Per dieci anni la mafia barcellonese ha imposto il pizzo all'Aias, l'ente di assistenza ai disabili. Grazie alle dichiarazioni dell'ex presidente La Rosa, confermate daipentiti, la Squadra Mobile ha arrestato i quattro responsabili dell'estorsione che fruttava a Cosa Nostra 20mila euro l'anno.
Non si faceva scrupoli la mafia barcellonese. Neanche a chiedere ventimila euro l’anno alla locale sezione dell’Aias che si occupa di assistenza ai disabili. Un’estorsione durata nove anni, dal 1999 al 2008, che ha condotto l’Aias sull’orlo della bancarotta riducendo drasticamente la qualità del servizio offerto agli assistiti.
Ora, grazie alle dichiarazioni dell’ex presidente, Luigi La Rosa, poi confermate dai collaboratori di giustizia, la Squadra Mobile di Messina ha notificato in carcere quattro ordini di custodia cautelare. I provvedimenti hanno raggiunto i barcellonesi Giovanni Rao, 50 anni, Carmelo Giambò, 40 anni, Mariano Foti, 41 anni e Carmelo D’Amico, 40 anni.Erano loro ad occuparsi di questa odiosa estorsione realizzata sulla pelle di decine di disabili. (su photogallery le foto degli arrestati)
Le indagine erano partite nel maggio del 2010 quando la Giunta nazionale dell’Aias decise il commissariamento della sezione di Barcellona. Gli ispettori avevano riscontrato gravi irregolarità nella tenuta contabile della sezione ed avevano avviato un’inchiesta interna. Successivamente la Procura di Barcellona aprì un fascicolo nel quale il presidente, Luigi La Rosa fu indagato per peculato. Un anno dopo La Rosa decise così di raccontare tutto agli investigatori della Squadra Mobile e del commissariato di Barcellona. Si scoprì che l’estorsione era iniziata nel 1999 quando presidente dell’Aias era Pietro Arnò. Ad occuparsene, per conto di Cosa Nostra, era Giovanni Rao che aveva incaricato per l’esazione del denaro prima Carmelo Giambò (nipote di Arnò) e poi Carmelo D’Amico e Mariano Foti. L’Aias pagava ai boss 20 milioni di lire l’anno suddivisi in due tranche che successivamente divennero 20 mila euro. Ma non era tutto. La famiglia barcellonese oltre ai soldi pretendeva l’assunzione all’Aias di amici e parenti degli affiliati. Così con il trascorrere del tempo la sezione Aias di Barcellona entrò in crisi economica. Per poter pagare il pizzo furono creati fondi neri e false certificazioni. In questo clima il 14 novembreo 2003 qualcuno tentò di uccidere Arnò. L’ex presidente dell’Igea Virtus fu ferito con una fucilata alla testa mentre rincasava. Aveva con sé una valigetta al cui interno i poliziotti trovarono una specie di libro mastro, alcune agende con nomi e cifre che potrebbero avere un nesso con l’estorsione subita dall’Aias. Dopo otto anni non è stato ancora possibile chiarire il movente di quel tentato omicidio ma sembra non abbia alcun collegamento con l’estorsione. Quattro anni dopo Arnò morì per cause naturali. Fu La Rosa a prendere il timone dell’Aias barcellonese ed a continuare a pagare il pizzo. Tutto finì un anno dopo quando il boss Carmelo D’Amico fu arrestato nell’operazione antimafia “Pozzo”. Fu la prima operazione in cui fu arrestato il vertice della cupola barcellonese. Nel giro di due anni le famiglie mafiose vennero sgretolate ed i collaboratori di giustizia iniziarono ad infrangere il muro di omertà che da sempre ha protetto la mafia del Longano.
che schifo! proprio esseri umani senza anima..anzi, esseri umani e’ un aggettivo che non ha nulla a che fare con questa gente.Come si fa’,almeno il rispetto per i malati,gli anziani,le donne ed i bambini…cambiate,siete sempre in tempo,AIUTAtEVI L’UN L’ALTRO INVECE DI FARVI DEL MALE.