Il retroscena dell'estorsione al circolo Asd di Giostra, quando i due contendenti amici degli ex pentiti si misero d'accordo per fare la guerra agli altri concorrenti
I signori dello spaccio e gli ex pentiti volevano il “Predominio” a Giostra. E non soltanto nel mercato della droga. Anche le attività commerciali dovevano essere del “gruppo” che faceva capo ai nomi che avevano collaborato con la giustizia, ma certo non si erano pentiti.
“Perché ci rimango male io, gli ho detto, questo possiamo risolvere in questa maniera o in qualche maniera diversa, considerato che lì sono in troppi a fare questo mestiere invece di affa … affaticarti … tipo invece di ammazzarvi tra di voi … tra di noi, troviamo una soluzione e mandiamo via qualcuno “. Così Gaetano Barbera, coinvolto nell’operazione della Squadra Mobile, parlava con Nicola Galletta, anche lui con un passato da collaborante. Siamo all’inizio del 2019 e i due sono alle prese con una “contesa” che si propongono di risolvere.
Giuseppe “Cinzino” Cutè, arrestato a settembre scorso insieme a Paolo Gatto per il tentato omicidio di Francesco Cuscinà, gestisce la sala scommesse a Stanley Bet di Villa Lina. Di fronte, un altro nome di spicco, Angelo Arrigo, acquista un locale per impiantarci il suo bar. E’ un luogo strategico, un affarone. Ma Cutè teme la concorrenza, perché anche Arrigo ha “le macchinette” nel locale. E fa tutte le rimostranze del caso.
I due ex pentiti tentano di metterli d’accordo, e dopo aver proposto diverse soluzioni, alla fine scelgono di “fare il vuoto” intorno al bar di Arrigo e la sala scommesse di Cutè, così da assicurare a entrambi alti profitti. Così Barbera in quella frase intercettata riferisce a Galletta di aver proposto a Cutè di allearsi con Arrigo e fare la guerra agli altri, anziché farsela tra di loro.
La frase è riportata nell’inchiesta dei Pm Liliana Todaro e Maria Pellegrino perché spiega bene, secondo loro, il fatto che entrambi gli ex pentiti avevano ripreso il rango di personaggi di rilievo della criminalità organizzata cittadina, visto che a loro si erano rivolto Arrigo – a capo di una fiorente attività di spaccio – e Cutè, che prende la palla al balzo e comincia a ragionarci seriamente.
Vuole “passare paro”: incendia di qua, fa chiudere il locale di là, si ripromette. A un certo punto comincia a pensare anche di imporre il pizzo alle bancarelle del mercato rionale. “Lascia perdere”, gli consiglia in sostanza l’ex pentito “Sono troppi, 70 ti pagano, 30 ti denunciano e ti fanno arrestare”.
Cutè lascia perdere il mercato, ma si mette seriamente a lavoro per farsi il vuoto intorno, nel settore dei giochi d’azzardo. A farne le spese è il circolo gestito dall’Asd Giostra, e questo è il retroscena svelato dall’inchiesta degli investigatori della Squadra Mobile, coordinati dal capo Antonio Sfameni. Intercettando le conversazioni del gruppo, gli agenti scoprono che ad incendiare la finestra del circolo è stato proprio Cutè.
Il fatto però non piace a tutti perché, come spiegano gli ex pentiti, i vertici del Circolo non hanno “mai fatto male a nessuno, si è sempre messo a disposizione”. Il gruppo quindi cerca di recuperare i rapporti anche con il presidente del Circolo, che però, spaventato, lascia. A subentrargli è infatti Peppe Galli, figlio di Luigi, capo storico del clan di Giostra. Una presenza che il gruppo Barbera-Galletta gradisce poco. A quel punto, quindi, cercano di far rientrare nell’associazione proprio l’ex presidente che Cutè “aveva fatto scappare”. A sparigliare i giochi sarà, alla fine, la Guardia di Finanza, che il 2 febbraio 2019 mette sotto sequestro la sala giochi del circolo.
Come dimostrato il gioco d’azzardo alimenta la criminalità organizzata e rovina le famiglie. Li dovrebbero chiudere tutte.