Doppia operazione di Carabinieri e DIA contro le famiglie mafiose barcellonesi. Ventiquattro le persone arrestate, 150 milioni il valore dei beni sequestrati. Le operazioni Gotha e Pozzo 2 hanno avuto impulso grazie ai nuovi collaboratori di giustizia, in particolare il boss dei Mazzarroti, Carmelo Bisognano
Sgretolati, aggrediti, impoveriti. I clan mafiosi di Barcellona incassano un colpo quasi mortale. I Carabinieri del Ros e gli uomini della DIA mettono a sogno un colpo staordinariamente importante nella lotta a Cosa Nostra annientando la “famiglia” più potente della provincia di Messina. Le operazioni “Gotha” e “Pozzo 2” la notte scorsa hanno portato all’arresto di 24 persone (QUI foto e nomi), ritenute affiliate a Cosa Nostra barcellonese ed al sequestro di beni per un valore di circa 150 milioni di euro. Un importo stratosferico mai nemmeno sfiorato nel messinese e poche volte raggiunto in Italia. Per questo si è parlato di operazioni storiche, uniche nel loro genere. Lo hanno detto in conferenza stampa Leonida Primicerio della Procura Nazionale Antimafia, il generale Giampaolo Ganzer, comandante del Ros dei Carabinieri ed il Procuratore Capo di messina, Guido Lo Forte. Due operazioni sulle quali i sostituti della DDA Angelo Cavallo, Fabio D’Anna, Vito Di Giorgio e Giuseppe Verzera lavoravano da mesi. Ora gli inquirenti hanno tracciato il nuovo volto della mafia barcellonese, storicamente l’unica in grado di tessere rapporti con Cosa Nostra palermitana. Le aggressioni a tenaglia, ovvero gli arresti ed i sequestri di beni, hanno indebolito la catena mafiosa della sanguinaria cosca di Barcellona e della sua costola di Mazzarrà S. Andrea. Negli ultimi mesi sono fioccate le richieste di collaborazioni, anche da parte di boss di primissimo piano. I nuovi pentiti hanno riempito pagine e pagine di verbali raccontando gli anni della guerra di mafia, le estorsioni, gli appalti truccati, svelando casi di lupara bianca e facendo nomi di picciotti e capi. Adesso in Procura gli inquirenti sanno tutto di Cosa Nostra barcellonese a partire dai primi anni novanta. Sanno com’è nata e cresciuta, come si è ristrutturata ed articolata nei suoi tre principali livelli: quello imprenditoriale, finanziario e militare. Quest’ultimo retto da Carmelo D’Amico, l’uomo che gestiva sul campo gli affari illeciti e se era il caso metteva mano alle armi. Lungo e prestigioso l’elenco dei boss finiti in manette come Sem Di Salvo, Salvatore Ofria, Tindaro Calabrese, Carmelo Vito Foti, Francesco D’Amico e Francesco Carmelo Messina. Poi c’è il secondo livello, quello degli imprenditori: Mario Aquilia, Carmelo Giambò, Giovanni Rao, Salvatore Puglisi e Francesco Scirocco. Quest’ultimo è ritenuto un rampante vicino alla famiglia mafiosa di Barcellona. Nei mesi scorsi la Dia gli ha sequestrato in due tranche un ingente patrimonio. In tutto questo, come detto, hanno avuto un ruolo importante le nuove collaborazioni, soprattutto quella del boss dei “Mazzarroti” Carmelo Bisognano, del suo collaboratore Santo Gullo, di Teresa Truscello arrestata nell’operazione “Torrente” e di Alfio Giuseppe Castro ritenuto referente mafioso in provincia di Messina per conto di Cosa Nostra catanese. I pentiti hanno parlato di tutto. Hanno raccontato di un cartello d’imprese che si aggiudicava i lavori pubblici dopo aver truccato le gare d’appalto. In questi anni sono state decine i lavori aggiudicati ad imprese in odor di mafia con questo sistema: si va dal raddoppio ferroviario Messina-Patti, al tratto di metanodotto San Pietro Clarenza- San Giovanni La Punta alla realizzazione di alcune strade ad Oliveri. Ma un capitolo a parte merita la scoperta del “cimitero della mafia” di Mazzarrà S.Andrea. Sono stati in particolare Bisognano e Gullo a permettere il ritrovamento dei resti di alcune persone svanite nel nulla negli anni 90’ durante la guerra di mafia. Ma a volte si ricorreva alla lupara bianca per molto meno. Qualcuno è sparito per un furto di animali, qualcun altro perché ritenuto inaffidabile e qualcuno perché sospettato di essere un confidente dei carabinieri. Gli investigatori oggi conoscono nomi di mandanti ed esecutori di cinque casi di lupara bianca, quelli di Antonino Ballarino, Vincenzo Perdichizzi, Sebastiano Lupica, Salvatore Triscari Barberi e Salvatore Munafò. Per quanto riguarda l’aspetto patrimoniale va sottolineato il grande lavoro della DIA che ha eseguito il sequestro di beni nei confronti di Giovanni Rao, Giuseppe Isgrò, Filippo Barresi, Sem Di Salvo, Salvatore Ofria, Mario Aquilia e Francesco Scirocco. Questi avrebbero gestito per conto di Cosa Nostra il sistema di turbativa d’asta finalizzato al controllo degli appalti pubblici. Un sistema che ha consentito alla mafia barcellonese di arricchirsi a dismisura e di accrescere la sua potenza anche militare. La cosca di Barcellona –come ha sottolineato il Procuratore Capo, Guido Lo Forte oggi espande la sua influenza da Villafranca Tirrena a Tusa e si può considerare il cuore di Cosa Nostra in provincia di Messina. A capo vi sarebbe il boss Tindaro Calabrese divenuto l’esponente di spicco della famiglia da quando Salvatore Lo Piccolo ha ereditato il ruolo di capo indiscusso di Cosa Nostra palermitana. Erede di Totò Riina e Bernardo Provenzano e vicino al boss latitante Messina Denaro..
Vorrei chiedere a questa gentaglia,quale scopo hanno ad ammazzare,rubare,fare i mafiosi se alla fine finiscono in galera per mafia e ci restano perchè col 41 bis ,addio alla liberta’.Non è più semplice andare a zappare ,ma almeno godersi la libertà a vita???