Secondo alcune ricerche esisteva un collegio di Flamini analogo a quello di Roma
Era marcata e radicata opinione di tutti gli eruditi messinesi sino al secolo scorso che nell’antica Messina esistesse un collegio di Flamini analogo a quello di Roma.
Come si era già detto*, dal presunto atto senatorio annoverato fra i privilegi di Messina (falsissimo, ma riproducente il patto federativo fra Messina e Roma) proviene uno spunto su quale poté essere il rapporto fra la Ciuitas Mamertina e la capitale della Repubblica.
15 sacerdoti
I Flamini erano un collegio di quindici sacerdoti presenti in origine a Roma, il secondo per importanza, suddiviso in Flamines Maiores e Flamines Minores (tre e dodici), che celebravano rispettivamente l’importantissima Triade Arcaica e un dodekatheon di dei e dee molto antiche. Almeno il sommo tra di essi, il Flamine Diale, portava la toga pretesta, veniva scortato da un littore e sedeva sulla sella curule – prerogative prettamente politiche – ma in alcune raffigurazioni (Ara Pacis) i Flamini in cerimonia compaiono con una mantella purpurea su tunica bianca e mitra a cuffia in capo.
Cattedrale di Messina
Queste tutte usanze che fino al Cinquecento parevano davvero traslate sul Capitolo della Cattedrale di Messina, ossia il consesso dei prelati più importanti nella diocesi; essi (i Canonici), oltre a sfoggiare paramenti similari a quelli flaminici e ad averne alcune prerogative, erano quindici, e tra loro alcuni erano più insigni – il Decano, il Cantore e l’Arcidiacono –, tre, esattamente come i Flamini Maggiori!
Sappiamo che nel periodo mamertino si trasferirono a Messina molte caratteristiche della cultura italica, spesso parallele a quelle romane. Diversi antropologi rintracciano nell’ordine dei Flamini la funzione del sacerdozio totale originaria dei popoli arii, perciò è possibile che una sorta di collegio flaminico fosse stato introdotto dai Mamertini già prima del trattato con Roma, per poi completare l’assimilazione dopo d’esso.
I Flamini
Chi erano questi Flamini? Descriveremo le loro deità, proponendo i suggestivi significati dei loro nomi che suggeriscono anche la loro sfera d’influenza. I Flamini Maggiori officiavano gl’importantissimi culti di Giove (“Padre del cielo diurno”), Marte (“Rovesciatore della battaglia”) e Quirino (“Reggitore di lancia”); i Flamini Minori rendevano culto a Carmenta (“Cantrice”), Cerere (“Colei che accresce”), Portuno (“Quello del porto”), Vulcano (“Scintillante”) – mancano due nomi –, Volturno (“Scirocco”), Palatua (“Quella delle paludi”), Furrina (“Colei che fa ribollire”), Flora (“Fiorente”), Falacro (“Celeste”) e Pomona (“Signora dei frutti”); per due i numi mancanti all’appello sono stati suggeriti Virbio (“Verdeggiante”), Diana (“Diurna”), Saturno (“Seminatore”), Nettuno (“Umido”), Fonto (“Fonte”), mentre qualcuno sostituisce Salacia (“Marina”) nell’undicesima posizione.
Pantheon
Gli dei e le dee di questo elenco trovavano solo in minima parte figure analoghe nel pantheon messanense, perciò è improbabile che la lista fosse la medesima; invece, i quindici sacerdoti celebravano in onore di quindici deità quasi tutte diverse da quelle del canone romano. Nella religione siculo-ellenica vigente in Messana, al vertice del pantheon c’erano gli Olimpi, un gruppo di deità il cui numero di dodici non variava mai (Dodekatheon) ma i cui componenti differivano a seconda della regione, non attribuendosi la stessa importanza agli stessi numi.
A Messina, i candidati alla lode flaminica e al consesso degli Olimpi possono essere individuati fra le deità della cui adorazione abbiamo prova: Zeus (“Cielo diurno”), Apollo (“Tiratore”), Ares (“Maledizione”, Marte), Demetra (“Madre-terra”), Krono (“Corvo”), Poseidone (“Marito della terra”), Eracle (“Gloria dell’Aere”), Asclepio (“Datore di bene”), i palici Castore (“Castoro”) e Polluce (“Molto dolce”), Venere (“Desiderio”), Peloria (“Prodigiosa”), Adrano (“Infuocato”, Vulcano), Ermete (“Marcatore”), Artemide (“Augusta”). I numeri ci sono perché sussistesse un ordine di Flamini in Messina mamertina.
Non era infrequente nelle province della Repubblica (e dell’Impero poi) incontrare gruppi di flamini, talvolta sacrificanti in nome degl’imperatori divinizzati, altre volte in nome d’un pantheon locale, ma la particolarità di quelli zanclei sarebbe stata l’essere un’istituzione del tutto parallela a quella romana.
In altre zone dell’Impero, quando fu imposto il Cristianesimo, le funzioni flaminiche non furono abolite; anzi, certi flamini si convertirono alla nuova religione e continuarono a svolgere le proprie mansioni. Forse lo stesso passaggio si verificò a Messina, con la conversione dei Flamini e la loro successiva ricapitolazione come Canonici della Protometropolitana.
Il collegio di Messina
Oggi collegare direttamente i Canonici ai Flamini risulta impossibile; infatti, nel Cinquecento il numero fu accresciuto a ventiquattro e nel Seicento scese a diciotto, fino all’odierno totale di sedici; come se non bastasse, il vecchio abbigliamento del Capitolo è stato soppresso. Ma se le memorie tramandateci non mentono, Messina ebbe per secoli un collegio di Flamini che mantenne, trasformato, fino a mille anni dopo che tutti gli altri erano svaniti.
* Vedasi l’articolo “L’antico sacerdozio messinese in epoca romana” del 22/07/19.
Daniele Ferrara