Triscele, nulla di fatto dalla riunione in Prefettura. La Cgil: "Ora si passa alle maniere forti"

Triscele, nulla di fatto dalla riunione in Prefettura. La Cgil: “Ora si passa alle maniere forti”

Francesca Stornante

Triscele, nulla di fatto dalla riunione in Prefettura. La Cgil: “Ora si passa alle maniere forti”

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giovedì 22 Novembre 2012 - 15:08

"L'incontro è andato malissimo - afferma Giovanni Mastroeni, segretario di Flai Cgil -". Il gruppo Faranda si è presentato ma ha ribadito quanto scritto nella lettera già inviata al Prefetto: "Priorità alla vendita dei terreni". I 41 lavoratori dal 31 dicembre resteranno senza alcun sussidio. La protesta continua

Un faccia a faccia durissimo, due ore di confronto serrato, nessuna soluzione trovata. E’ servito solo a far salire ancor di più la tensione l’incontro di oggi in Prefettura tra sindacati, lavoratori e i vertici del gruppo Faranda. La vertenza Triscele sembra davvero senza via d’uscita, ormai è davvero scontro aperto tra azienda ed ex dipendenti.

Al termine della riunione è stato amaro il commento di Giovanni Mastroeni, segretario della Flai Cgil: “questo incontro è andato malissimo, adesso si passa alle maniere forti”. Questa volta il gruppo Faranda si è presentato all’incontro convocato dal Prefetto, a differenza di quanto era accaduto lo scorso 15 novembre. La lettera che però era stata recapitata ieri in Prefettura e ai sindacati aveva già fatto pensare al peggio. In buona sostanza il gruppo Faranda non ha mostrato nessun segnale di apertura e di dialogo verso i sindacati e ha ribadito le proprie ragioni che tra l’altro erano state illustrate nel documento di ieri.

I 41 ex lavoratori a questo punto non sanno davvero cosa accadrà. Continuano a sentirsi presi in giro dall’atteggiamento dei proprietari della Triscele perché i patti non erano questi, ripetono anche oggi. Hanno atteso la fine dell’incontro sotto la Prefettura dove oggi avevano spostato il presidio che da oltre una settimana va avanti fuori dai cancelli degli ex stabilimenti di via Bonino.

A quanto pare il gruppo Faranda non è intenzionato a rivedere i suoi progetti. Ottenuto il cambio di destinazione d’uso dell’area di via Bonino, i lavoratori attendevano il piano industriale che avrebbe spostato altrove la produzione di birra e dato loro la possibilità di tornare a lavorare. Ripetono che era questa la condizione essenziale per ottenere il piano. I Faranda però hanno smentito categoricamente, già con la lettera di ieri, precisando che se non prima saranno venduti quei terreni non sarà disponibile alcuna copertura finanziaria per pensare ad un piano industriale. Poi si dovrà provvedere al saldo dei debiti accumulati e solo dopo si potrà avviare un percorso di studio ed elaborazione del piano industriale.

Già nei giorni scorsi sindacati e lavoratori avevano parlato di un vero e proprio stravolgimento degli accordi, l’incontro di oggi è praticamente servito per prendere atto che dal gruppo non c’è nessuna apertura. Oggi pomeriggio nel saloncino della Cgil riunione tra lavoratori e sindacalisti, ci sono anche Cipriano della Cisl e Orlando della Uil, per decidere come continuare la protesta. La certezza è che il 31 dicembre scadrà la cassa integrazione in deroga e di questo passo i 41 ex Triscele resteranno senza lavoro e senza sussidi.
(Francesca Stornante)

8 commenti

  1. “gli accordi non erano questi”… se ci sono degli accordi scritti non vedo dove possa essere il problema. la verità è che credo non ci sia nulla di scritto.

    come sempre i lavoratori, mal consigliati dai sindacati, si sono fidati di parole che poi sono state probabilmente “reinterpretate”.

    questa città è allo sbando anche a causa di una classe sindacale poco attenta. ai tempi delle pressioni per ottenere il cambio di destinazione d’uso dell’area triscele sarebbe bastato farsi mettere per iscritto l’accordo… ma così temo non sia stato.

    di chi è la colpa?

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  2. ho riletto l’articolo di ottobre 2011 http://www.tempostretto.it/news/apribottiglie-parco-trinacria-manterr-vita-triscele-parola-faranda.html

    anche allora si parlava di operazione di slavataggio da fare con i “proventi” dell’operazione immobiliare… dunque credo che la proprietà sostenga il vero e che i lavoratori, molto male assistiti, non siano nelle condizioni di parlare di “cambio delle carte in tavola”. sono loro ad avere capito male…

    rileggete l’articolo del 2011… sottocapitolo “la promessa” settima riga.

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  3. dai Genovese assorbi i lavoratori e rilancia …la Birra !!

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  4. Giusto!!!
    Apprezzo il sugerimento fatto da “ggr61” ,io estenderei l’invito anche ad altri facoltosi imprendiotori così potranno dimostrare con i fatti la loro Messinesità.

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  5. Ho letto…ma sarebbe stato meglio dire: la birra a messina riparte -SE- vendiamo TUTTI gli appartamenti e certamente NON SARA’con gli stessi dipendenti (perchè non si può garantire la CIG vita natural durante).
    Non so se i lavoratori avevano capito male ma il “pezzo” dell’anno scorso di TS diceva così…
    Ad ogni buon conto perchè i Faranda non hanno tentato altre strade? Una Joint venture (no, non è una brutta parola…)per esempio con qualche grande marchio (non la Heineken…ovviamente)che possa garantire “liquidità fresca” e quindi nuovi investimenti per la realizzazione di un nuovo stabilimento.

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  6. puzza di bruciato 22 Novembre 2012 21:22

    Ho saputo ke a molti imprenditori di fuori hanno negato gli spazi per fare rinascere la birra a messina, e sembra inoltre che da un momento all’altro nascerà qualche cosa, sembra, creato da imprenditori locali… speriamo ke sia vero; anche perché non avendo una sede non avendo un marchio e con gli imprenditori che si vogliono defilare la vedo molto dura per questi lavoratori.. cmq auguri di cuore…

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  7. Si Vabbè, possono fare 20 palazzine e assumere manovali. Questa è l’unica sola cosa che sanno fare gli imprenditori messinesi

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  8. il mio intervento non era a difesa di una famiglia di imprenditori che, come tutti gli imprenditori “moderni”, guardano solo al profitto e non al bene sociale.

    volevo invece puntare l’attenzione sulla superficialità/inadeguatezza dei sindacati.

    in ogni caso ho ripreso un articolo dal quale si evidenziava fin da allora l’eventuale volontà a fare qualcosa solo dopo avere monetizzato. io non avrei mai concesso la variazione di destinazione d’uso, e avrei insistito per la cessione d’azienda (ove possibile).

    comunque, bisognava sottoscrivere un accordo, e mi pare che non ci sia nulla di scritto.

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