I passaggi salienti del provvedimento del Riesame sulla politica in sanità e la guerra delle nomine all'Asp Messina
MESSINA – Bernardo Alagna non va sospeso perché non c’è traccia, nelle indagini, dell’accordo tra i due che avrebbe portato alla nomina del manager a direttore sanitario dell’Asp 5. La pensa così il Tribunale del Riesame di Messina che in una ventina di pagine spiega perché ha confermato il no, già espresso dal giudice per le indagini preliminari, alla richiesta della Procura di “congelare” il dg, poi dimessosi dalla carica, e altri tre medici sospettati di truffa per l’attività svolta durante il periodo covid.
Nel provvedimento, che in sostanza da ragione nel merito ai difensori, gli avvocati Sandro Pruiti, Flavia Maria Buzzanca, Alessandro Cattafi, Rosario Lanzetta e Ferdinando Di Franco, il Riesame (presidente Vermiglio) ripercorre alcune vicende respingendo la tesi della Procura di Messina soprattutto in relazione ai fatti che secondo l’Accusa integrano i reati contestati, proprio partendo dalla disamina della natura del reato contestato. Respinte invece altre eccezioni dei difensori, in particolare quelle relative alle intercettazioni telefoniche.
Ecco alcuni passaggi salienti, che ricostruiscono vicende politiche e sanitarie importanti, per Messina e la sua provincia.
Dino Alagna era già direttore sanitario quando è diventato anche direttore generale e commissario. E’ successo perché La Paglia è andato via, circostanza non programmabile né dipesa né dalla sua volontà né da quella del presunto padrino politico di entrambi, l’onorevole Tommaso Calderone.
Se anche l’esponente politico ha caldeggiato la sua nomina, questa non è dipesa da lui né ce n’è traccia, nelle indagini dell’accordo “corruttivo” tra i due per la nomina a direttore sanitario.
La nomina di Sindoni
Questo anche malgrado le conversazioni “confessioni” del collaboratore di Calderone, Alessio Arlotta, intercettato al telefono a spiegare alla segretaria di Alagna che il manager deve adottare questa o quell’altra decisione proprio perché è lì non “in virtù del Vangelo ma perché ce lo ha messo lui”. Poi c’è la vicenda della nomina di Domenico Sindoni, al cui posto Calderone voleva De Marzo. Ma il dg ha deciso di preferire il candidato di un altro politico.
La nomina a commissario di Alagna, quindi, non avviene per l’apporto determinante di Calderone. Ma, scrivono i giudici, se la “vendita” delle sue funzioni c’è stata, l’accordo va spostato temporale te in avanti e riguarda le delibere adottate da commissario. Una lettura organica del materiale probatorio prodotta dall’accusa, quella operata dal Riesame, che porta a rintracciare comunque la corruzione ma in fatti che la Procura non contesta, quindi il risultato è che non è comunque applicabile la misura.
Le intercettazioni sull’onorevole Tommaso Calderone
Ancora: le conversazioni telefoniche intercettate nell’ambito delle indagini per 416 bis a carico dell’esponente politico barcellonese sono utilizzabili, a differenza di quanto sostengono i difensori, ma queste non provano comunque l’accordo tra i due. L’inchiesta è stata avviata cinque anni fa e non sembra aver trovato risvolti concreti, alla fine degli accertamenti.
Un altro passaggio: la vicenda dell’attivazione del covid hospital a Barcellona: era previsto nel decreto assessoriale del 2020, quindi ben prima della richiesta dell’onorevole Calderone a l’ex dg Paolo La Paglia.
Commento??? e che si deve commentare! la storia si ripete sempre la stessa, secchi di m…. sulle persone e poi??? nulla di fatto!!! vergogna, sempre e solo vergogna!!!