Tutti i dettagli e gli ultimi sviluppi dell'indagine sulla sparatoria del 2 gennaio a Messina, al vaglio i risultati sul Dna e le impronte
MESSINA – Primo atto chiuso, nell’inchiesta sul duplice omicidio di Camaro del 2 gennaio scorso. Il giudice per le indagini preliminari Fabio Pagana ha infatti chiuso l’incidente probatorio nell’ambito del quale sono state “cristallizzate” le prove che arrivano dalle analisi scientifiche sulle tracce di sangue e Dna prelevate in via Eduardo Morabito e sul motorino rinvenuto dagli investigatori sui colli Sarrizzo e che, secondo le ipotesi, è quello su cui si è allontanato Costantino subito dopo la sparatoria, prima di far perdere le proprie tracce e rifugiarsi in Calabria, dove è stato catturato il 9 aprile scorso.
Il risultato delle analisi
L’indicazione più incisiva che arriva da questa parentesi degli accertamenti sembra essere quella che quanto meno Giuseppe Cannavò è entrato in casa di Claudio Costantino, come lui stesso ha raccontato, visto che i periti hanno rintracciato le sue tracce all’interno dell’abitazione dell’ex latitante. Nessuna traccia utile, invece, sul due ruote. Adesso la palla torna alla Procura, che può decidere se proseguire o concludere qui l’indagine, mettendo agli atti queste perizie scientifiche, che essendo già passate al vaglio del confronto tra avvocati, Procura e giudice, può essere considerato acquisito.
L’incidente probatorio
All’udienza stamane per gli inquirenti c’era il procuratore aggiunto Vito Di Giorgio, che coordina il caso sin dall’inizio, gli avvocati Cinzia Panebianco, Angela Martelli e Filippo Pagano – rispettivamente per la famiglia Portogallo, il padre di Giovanni – collaboratore di giustizia – e Costantino (co difeso dall’avvocato Carlo Taormina). Il GIP Pagana ha sentito i consulenti, la dottoressa Paola Di Simone direttore tecnico superiore biologo della Polizia, in servizio al laboratorio di genetica forense della Polizia Scientifica di Palermo e l’ispettore Ferdinando Mori, ispettore della Polizia scientifica di Catania. I due sono stati poi interrogati anche da Pubblico Ministero e avvocati, ed hanno confermato la presenza, all’interno dell’abitazione del Costantino, di tracce di natura ematica riconducibili al profilo genetico di Cannavò appunto. Confermati anche i rilievi sull’Honda Sh di Costantino, dove c’erano appunto soltanto tracce del proprietario, nessuna di Cannavò e Portogallo.
In udienza c’era anche Costantino, che ha voluto partecipare in presenza. L’uomo è dietro le sbarre del carcere di Gazzi, fino ad oggi i suoi legali non hanno avanzato alcuna richiesta di scarcerazione, ma alla fine delle indagini il quadro potrebbe cambiare. Dopo la cattura ha lui stesso ammesso quello su cui gli investigatori avevano pochissimi dubbi: ha aperto il fuoco contro chi era entrato in casa sua.
Fu legittima difesa o regolamento di conti?
In ballo c’è in sostanza la sua versione, quella sulla legittima difesa, e quanto questa peserà sul futuro processo. Costantino parla infatti di legittima difesa, appunto, racconta un agguato teso dai due che hanno fatto irruzione nella sua abitazione, armati, e di lui che ha aperto il fuoco per reazione. La prima ricostruzione degli investigatori, invece, sembrava indicare una sparatoria avvenuta non appena i due si sono avvicinati all’abitazione del trentasettenne, che ha sparato loro di spalle, mentre cercavano di fuggire.
Il terzo uomo e i cellulari
Intanto le indagini sono ancora aperte, e mirano a ricostruire anche gli appoggi alla sua latitanza. Sono ancora in corso, poi, gli accertamenti sui tabulati telefonici estratti dai telefonini delle due vittime, e il ruolo del “terzo uomo”, quel Bartolo Mussillo immortalato dalle immagini delle telecamere a portare in motorino Cannavò lontano dalla scena del crimine.