Le sorti del governo Musumeci, legate ad una maggioranza che pensa al mercato delle vacche, ricordano quelle di Crocetta....
Più che lo spettro delle dimissioni sulla Regione aleggia lo spettro di Crocetta.
In poco più di un anno le sorti del governo Musumeci sembrano essere quelle del suo predecessore: in mano ad un’Ars nella quale la maggioranza pensa più al mercato delle vacche che all’interesse dei siciliani.
E Musumeci, sia pure irritato per l’ennesimo ko del governo in Assemblea, sembra aver soltanto adombrato l’ipotesi di dimissioni, prova a salvare il salvabile, serrare le fila di una maggioranza fragile e riottosa.
Lo spettro delle dimissioni, che manderebbero a casa anche i 70 inquilini dell’Ars, servirà più da spauracchio per franchi tiratori e vecchie volpi che stanno trasformando la Finanziaria nel solito gioco di chi tira più acqua al proprio mulino.
Sulla Finanziaria, nonostante il governo regionale sia stato bocciato per tutto il pomeriggio di ieri, a quanto pare l’idea potrebbe essere quella di tirare dritto.
L’assurdità è la bocciatura dell’art.7, che avrebbe consentito alla Regione di spalmare su 30 anni il debito della Sicilia con lo Stato. Eppure il governo è andato sotto, grazie al voto segreto e ai franchi tiratori.
Così, se pure ha ragione Giancarlo Cancelleri quando ricorda a Musumeci che la maggioranza non esiste, il M5S fa un azzardo quando lancia una ciambella di salvataggio proponendo al presidente un governo tecnico come quello nazionale, dimenticando di aver detto peste e corna su Musumeci fino a poche ore fa.
Il governatore era a Roma mentre la Finanziaria affondava sotto i colpi di opposizione e franchi tiratori, ed ha convocato d’urgenza una riunione di giunta che si è tenuta in tarda mattinata.
Ad un certo punto è trapelata anche l’ipotesi di dimissioni insieme alle soluzioni alternative che passano da rimpasti in giunta, esercizio provvisorio fino a fine marzo e vertici di riconciliazione con la maggioranza.
Più che mai è irritato, giustamente, contro il voto segreto, un’arma che in Sicilia è sempre stata usata come un ricatto: “Il voto segreto si deve abolire, chi vuole bocciare le norme ci metta la faccia” spiega il governatore.
L’abolizione del voto segreto peraltro era tra le priorità del 2017, ma a quanto pare la norma si è persa per strada.
I malumori serpeggiano anche in maggioranza, perché l’aria di rimpasto si respira da mesi e sulla graticola ci sono diversi nomi (la Ippolito, Edy Bandiera, lo stesso Pappalardo in procinto di essere sostituito) ed esternamente c’è chi, come i lombardiani, iniziano a chiedere posti in giunta, soprattutto alla vigilia delle Europee.
L’urgenza, prima ancora della riforma del voto segreto, da limitare ai soli casi particolari, e prima ancora di un rimpasto, è la manovra finanziaria.
Senza quella il fallimento di un governo nato con ben altri auspici è inevitabile.
Anche il prolungamento dell’esercizio provvisorio viene visto da alcuni assessori come una sconfitta, come un cedere le armi di fronte a chi preferisce un voto nascosto piuttosto che un confronto a viso aperto.
Quanto sta accadendo riporta alla memoria lo stesso destino di Crocetta, in mano ad una maggioranza troppo simile a questa nei comportamenti. Gli ultimi anni di Crocetta sono stati caratterizzati da paventate dimissioni ogni due, tre mesi, continui ko in Assemblea, eserciti di franchi tiratori ed il consueto mercato delle vacche.
Uno stillicidio iniziato così, con le prime sconfitte sulle manovre finanziarie e con le prime minacce di dimissioni, fatte più per terrorizzare i deputati che perché ci si crede davvero.