Definitiva la condanna a 10 anni per Francesca Piccilli, che aveva ferito il giovane 10 giorni prima della morte. Per l'avvocato Favazzo è una sentenza ingiusta
Va in carcere Francesca Piccilli, la 34enne di Sant’Agata Militello ritenuta colpevole della morte del fidanzato Benedetto Vinci, avvenuta nel 2012. Oggi le è stato notificato il provvedimento che le impone di scontare dietro le sbarre la pena di 10 anni e mezzo, diventata definitiva, e la ragazza si è costituita al carcere di Bollate.
“Definire la condanna ingiusta appare riduttivo – commenta l’avvocato Nino Favazzo, che lancia un appello chiaro – Qualcuno, ben conoscendo i fatti per averli appresi dalla vittima durante il ricovero ospedaliero, non ha avvertito la esigenza di testimoniare in giudizio, venendo meno ad un preciso dovere. Se chi sa, si deciderà a parlare, all’esito di un giudizio di revisione, la originaria contestazione di omicidio volontario pluriaggravato, potrà essere riqualificata non più in termini di omicidio preterintenzionale, come fin qui avvenuto, ma piuttosto in quella di lesioni personali colpose o al più, di omicidio colposo, in concorso con i sanitari che, per ben dieci giorni, hanno avuto affidato in cura Benedetto Vinci, senza accorgersi della lesione riportata. Non impunità si invoca per la giovane santagatese, ma la applicazione di una pena che tenga conto della sua effettiva responsabilità. Chi sa, dunque, non abbia remora a parlare.”
Poco meno di un anno fa la Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria, chiamata a decidere su rinvio della Corte di Cassazione, che aveva annullato la condanna di secondo grado a 14 anni, ha rideterminato la pena con un ulteriore sconto di pena, ma confermando l’accusa principale.
Benedetto aveva 25 anni quando è stato trovato senza vita nel letto della sua abitazione dalla madre e dalla sorella, che abitano nella centralissima via Campidoglio di Sant’Agata, il 14 marzo di sette anni fa. Al mattino non si era svegliato e i familiari, preoccupati, sono entrati nella sua stanza. Il ragazzo infatti 10 giorni prima, al culmine di una lite con la fidanzata, era stato colpito da lei all’addome con un coltello. Una ferita che inizialmente non sembrava gravissima, ma che ha richiesto il trasferimento del giovane all’ospedale Cervello di Palermo, dove era stato operato.
Da lì era stato dimesso pochi giorni prima e, anche se ancora convalescente, sembrava stare meglio, al punto che alla scoperta del suo corpo senza vita si fanno diverse ipotesi, dal suicidio al malore. Si valuta anche l’ipotesi che in ospedale le cose non siano andate come avrebbero dovuto, tanto che vengono indagati sei medici della struttura sanitaria palermitana. Presto, però, emerge anche il sospetto che possa trattarsi di una complicanza della ferita provocata dalla fidanzata, e Francesca viene arrestata.
Il processo svoltosi a Messina, con i familiari della ragazza da un lato, assistiti dagli avvocati Pippo Mancuso e Alessandro Nespola, e quelli del giovane scomparso dall’altro, presenti a tutte le udienze, a distanza, dopo anni di pacifica convivenza come compaesani e familiari comuni di una giovane coppia, ha snocciolato i momenti più drammatici e delicati della vicenda.