma siamo calabresi e quella leggera flessione siciliana, ti giuro io non la capisco.
Tristezza mista a un po’ di rabbia
E io che continuo a scriverti, inizio a piangere perché sai ancora una volta la terra, la nostra terra Rino non è stata capita, non è stata raccontata. E non perché voglio fare la vittima, no…no…tu mi conosci sai che non è il mio stile! E’ che sale la tristezza mista ad un po’ di rabbia. Sai adesso vanno di moda gli spot promozionali per raccontare un luogo e questo, quello di cui ti ho parlato, dovrebbe servire a promuovere la Calabria, dovrebbe portare turismo, muovere in un certo senso anche l’economia.
Storie che toccherebbero il tuo cuore e quello del mondo tutto intero.
Noi invece, e adesso mi faccio seria, con questo spot restituiamo al mondo un’immagine stereotipata, in cui la fanno da padrona, ancora una volta, il luogo comune, la discriminazione, la “chiacchiera”, la “coppola” indossata da un gruppo di ragazzotti, il mulo che passa sotto una finestra, una donna antica, gente che urla dal balcone, sapore di migrazione. No, caro Muccino, non siamo questo. Accetta un consiglio se puoi: studia, impara a conoscerci davvero fatti una passeggiata da nord a sud della nostra Regione poi se arrivi dalle mie parti, a Reggio Calabria, fatti una chiacchierata con due Bronzi, grandi amici miei. Ne hanno di storie vere, storie d’amore, da raccontare. Storie che toccherebbero il tuo cuore e quello del mondo tutto intero.