L’assessore comunale alle manutenzioni stradali invoca la necessaria modernizzazione della struttura comunale e bacchetta certi comportamenti "anacronistici" dei dirigenti
L’assessore comunale alle manutenzioni stradali, Pippo Isgrò, torna ad indossare gli abiti del professore (lo è davvero presso l’istituto nautico) e sale in cattedra per inculcare nozioni di “modernità” ai dirigenti comunali, ancorati a pratiche e comportamenti professionali anacronistici. Con una nota indirizzata ai dirigenti agli Immobili comunali, agli Impianti sportivi, alla manutenzione strade, alle urbanizzazioni, all’ufficio personale ed al segretario generale, Santi Alligo, l’esponente della giunta Buzzanca invoca la modernizzazione della macchina amministrativa troppo spesso ostacolata da dirigenti legati a «sterili formalismi». Questo il testo della nota:
«L’organizzazione del lavoro e la gestione delle risorse umane sono materie difficili da calare nelle realtà delle Pubbliche Amministrazioni. A mio modesto parere, è giunta l’ora di superare gli anacronistici sbarramenti dei vecchi mansionari ed operare positivamente per la modernizzazione della macchina amministrativa comunale della nostra città. Chi scrive comprende bene che operare fuori dagli schemi tradizionali, – ma comunque nell’alveo della assoluta legittimità – può disorientare e determinare la reazione di un sistema autoreferenziale improntato ai formalismi, alle prassi ed alla rigida separazione delle funzioni e preservazione dei ruoli piuttosto che alla efficienza, alla economicità ed alla flessibilità nonché alla valorizzazione delle risorse umane e professionali. Sono note a tutti le difficoltà che incontra l’Amministrazione nella sua azione quotidiana: i ridotti trasferimenti erariali, la necessaria e meritoria azione di risanamento finanziario nonché i vincoli di spesa imposti dal patto di stabilità interno, in particolare sul versante del personale, impongono una riconsiderazione dei processi operativi ed una ottimizzazione delle risorse umane. Ho assoluta consapevolezza degli ambiti di competenza che il vigente ordinamento riserva agli assessori ed ai dirigenti; e si è sempre operato nel rispetto delle prerogative dei dirigenti intendendo, però, la diversificazione delle funzioni non in una configurazione da “separati in casa” ma nella logica di una integrazione virtuosa ed equilibrata di politica e gestione. Perché ciò possa realizzarsi è necessario, a parere di chi scrive, che tutte le componenti condividano gli stessi obiettivi e metodi e svolgano il loro ruolo utilizzando al meglio e con intelligenza tutti gli strumenti e le risorse loro offerti dall’ordinamento, affrancandosi dalla sterile rivendicazione di ruoli e funzioni nell’interesse preminente dell’Amministrazione e della qualità dei servizi offerti alla città.
Nessun dirigente può ingessare con sterili formalismi la capacità operativa della struttura affidata alle sue cure e ciò solo per salvaguardare la dignità del ruolo e, forse, per essere gradito, a chi, fra i dipendenti, guarda con diffidenza ed osteggia tutte le innovazioni che possano mettere in discussione antichi benefici e privilegi. Sui dirigenti grava l’obbligo di governare il personale e di assicurare all’Amministrazione i risultati loro affidati ! Nessun assessore deve invadere le sfere delle prerogative dei dirigenti; è un preciso dovere e responsabilità degli assessori utilizzare tutti gli strumenti disponibili per rimuovere le incrostazioni amministrative residuali, la impossibilità di reperire il dirigente o un responsabile e la mancata predisposizione di un sistema operativo immediato, possono e devono dettare i comportamenti legati alle emergenze. La criticità delle situazioni non tollera i tempi tradizionali delle procedure; e poi, perché attivare ditte esterne, con maggiori oneri, quando in house – solo a saperle o a volerle cercare – ci sono le soluzioni per soddisfare gli interventi. Ritengo ingenerose ma anche ingiustificate la censure indirettamente rivolte ai dipendenti comunali che, responsabilmente e con non comune senso dell’amministrazione, si sono resi disponibili per interventi emergenziali offrendo, al di là delle etichette e dei profili professionali, le loro capacità operative. A loro il ringraziamento e la gratitudine dell’amministrazione per l’impegno disinteressato profuso. Ma l’amministrazione – ritengo – per risolvere i problemi emergenti, non può affidarsi alle sensibilità individuali ma deve strutturare il proprio ordinamento codificando comportamenti ispirati ai principi della flessibilità e della ottimizzazione della proprie capacità operative. La carenza di personale, in particolare esecutivo, impone una equilibrata applicazione dei principi della fungibilità delle prestazioni.
Da tempo, anche le norme contrattuali hanno superato le vecchie rigidità legate ai mansionari, introducendo il principio delle fungibilità ed esigibilità delle prestazioni riconducibili alla medesima categoria di inquadramento. L’art. 3, secondo comma, del CCNL dei dipendenti degli enti locali del 31 marzo 1999 così recita “Ai sensi dell’art. 56 del d. lgs. 29/1993, come modificato dal d. lgs. n. 80 del 1998, tutte le mansioni ascrivibili a ciascuna categoria, in quanto professionalmente equivalenti, sono esigibili”. Si legge in una sentenza: “ … è stata adottata una concezione avanzata, flessibile e più dinamica della professionalità, una concezione che ha riguardo più che al patrimonio, alle capacità potenziali del lavoratore (alla sua abilità lavorativa) ed alla dignità professionale delle mansioni, in stretta coerenza con gli obiettivi dichiarati dalla riforma (di massima flessibilità e di valorizzazione delle professionalità); obiettivi che non si perseguono assicurando la cristallizzazione del dipendente nello stesso posto o in mansioni similari sine die, bensì prevedendone lo sviluppo, sollecitandone le potenzialità anche in mansioni differenti, ma altrettanto importanti, in relazione alle indispensabili innovazioni da introdurre nel settore e garantendo idonei percorsi formativi”. Il principio deve trovare applicazione: sicuramente si renderà necessario regolamentare la materia adeguando anche la struttura organizzativa alla nuova impostazione; saranno necessari momenti di coordinamento che permettano di creare le necessarie sinergie operative tra strutture diverse.
Anche il sistema degli incentivi deve essere riconsiderato affinchè venga finalmente affermato un meccanismo premiale che, abbandonando l’erogazione a pioggia, dia i giusti riconoscimenti economici sulla base di verifiche obiettive di risultati concreti e misurabili. Il decreto 150/2009 (meglio conosciuto come decreto Brunetta), con la sua entrata in vigore a regime, offrirà una utile opportunità. Mi auguro che questa nota sortisca i risultati desiderati e cioè l’inizio di una modernizzazione della macchina amministrativa condivisa tra le forze sindacali e le realtà dirigenziali».