‘Ndrangheta in salsa emozional-misterica: (pure) questo è Bang Bang Baby

‘Ndrangheta in salsa emozional-misterica: (pure) questo è Bang Bang Baby

Mario Meliado

‘Ndrangheta in salsa emozional-misterica: (pure) questo è Bang Bang Baby

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venerdì 29 Aprile 2022 - 06:55

Rilasciate ieri sulla piattaforma digitale Amazon Prime le prime 5 puntate della serie 'crime' ambientata tra Milano e la Calabria alla fine degli anni '80

REGGIO CALABRIA – Guardi la sua espressione, fissi i suoi occhi, fai caso alla sua dizione – che lascia un po’ a desiderare, d’accordo – e pensi: Arianna Becheroni, poteva esserci una persona più giusta, a interpretare la protagonista di Bang bang baby?

Azzeccatissima tabula rasa

Alice Giammateo è un’adolescente, anche perché anche la Becheroni lo è (ancora deve entrare nella maggiore età): volutamente. Perché, al di là dei corrimano con robusti upsound e inquadrature sulle mani che l’afferrano ripetutamente, al di là dell’immaginifico scenario di una giostrina come sfondo ‘ideale’ del delitto mancato attorno al quale ruota l’intera opera, il vero, determinante guizzo “a monte” del girato è aver cercato e ottimamente trovato non un’attrice fatta né tantomeno un “nome”, ma una sorta di tabula rasa.

Tempostretto si occupa di questa serie che (già fa, e) farà scalpore anche perché il leit-motiv è la ‘ndrangheta trapiantata in Lombardia. E Alice è una “figlia di famiglia” che vive insieme alla madre a Bussolengo, cittadina in provincia di Verona. Suo padre è morto ammazzato, peraltro sotto i suoi occhi, perché «era un criminale, e tutti i criminali vengono ammazzati», taglia corto la madre.

‘Ndrine, sentimenti, violenza, favola dark…

Questa giovane inesperta del mondo, improvvisamente, si ritrova però fiondata nei più cupi meandri del crimine organizzato: il padre, incredibilmente, in realtà era sopravvissuto all’agguato che gli era stato teso. E Alice, una volta appurata la verità, va a rintracciarlo, si mette in cammino fiutando la famiglia – in tutte le accezioni del termine –, segue l’odore del sangue.

Disperato amore nuovo, quanto male mi farai?, si chiede Madame nel brano scritto per la serie, L’eccezione, definito un «brano dal sound anni Ottanta» ma in realtà dal tono complessivo antecedente di un decennio, epperò con dentro l’autotune (e forse, vista la personalità dell’autrice, non ci si poteva attendere qualcosa di ‘levigato’, senza angoli singolari).

Perché quello di Alice verso un padre inusitatamente ritrovato è un amore “nero”, dai mille non-detti e che orazianamente coabita con un viscerale odio verso chi è sparito, s’è fatto credere morto e non ha più cercato la figlia per dieci interminabili anni. Ma è “nero” anche e soprattutto perché trasforma la tenera Alice in una Kill Bill de noantri, facendo leva proprio sul suo amore filiale impetuoso e incendiario, sulla sua determinazione a fare quel che c’è da fare per potersi poi godere uno spicchio di famiglia, secondo lei definitivamente in pace e senza più ‘ndrangheta “da export” a inquinare i pozzi…

Prodotta da Lorenzo Mieli per The Apartment e Wildside (entrambe società del gruppo Fremantle), la serie è creata da Andrea Di Stefano – che l’ha scritta insieme a Valentina Gaddi e Sebastiano Melloni – e vanta la supervisione artistica di Michele Alhaique, ma le singole puntate “cambiano mano”, avendo alcune la regia di Alhaique, altre quella di Margherita Ferri, altre di Giuseppe Bonito.

Soundtrack per nulla casuale. Come tutto il resto…

…Sono ancora ad aspettare, tra giocattoli e pistole…

Gli accenti non scanditi dalle parole del commento sonoro di Madame, sono scandagliati e piazzati in primissimo piano da una soundtrack studiatissima, dalla voce acida di David Byrne e il rullante ossessivo dei suoi Talking Heads in Road To Nowhere – anche perché è proprio “da nessuna parte” che sembra destinata a giungere l’emotiva Alice – al superpop della hit di Nada Ma Che Freddo Fa e soprattutto di un azzeccatissimo brano, Folle città, non certo tra i più celebrati della bagnarese Loredana Bertè («…Ma la notte non mi uccidere…») fino alla classica The Killing Moon – appunto… – firmata Echo & The Bunnymen.

In quest’opera ultradark con echi misterici, da atmosfere stranianti al richiamo alla parapsicologia, peraltro, non pare esserci un singolo aspetto lasciato al caso. E nel cast l’esperienza – e una certa dimensione internazionale – pare essere comunque assicurata dalla presenza di Adriano Giannini nell’iconico e superkitsch ruolo di Santo, lo ‘ndranghetista padre della protagonista.

Colpi di scena? Meno che nella vita della vera Miss ‘Ndrangheta

Mentre la ‘profondità’ dello storyboard è assicurato dalla circostanza che di storia vera trattasi: quella di Marisa Merico, “Miss ‘Ndrangheta”. La nonna di Marisa era nientemeno che Maria Serraino, meglio nota alle cronache come “mamma Eroina”; suo padre era Emilio Di Giovine, boss indiscusso della ‘ndrangheta di stanza a Milano; nel 1992 toccò proprio a lei, a Marisa, subentrare al padre – arrestato in Portogallo nel luglio di quell’anno – alla guida della ‘ndrina nel capoluogo lombardo. Per poi scappare in Regno Unito, per poi diventare la potentissima “banchiera delle ‘ndrine” in Svizzera…

I colpi di scena, insomma, probabilmente sono perfino inferiori rispetto all’avventurosissima vita di Marisa, la “vera” Alice, che della criminalità organizzata – al di là delle sue fughe e dei suoi rientri in patria – porta profanissime stimmate reali.

Epperò, nella serie già al “pronti, via” varie invenzioni e situazioni – per ragioni assai differenti – conquistano l’attenzione dello spettatore in modo incrollabile.

Scene e situazioni indimenticabili

Per esempio, l’abbinamento del climax delle impetuose emozioni della protagonista per la consapevolezza che il padre creduto morto in realtà è vivo è vegeto alla bulimia che verrà poi messa in chiaro, con uno, dieci, cinquanta Smarties divorati in modo compulsivo che si trasformano in un’indimenticabile pioggia-manna di Smarties che evocativamente seppelliscono Alice, a simboleggiare gli stimoli neurali che costellano il suo difficile rapporto col cibo a causa del travagliatissimo rapporto con la sua stessa vita. La poco credibile punciuta “open”, dentro l’abitacolo di un’auto.

E poi i videogame a sottolineare pure visivamente l’epoca in cui le vicende scorrono davanti agli occhi di chi guarda, ben presenti e pregnanti già nella grafica del titolo di Bang bang baby. Le “canzoni di ‘ndrangheta”, eseguite in coro pure dai boy-scout. Il discutibile dialetto reggino che, in realtà, passa con estrema disinvoltura dai napoletanismi alle allocuzioni tipiche della Locride alle immancabili storpiature in dialetto siciliano… Le prossime cinque puntate della prima stagione della serie saranno rilasciate il 19 maggio: l’attenzione è così spasmodica che per molti, questa ventina di giorni all’orizzonte, la vivranno come un semplice countdown.

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