Polizia e Carabinieri hanno fatto piena luce sul racket delle estorsioni nella zona sud gestito dal clan del boss, oggi pentito, Salvatore Centorrino. Proprio le sue dichiarazioni hanno consentito di ricostruire quasi 25 anni di attività estorsiva. Il sostituto procuratore della Dda, Vito Di Giorgio ha firmato tre avvisi di conclusione delle indagini.
Una lunghissima catena di estorsioni. Circa 25 anni di ricatti a commercianti ed imprenditori della zona sud che versavano, senza mai opporsi, modeste somme mensili. A svelare l’attività del il collaboratore di giustizia Salvatore Centorrino che ha raccontato ai Carabinieri del Reparto Operativo ed agli investigatori della Squadra Mobile, anni di estorsioni a tappeto. Ora, a indagini chiuse, il sostituto procuratore della DDA, Vito Di Giorgio ha inviato un’informazione di garanzia ed avviso di conclusione delle indagini allo stesso pentito, Salvatore Centorrino, 47 anni, alla sorella Franca, 56 anni ed al marito della donna Giovanni Marchese anche lui 56 anni.
Durante le varie fasi della sua collaborazione Centorrino, boss dell’omonimo clan della zona sud, ha raccontato che iniziò a compiere le estorsioni già nei primi anni ’80. L’attività era così redditizia che proseguì fino al 2007. Le vittime erano tante. C’erano il titolare di un mobilificio, di un’azienda vinicola, di una falegnameria, di un panificio, di un’autofficina, di un’azienda di trasporti e di un calzaturificio. Franca Centorrino ed il marito Giovanni Marchese passavano porta a porta dai commercianti per farsi consegnare la rata mensile. Erano cifre modeste che oscillavano fra 100 mila e 300 mila lire che poi divennero 100 euro. Solo ogni tanto bisognava alzare la voce perché pagavano tutti, vista l’entità del pizzo. Ma una volta, il titolare di un’autofficina si rifiutò di pagare. Salvatore Centorrino, in preda all’ira, piombò nel suo locale, sfoderò una pistola e gliela puntò faccia chiedendogli la consegna di 50 milioni di lire. La vittima però non possedeva quella somma ed alla fine si accontentò di sei milioni che gli consentirono di continuare a lavorare senza problemi. Fu quasi un’eccezione perché commercianti ed imprenditori non facevano una piega di fronte alle richieste estorsive impauriti dalla forza intimidatrice di Centorrino e del suo clan potente clan che per anni ha gestito il racket delle estorsioni nella zona sud.
Che brava persona!!!!
E’ simpatico soprattutto l’episodio in cui sfodera la pistola e la punta in faccia al meccanico, veramente una racconto da LIBRO CUORE.
Quello che da più fastidio e che queste persone hanno protezione, stipendio ed altri benefit, mentre chi ha subito resta con una mano davanti ed una di dietro, con la paura di subire altre angherie senza nessuna che lo tuteli.
Sarebbe simpatico se anzichè chiedergliele con la dolcezza le informazioni, gli staccassero un’unghia (tanto per poi passare ad altri organi più importanti) per ogni informazione omessa…
Ma dalle nostre parte c’è la democrazia, quindi i deboli continuano a subire ed i prepotenti la fanno sempre da padroni!!!!