Inusuale presentazione alla Sala Sinopoli per l’evento più atteso della stagione teatrale messinese. Il presidente Puglisi: “Sfida complessa, ci aspettiamo una risposta adeguata da parte della città”
“Una scommessa da vincere con l’aiuto dell’intera città: riproporre l’opera lirica è un impegno gravoso, ci aspettiamo una risposta all’altezza dopo un’attesa così lunga”. Non una conferenza stampa, ma una presentazione partecipata per illustrare tutti i passaggi artistici e produttivi compiuti dai vertici del Teatro Vittorio Emanuele per la riproposizione della “Bohème” (in scena dal 30 marzo al 3 aprile): “Abbiamo deciso di riannodare un discorso interrotto, ripartendo proprio da quell’opera che nel 2014 non fu mai messa in scena”, ha dichiarato il presidente Maurizio Puglisi nel suo intervento alla Sala Sinopoli, “un lavoro di questo genere coinvolge inevitabilmente tutte le varie componenti del teatro e per tale motivo richiede spesso una gestazione piuttosto lunga. Ci aspettiamo, in questa direzione, una risposta positiva del pubblico per stimolare anche un coinvolgimento dei privati in prospettiva futura. La nostra idea è stata quella di valorizzare le migliori risorse artistiche del territorio messinese: da qui la scelta del regista Giorgio Bongiovanni e del giovanissimo Maestro Marco Alibrando. L’intero cast, formato con una sapiente combinazione tra artisti di esperienza e talenti di sicuro avvenire, ha deciso di venire incontro alle esigenze organizzative dell’ente pur di far parte di un progetto di questo genere”. Alle parole del presidente fanno eco quelle del direttore artistico Giovanni Renzo e del sovrintendente Antonino Saija. “Mettere in scena questa “Bohème” rappresenta sicuramente una sfida anche a livello personale”, ha affermato Renzo, “finora è stato svolto un intenso lavoro di équipe che ha esaltato una perfetta sintonia tra tutte le varie singole componenti. Voglio ricordare che questa produzione è stata interamente sviluppata con un budget dimezzato rispetto al “Rigoletto”, ultima opera lirica prodotta a Messina”. I programmi per il futuro nelle parole del sovrintendente Antonino Saija: “Questo lavoro comporterà un costo di 300mila euro escluse le spese di promozione. Per valutare con maggiore precisione le strategie future in merito alla sezione lirico-sinfonica analizzeremo attentamente la risposta della cittadinanza dopo un cammino produttivo così impegnativo”.
Incentrato quasi interamente sui motivi dell’opera, l’intervento del regista Giorgio Bongiovanni rivela l’orgoglio per una sfida di prestigio nella propria città natale: “La “Bohème” è un’opera sulla gioventù, sul difficile passaggio dai furori rivoluzionari degli esordi al difficile scontro con la realtà quotidiana. La stessa morte di Mimì nel quarto atto simboleggia la linea di confine tra giovinezza ed età adulta. Questa opera pucciniana è un continuo alternarsi tra momenti comici e tragici, spesso si è parlato, anche banalmente, di un occhio cinematografico che segna l’intera carriera del compositore toscano. Abbiamo posto un’attenzione particolare nei confronti del romanzo di Murger e del libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica: per un confronto con la modernità è necessario uno studio attento del passato, l’innovazione può giungere unicamente dopo un severo approfondimento della tradizione. Un ulteriore motivo d’orgoglio, in questa direzione, risiede nella realizzazione delle scene ispirate ai bozzetti di Nicola Benois per la Scala e dipinte a mano con una tecnica artigianale oramai prossima a scomparire”. Chiusura con il direttore d’orchestra, il ventinovenne messinese Marco Alibrando: “L’opera pucciniana possiede una forza quasi sensuale nella melodia: alcune scelte compositive appaiono quasi naturali pur recando diverse complessità d’esecuzione. Sono felice di potermi confrontare con una delle opere più attraenti e complesse mai realizzate”. Al termine della presentazione, alcuni elementi del cast hanno interpretato il famoso “Valzer di Musetta”, assaggio per i presenti in vista del ritorno ufficiale dell’opera lirica nella città dello Stretto.
Domenico Colosi