25 anni di estorsioni nella zona sud del clan Centorrino: tre richieste di rinvio a giudizio

25 anni di estorsioni nella zona sud del clan Centorrino: tre richieste di rinvio a giudizio

25 anni di estorsioni nella zona sud del clan Centorrino: tre richieste di rinvio a giudizio

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martedì 03 Luglio 2012 - 12:10

Il sostituto procuratore della DDA, Vito Di Giorgio ha chiesto tre rinvii a giudizio nell'ambito dell'operazione "Riscatto" per le estorsioni compiute dal clan Centorrino nella zona sud fra i primi anni ottanta ed il 2007. Chiesto il giudizio anche per il boss pentito, Salvatore Centorrino. L'udienza preliminare fissata per il prossimo 10 ottobre.

Una lunghissima catena di estorsioni. Circa 25 anni di ricatti a commercianti ed imprenditori della zona sud che versavano, senza mai opporsi, modeste somme mensili. A svelare l’attività del clan il collaboratore di giustizia Salvatore Centorrino che ha raccontato ai Carabinieri del Reparto Operativo ed agli investigatori della Squadra Mobile, anni di estorsioni a tappeto. Ora il sostituto procuratore della DDA, Vito Di Giorgio ha chiesto il rinvio a giudizio dello stesso pentito, Salvatore Centorrino, 47 anni, della sorella Franca, 56 anni e del marito della donna Giovanni Marchese anche lui 56 anni. Tutti e tre dovranno comparire il prossimo 10 ottobre davanti al gup Antonino Genovese.
Durante le varie fasi della sua collaborazione Centorrino, boss dell’omonimo clan della zona sud, ha raccontato che iniziò a compiere le estorsioni già nei primi anni ’80. L’attività era così redditizia che proseguì fino al 2007. Le vittime erano tante. C’erano il titolare di un mobilificio, di un’azienda vinicola, di una falegnameria, di un panificio, di un’autofficina, di un’azienda di trasporti e di un calzaturificio. Franca Centorrino ed il marito Giovanni Marchese passavano porta a porta dai commercianti per farsi consegnare la rata mensile. Erano cifre modeste che oscillavano fra 100 mila e 300 mila lire che poi divennero 100 euro. Solo ogni tanto bisognava alzare la voce perché pagavano tutti, vista l’entità del pizzo. Ma una volta, il titolare di un’autofficina si rifiutò di pagare. Salvatore Centorrino, in preda all’ira, piombò nel suo locale, sfoderò una pistola e gliela puntò faccia chiedendogli la consegna di 50 milioni di lire. La vittima però non possedeva quella somma ed alla fine si accontentò di sei milioni che gli consentirono di continuare a lavorare senza problemi. Fu quasi un’eccezione perché commercianti ed imprenditori non facevano una piega di fronte alle richieste estorsive impauriti dalla forza intimidatrice di Centorrino e del suo potente clan che per anni ha gestito il racket delle estorsioni nella zona sud.

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