Più di otto colpi messi a segno tra maggio e agosto 2010. Presi di mira appartamenti di messinesi benestanti, la loro specialità era scassinare casseforti. Nove arresti eseguiti stamani dalla squadra mobile della polizia di stato.
Quello di “topo d’appartamento”, per loro, era una vera e propria professione. Si guadagnavano da vivere così, prendendo di mira le case di ricchi messinesi e depredando casseforti, vetrinette e mobilucci. Un’associazione a delinquere ben organizzata, in cui ognuno svolgeva un ruolo ben preciso ed il cui modus operandi recava un marchio quasi inconfondibile. In realtà, si tratta di soggetti arcinoti nell’ambiente di rapine e furti, più volte detenuti a Gazzi per reati similari e per i quali, stamani, sono scattate le manette ai polsi.
Finiscono in carcere con l’accusa di associazione a delinquere il trentunenne Antonio Bonanno, il fratello trentaduenne Filippo Bonanno, il cinquantaquattrenne Pietro Ruggeri ed il trentaquattrenne Stellario Fusco, tutti messinesi. Sempre in carcere, ma per il reato di detenzione e spaccio di droga, il trentenne Emanuele Denaro ed il quarantaseienne di Sant’Agata di Militello Salvatore Rolla. Una banda criminale allargata che, a seconda dell’occasione, si avvaleva della “prestazione” anche dei fratelli di Fusco, ossia del trentunenne Giuseppe Fusco e del ventitreenne Giovanni Fusco, entrambi ai domiciliari per concorso esterno in associazione dedita ai furti.
Le indagini, condotte dalla squadra mobile della polizia di stato e dal Sostituto Procuratore Anna Maria Arena, presero avvio il 5 agosto 2010 quando Antonio Bonanno, Stellario Fusco e Filippo Bonanno furono arrestati in flagranza di reato mentre si allontanavano da un’abitazione appena derubata. Quella sera, gli agenti li colsero letteralmente con le mani nel sacco considerando che furono trovati con la refurtiva ancora con loro. Apparve subito chiaro che, dati i mezzi utilizzati e i numerosi attrezzi, si trattasse di un’organizzazione più vasta. Già dal maggio dello stesso anno, infatti, in città si erano registrati numerosi furti in appartamento, tutti eseguiti con la stessa tecnica. L’orario era sempre tra le due e le quattro di notte, i ladri si intrufolavano calandosi dalle grondaie, prendevano di mira le casseforti e con abile tecnica le aprivano intascando tutto quello che c’era dentro. Filippo Bonanno si firmava addirittura come il "Re delle casseforti".
Intercettazioni telefoniche e ambientali, perquisizioni, sequestri, hanno infine consentito di dimostrare come si trattasse di una banda specifica che operava sistematicamente ed i cui proventi dei furti venivano “reinvestiti” nell’acquisto di armi, droga e attività commerciali.
L’hanno chiamata Operazione Alì Babà proprio perché, durante uno degli arresti in flagranza, i ladri sono stati ritrovati attorno al bottino, intenti a spartirsi equamente il guadagno. In realtà esisteva una gerarchia ben precisa.
Pietro Ruggeri era colui che organizzava i singoli furti e teneva i contatti con gli affiliati. Per farlo, utilizzava schede telefoniche che gli venivano fornite da un altro soggetto incensurato. Non solo. Ruggeri infatti provvedeva a mantenere le famiglie dei suoi “colleghi” ogni qual volta questi si trovavano dietro le sbarre. I fratelli Bonanno, insieme a Stellario Fusco, invece erano gli esecutori, ossia coloro che materialmente mettevano a segno i colpi. Proprio a loro, durante le perquisizioni, sono stati ritrovati in casa diversi oggetti rubati, nonché armi. In particolare, un fucile semiautomatico con canna mozzata, rubato, nonché una pistola automatica calibro 9 con matricola abrasa ed un revolver cal 44 magnum.
Tornando al sistema gerarchico, subito dopo vi erano Denaro e Rolla, che detenevano e spacciavano droga, nonché gli altri due fratelli Fusco. Rolla è anche accusato di estorsione in quanto, sotto la minaccia di una pistola, avrebbe costretto un commerciante a consegnargli alimenti senza pagare. I Fusco, invece, erano ladri “a progetto”, ossia venivano utilizzati ogni qual volta ce n’era bisogno. Nove, dunque, i provvedimenti siglati oggi dal Gip, dott.ssa Maria Luisa Arena. Tra questi anche quello riguardante un agente di Polizia Penitenziaria che, all’epoca dei fatti, era in servizio a Gazzi. Si tratta del milazzese trentottenne Salvatore Cutrupia, ai cui sono stati concessi i domiciliari. Le indagini coordinate dai dirigenti della Squadra Mobile Giuseppe Anzalone, Rosalba Stramandino e Francesco Oliveri non si fermano qua. Altri dieci soggetti, infatti, risultano indagati. (Veronica Crocitti)