La riflessione di Pino Currò sull'attuale momento di emergenza sanitaria, sulle nostre paure e sulle nostre speranze
Di seguito la riflessione di Pino Currò, coordinatore delle associazioni del tavolo sull’autismo in merito all’emeregenza sanitaria.
Quando ne usciremo non saremo più come prima. Ogni epoca ha avuto dei cambiamenti traumatici. Possiamo attribuirne la causa a chi vogliamo a seconda se ci ispiriamo ad un credo religioso o a motivi socio economici o alla mala sorte, o alla inarrestabile decadenza della nostra civiltà non più in grado di garantire tutte le compatibilità in un mondo troppo frastagliato e contraddittorio. Certo leggerlo sui libri è una cosa. Altra cosa sperimentare in diretta TV giorno per giorno i drammi attuali della nostra epoca, dai cambiamenti climatici ad una infezione come il Coronavirus che corre alla velocità della luce.
Il Coronavirus ci fa paura
Siamo troppo abituati ad assistere a catastrofi naturali di enormi proporzioni , ad eserciti che si fronteggiano procurando morti e distruzioni, oppure a file interminabili di migranti che fuggono dalle loro terre, a muri e fili spinati che si ergono per impedire che fiumane umane si travasino in spazi non propri. Sempre stando comodamente seduti su un divano non ci coinvolge più di tanto, poichè non ci tocca da vicino. Anzi funziona da ammortizzatore. Siamo troppo avvezzi a sentire eventi spaventosi come lontani, come cosa d’altri. Il coronavirus invece ci fa paura, tanta paura poiché oltrepassa le frontiere. Non ci sono le alleanze, gli eserciti , gli interessi economici come deterrenti che ci proteggono. E poi la morte è uguale per tutti. Belli o brutti, ricchi o poveri, colti o ignoranti. Nei secoli questi segni dei tempi si sono avvicendati inesorabilmente, scompigliando poteri secolari, creando nuovi ordini e nuovi equilibri. Soprattutto creando nuove correnti di pensiero. Ma ancora non siamo riusciti a capire se ne abbiamo tratto nuovi insegnamenti. Se successivamente a tali stravolgimenti si sia determinata una società più giusta.
Cosa possiamo aspettarci?
La domanda di oggi è : Cosa possiamo aspettarci noi, popoli disincantati, quando tutto questo finirà ? Proprio perchè desideriamo che finisca al più presto. Nessuno si pone tale interrogativo. Si aspetta e basta. Certo il cambiamento con cui dovremo fare i conti non avverrà a seguito di una rivoluzione sociale cercata o subìta. Si dice : non è indotta dall’uomo. Ma ne siamo proprio sicuri ? Assistiamo impotenti ai resoconti dei vari telegiornali, che ora per ora sciorinano, come un bollettino di guerra, dati sugli infettati, sui morti e sui guariti tutti in crescente aumento, arricchiti con una certa enfasi, o con un certo compiacimento da quelli che ci pervengono dalle altre nazioni europee o extra europee, come a dire: vedete non siamo i soli, come una certa propaganda interessata voleva far credere. Anche gli altri patiscono come noi. Siamo finalmente in buona compagnia. Noi, i soliti italiani, additanti come gli untori responsabili, di aver diffuso fu scala mondiale il morbo, non l’arte eccelsa di cui siamo maestri e apprezzati in tutto il mondo. Come è apparso sulla mappa diffusa dalla CNN. Gli avvoltoi sono sempre alla finestra. Tanto prima o poi la peste passerà e qualcuno, molto più di altri ne raccoglierà i profitti. Ora, proviamo a fermarci un po’ e a non farci sommergere dei dati. E non per ribadire come hanno fatto molti infettivologi che ogni anno le influenze stagionali mietono molto più vittime. In una situazione normale avremmo accolto di buon grado tali osservazioni.
Il segno dei tempi
Proviamo a interrogarci su questo segno dei tempi, se è vero, come è vero che il virus si può debellare, se, come in tanti si affannano a ribadire o a rassicurare, riusciamo a mantenere la calma e il sangue freddo. Non è per caso se ultimamente, accanto agli addetti ai lavori, medici e uomini politici, si sono affiancati : psicologi, filosofi, sociologhi e terapeuti dell’anima. Tutti protesi a fornire delle spiegazioni che si distaccano profondamente dai contesti dei vari scienziati fino ad ora chiamati in causa. Qualcuno considera oziosi tali dissertazioni, fuorvianti rispetto all’osservanza delle prescrizioni igieniche oltre a quelle di non muoversi in contesti affollati. Ma, pensandoci bene, quest’ultime col tempo ci appariranno non più esaustive, se le infezioni, come pare, lentamente ma progressivamente continueranno a diffondersi. Naturalmente bisogna nutrire un profondo rispetto verso chi è chiamato ad assumersi grandi responsabilità verso milioni di persone, cercare di evitare sterili polemiche o improvvisarci esperti. Non siamo più nei tempi in cui si attribuiva la causa di tali eventi a fattori esterni, alla punizione di un Dio ormai stanco di sopportare le isterie umane. Oggi siamo molto consapevoli che i grandi disastri derivano dalla mano dell’uomo. Nel momento in cui la Scienza, cui ci si siamo affidati totalmente, si dichiara impotente, vale ancora la legge del più forte. Le regole oggi le detta sempre di più l’Economia, la Finanza e i poteri emergenti. E ciò che viene messa in continua crisi sono i vari trattati, le alleanze e le appartenenze che si richiamano al mutuo soccorso. Gli accordi europei appaiono sempre di più insufficienti a fronteggiare crisi di grandi proporzioni. Come è già successo qualche anno fa con la Grecia. Salvo poi a piangere lacrime di coccodrillo. Il sovranismo additato come responsabile di tante politiche autoctone esiste già, camuffato, nelle direttive assunte dalle Nazioni europee che si rifiutano di venire in soccorso delle Nazioni più deboli. Ecco perché la posta in gioco è molto più alta. Si è detto tante volte che l’Italia è troppo grande e importante per fallire. Ma si può metterla in ginocchio.
Cosa possiamo fare?
Ecco perchè è importante capire come ne usciamo e saprattutto, oggi, sapere cosa possiamo fare. Noi, popolo dal multiforme ingegno che si è sempre contraddistinto nei secoli per questa sua capacità di unire l’ingegno alla creatività. Sembra che tutto si sia fermato. Siamo frastornati, inebetiti, stravolti, incapaci a pensare. Prevale il senso di abbandono di chi ha buttato la spugna. A questo punto occorre che ognuno faccia la sua parte, vincendo le tante paure, soprattutto quella di non farcela, di non essere capaci di risollevarsi. Non si tratta di sottovalutare il male oscuro. Occorre uscire dalla visione prettamente sanitaria per riappropriarsi di quella sociale legata al grande spirito di solidarietà di cui ha già dato grandi dimostrazioni il popolo italiano. E quindi riconoscersi finalmente popolo, senza svilire o peggio denigrare ciò che si è riusciti a costruire. Troppo spesso siamo stati i peggiori nemici di noi stessi. A livello politico occorrerebbe finalmente che tutti remassero nella stessa direzione, superando diatribe e steccati ancestrali, che non hanno consentito a un vecchio modo di far politica di valorizzare i risultati apprezzabili raggiunti. La differenza rispetto al passato e alla nostra capacità di risollevarci sta tutta qua. Su quali solide basi pensiamo di ricostruire la nostra identità, la nostra convivenza e il nostro futuro. Ma oggi più che mai, nonostante i diversi tentativi di alcune Nazioni di ritagliarsi spazi privilegiati, dobbiamo sapere che, fin tanto che le carte da giocare rimangono sempre in un contesto europeo, come sono convinto, deve essere chiaro a tutti i Paesi dell’Unione che nessuno si salva da solo. Lo dimostra chiaramente il Virus che avanza e che contagia tutti. Potremmo dire fortunatamente. Solo così si potrà capire fino in fondo che occorre una sforzo collettivo, che può essere contrassegnato solo dalla solidarietà tra le Nazioni. Questa è l’occasione buona per dimostrarlo e battere nei fatti i vari sovranismi. Occorre comunque una grande consapevolezza da parte di tutti. Dobbiamo sapere, se abbiamo tratto insegnamento dalle tante recenti battaglie a livello planetario per contrastare i profondi mutamenti climatici, che siamo di fronte ad una Scelta di Civiltà. Dicevo che non saremo più come prima. Dobbiamo essere padroni di un Nuovo Umanesimo, in cui al centro vi è sempre l’Uomo. Ma svincolato dai dogmi della globalizzazione come siamo stati abituati fino ad ora a concepirla, a sopportarla e direi anche a supportarla. Alla fine delle ideologie, tanto deprecate, non abbiamo saputo contrappore nulla. Altri, o meglio quelli di sempre, sotto altre spoglie si sono appropriati delle nostre vite, dettando le regole Occorrerà ripensare tutto. Proprio quando tutto sembra così difficile, se non perduto, si può risollevare la testa. Si può cominciare da subito, nel silenzio delle nostre case ove oggi ci vediamo costretti. Vivere il silenzio non può essere una costrizione. Riappropiamoci della nostra vita riprendendo a riflettere su ciò che siamo diventati. Per essere pronti a ricominciare a fare movimento e far sentire forte la nostra voce, nelle strade e nelle piazze, dalle quali oggi siamo stati estromessi. Ma per far questo occorrerà essere di nuovo in tanti ed avere le idee chiare. Così facendo potremo essere in grado di contrapporre al pensiero globalizzante la Coscienza collettiva che ci rende liberi.
Messina, 7 Marzo 2020 Pino Currò