Scagionato il notaio accusato di aver favorito i clan interessati alle truffe Agea ma le condanne per i boss di Tortorici sono pesanti
Sono più di 50 anni di reclusione complessivamente quelli che dovranno scontare- se confermate le condanne – boss e gregari dei clan dei Nebrodi a processo per la mafia dei pascoli.
La sentenza del giudice per l’udienza preliminare di Messina, Simona Finocchiaro, è arrivata stamattina e decide condanne tra i 2 e i 24 anni di carcere per gli imputati che avevano scelto il rito abbreviato, puntando ad una riduzione della pena fino al terzo del massimo previsto. Decise anche due assoluzioni.
Ecco il dettaglio: 24 anni di reclusione al boss Sebastiano Bontempo (detto U Uappu, classe ’69), 3 anni a Carmelo Barbagiovanni, 10 anni e 8 mesi a Giuseppe Bontempo, 2 anni a Samuele Conti Mica,4 anni per Salvatore Costanzo Zammataro, 8 anni e 4 mesi a Giuseppe Marino Gammazza.
Assolti il notaio di Canicattì Antonino Pecoraro, imputato per concorso esterno all’associazione mafiosa per avere redatto parecchi atti con cui si erano realizzate le truffe all’Agea, e Giorgio Marchese.
L’Accusa – rappresentata dai PM Vito Di Giorgio, Antonio Carchietti e Fabrizio Monaco, aveva chiesto condanne per tutti.
L’operazione Nebrodi era scattata il 15 gennaio 2020 con 94 arresti e il sequestro di 151 aziende agricole. Il processo ordinario, che va avanti all’aula bunker del carcere di Gazzi, conta oltre 100 persone.
L’inchiesta – condotta dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza – ha permesso di aggiornare la geografia mafiosa delle cosche di Tortorici e delineare i loro affari, in particolare le truffe all’Agea attraverso le pratiche per i fondi destinati a pascoli ed agricoltura, con l’appoggio dei professionisti. Agli atti anche i rapporti con gli altri clan siciliani.
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