L'imprenditore del movimento terra si è difeso dall'accusa di essersi accordato col pentito Bisognano perché ritrattasse le accuse nei suoi confronti. Secondo gli investigatori i due lavoravano insieme per continuare gli affari, anche all'estero.
Sono iniziati stamane gli interrogatori di garanzia delle quattro persone arrestate dalla Polizia ieri nell'ambito dell'inchiesta "Vecchia Maniera" sui rapporti tra il pentito Carmelo Bisognano e l'imprenditore condannato per mafia, il gioiosano Tindaro Marino. Il Giudice per le indagini preliminari Monica Marino stamane si è recata in carcere per il faccia a faccia col costruttore, il pregiudicato Stefano Rottino e Angelo Lorisco.
Soltanto i primi due hanno deciso di rispondere, difendendosi davanti al giudice, e negando gli addebiti penali, rispetto agli episodi loro contestati. Marino si è presentato con un nuovo difensore visto che il legale precedente, Salvatore Silvestro, ha rinunciato al mandato. Scena muta, invece, da parte di Lorisco. che ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere. Agli interrogatori ha preso parte anche Vito Di Giorgio, il sostituto procuratore della Dda che segue il caso insieme al collega Angelo Cavallo.
A lavoro sulle indagini, ancora in corso, gli uomini del commissariato di Barcellona guidati da Mario Ceraolo e la Squadra Mobile, coordinata dal dirigente Franco Oliveri e dal capo, Giuseppe Anzalone. Sono state le cimici ben piazzate dalla Squadra mobile a documentare "l'accordo" che l'ex padrino dei mazzarroti, collaboratore dal 2010, aveva messo in piedi con il costruttore del movimento terra di Gioiosa Marea. Accordo volto a proseguire insieme l'attività imprenditoriale. Tra i progetti del duo, anche lo sbarco dei mezzi in Marocco per proseguire lì l'attività.
Eppure Bisognano, all'atto del pentimento, era stato tra i principali accusatori di Marino, confermando che era tra i "colletti bianchi" a disposizione del clan dei barcellonesi. Addirittura che la sua impresa, la Marinoter, era stata imposta in alcuni subappalti proprio perché vicina alla famiglia. Risentito nel 2015, invece, il collaborante avrebbe aggiustato il tiro, sostengono gli inquirenti, ammorbidendo le accuse fino a definire Marino come estraneo al clan e sottoposto al pizzo. Un passo indietro dovuto proprio agli accordi tra i due, secondo la Procura di Messina.
Alessandra Serio