In scena al Vittorio Emanuele il musical che racconta, facendo sorridere e riflettere, la storia del boss alle prese con il figlio gay che ha trasformato la mafia in un brand positivo, esportando prodotti in tutto il mondo. Mafia e omosessualità fanno da sfondo ad una riflessione intensa e mai banale.
Ci sono i suoni, i profumi, i sapori, le emozioni della Sicilia. E ci sono anche gli echi degli stereotipi e dei pregiudizi. Ci sono i ritmi più moderni che si sposano con le melodie siciliane, e le ricette tradizionali della nonna raccontate sul web.
E’ un musical che affonda le radici nei canoni tradizionali del genere ma si affaccia nel mondo moderno con tratti innovativi quello andato in scena, in anteprima, al Teatro Vittorio Emanuele per raccontare la storia di Lelè il mafioso, figlio di boss che capovolge i clichè e lancia nel mondo un brand che guarda all’eco sostenibile, alla tutela dell’ambiente e dei valori.
Si ride e si riflette guardando Leè il mafioso.it, musical sceneggiato e prodotto da Paolo Picciolo, che ha saputo mettere insieme tematiche “eterne” come la lotta alla mafia alle attuali battaglie contro l’omofobia usando un linguaggio moderno e attento.
La prima dello spettacolo è stata al Vittorio Emanuele ma Picciolo sogna di far sbarcare il boss don Vito che torna dall’inferno per “riportare sulla cattiva strada” il rampollo di casa Lelè, a Broadway.
“Ho messo insieme mafia e omosessualità, di solito agli antipodi- ha detto Picciolo- Il boss imbarazzato per il figlio gay prova a farlo tornare ai vecchi metodi ma dovrà fare i conti con il suo amore per il figlio e con i cambiamenti della società. Un modo diverso per parlare di omosessualità e mafia, usando la leggerezza per raccontare storie quotidiane, per far ridere, riflettere e sorridere”.
Le premesse per portare lontano il musical ci sono tutte. I ritmi sono incalzanti, si sorride anche amaramente, si riflette, ci si lascia andare alle emozioni.
C’è un gioco di melodie che si alternano, ora più moderne ora più classiche e che passano dalle voci corali dei bambini a quelle degli adulti in una “staffetta” musicale di grande efficacia.
L’orchestra sul palco, l’ingresso di ballerini che rendono concreti i sentimenti, ora di rabbia, ora di amore, ora di gioia, ora di sofferenza, alleggeriscono la trama quando si fa più “pesante” affrontando tematiche quali l’omosessualità e i muri che spesso sorgono tra generazioni.
A interpretare don Vito, il boss che in fondo non riesce ad essere veramente cattivo neanche quando è all’inferno dov’è piombato dopo il 41 bis e che alla fine diventerà il migliore testimonial contro l’omofobia è Francesco Foti , già apprezzato in fiction come Squadra Antimafia e Medico in famiglia, ed in molti spettacoli teatrali.
Lelè, il figlio che prende in mano “l’azienda” del padre e la trasforma in un business moderno on line che trasforma la mafia in un brand griffatissimo (dai vini pregiati alla moda agli accessori) è il giovane Mirko Darar, applaudito a “Italia’s Got Talent”.
Dal primo all’ultimo minuto sui tacchi a spillo 12 cm Darar non è mai sopra le righe e riesce a disegnare un personaggio che non diventa mai macchietta, mai “clichè”. Il rapporto padre-figlio che in ogni famiglia ed in ogni tempo può trasformarsi in scontro quando due mondi appaiono inconciliabili è raccontato con delicatezza.
Da applausi gli attori del cast che rendono ironico il contesto ed il difficile transito del vecchio boss da un mondo antico che prova a resistere al futuro, in fondo rappresentato dal coro dei bambini che fanno irruzione con la leggerezza dell’età e la speranza di un domani senza paure, senza fobie, senza mafia.
In un musical in cui i “cattivi”, compreso Lucifero, non lo sono mai fino in fondo e in cui non tutto è in bianco e nero e gli arancini trionfano persino sulla pasta con le melenzane don Vito e Lelè si ritroveranno “famiglia” grazie anche a quella rete di sentimenti ed emozioni che gli altri protagonisti interpretano alla perfezione: Carmela Buffa Calleo, Luca Fiorino, Tino Calabrò, Cosimo Coltraro, Lucia Portale e Francesco Bernava.
Lelè il mafioso può quindi prepararsi a camminare sui tacchi 12 su altri palcoscenici, grazie anche all’ottima regia di Alberto Orofino che ha accolto con entusiasmo l’ambizioso progetto di Picciolo.
Applausi a fine spettacolo per tutti, dai musicisti Maria Fausta Rizzo, Claudio Palana, Giovanni Puliafito e Alessandro Boriani (direttore musicale Francesco Pisano), per il Coro Bianco Suono del Centro Progetto suono di Messina ( direttrice del coro e vocal coach Agnese Carrubba), per i ballerini della Marvan Dance Group.
Riuscita quindi la “ scommessa” dell’Ente Teatro Vittorio Emanuele che ha scelto di puntare sugli spettacoli autoprodotti con artisti siciliani e che nei prossimi mesi, attraverso corsi di formazione e talent parteciperà alla produzione di altri progetti analoghi che saranno inseriti nel cartellone artistico della stagione teatrale.
“Siamo felici – ha detto il direttore artistico della musica Matteo Pappalardo– di aver presentato uno dei primi musical autoprodotti da compagnie siciliane. Non abbiamo potuto contribuire per questo spettacolo, ma il nostro intento è puntare sui nostri talenti e lanciarli nel nostro cartellone. Attraverso un percorso formativo selezioneremo i migliori artisti del territorio e daremo loro l’opportunità di lanciare il proprio spettacolo, contribuendo alla produzione e cercando di evitare che, come tanti giovani in altri campi, debbano lasciare la città”