Non bastano i sacrifici di alcuni, lavoratori, pensionati o proprietari che siano, se la classe politica continua a comportarsi in modo arrogante e immorale. Ma soprattutto se i cittadini-elettori non capiscono che la scelta va fatta al momento del voto. O del non voto, se l'offerta politica è, ancora una volta, deludente.
Tra i cento guai con i quali la crisi economica mondiale sta massacrando il nostro Paese – e ancora, temiamo, siamo solo agli inizi: le conseguenze colpiranno pesantemente le categorie medio-basse a partire dall’autunno -, si delinea una, unica, conseguenza positiva: le proposte dei diversi schieramenti diventano un po’ più chiare.
Il merito va a quei (pochissimi) grandi quotidiani che hanno saputo affrancarsi dalla guerra totale – pro o contro Berlusconi – per dedicarsi a una sacrosanta guerra agli sprechi e all’immoralità di fondo dell’attuale indecorosa classe politica nostrana.
Sappiamo bene che tale affermazione – soprattutto nel secondo enunciato – desterà orrore nei liberali puri e duri.
Secondo i quali non è compito della politica dare ai cittadini lezioni di etica ma, quando viene superato il limite della decenza e del senso comune, i principi teorici si trasformano in uno strumento a difesa dei delinquenti.
Per sopravvivere – per riuscire a malapena a sopravvivere; perché per tornare a crescere ci vuole ben altro – bisogna fare sacrifici.
Su questo siamo tutti d’accordo.
Le differenze nascono quando si deve scegliere chi deve farli questi i sacrifici.
Incalzati da alcune autorevoli testate giornalistiche, i partiti sembrano, finalmente, chiarire le loro posizioni: il centrodestra sostiene che bisogna agire sulle pensioni, il centrosinistra chiede di tassare stabilmente le rendite.
Non vogliamo entrare nel merito delle proposte ma – dopo anni di volgari tatticismi causati dalla feroce volontà di mantenere (o conquistare) il potere, obiettivo che faceva aggio sul mantenimento della coerenza – abbiamo l’impressione di intravvedere (miracolo!) un collegamento con le radici ideali dei due schieramenti.
Abbandonando, ci auguriamo per sempre, l’opportunismo peloso che vedeva il centrodestra schierarsi in difesa dello statalismo e del controllo della politica su tutto ciò che “muoveva denaro” e un centrosinistra che, pur di andare contro l’odiato nemico, abbandonava il riformismo, il meridionalismo e la difesa delle classi produttive a reddito fisso per accattivarsi i poteri forti romani, la grande e media impresa lombardo-veneta e la burocrazia parassitaria.
I cittadini-elettori possono comprendere meglio l’offerta politica che viene dai partiti e decidere in ragione dei loro legittimi interessi.
Senza criminalizzare chi ha un’opinione diversa.
Un punto però appare ancora oscuro. Un punto legato a quelle scelte etiche di cui facevamo cenno all’inizio: nessuna classe politica – di destra o di sinistra, berlusconiana o antiberlusconiana che sia – è moralmente legittimata a chiedere sacrifici se non mostra concretamente e immediatamente di essere disposta a rinunziare a una parte dei suoi vomitevoli privilegi.
Ci auguriamo che, al di là delle chiacchiere con le quali hanno preso in giro cittadini per decenni, Berlusconi, Bossi, Bersani, Casini, Di Pietro e compagnucci ci dicano con onestà cosa sono disposti a fare subito per ridimensionare i colossali sprechi e privilegi che hanno caratterizzato i loro comportamenti.
Purtroppo, abbiamo qualche dubbio che i cittadini si rendano conto fino in fondo che tale richiesta obbliga a un cambiamento della cultura del comportamento da tenere nel segreto dell’urna.
Quanti di noi, soprattutto a Sud – Messina in testa dove, è notizia di ieri, il Comune ha pagato oltre 250 mila euro di bollette telefoniche nei primi 2 mesi dell’anno– se si votasse domani, baserebbero la loro scelta sull’impegno di ridurre gli sprechi e i privilegi?
E quanti si affiderebbero, come hanno sempre fatto, al parente o al compare che ha promesso un posto da LSU al figlio disoccupato?
Se la “scelta politica” sarà ancora questa, non lamentiamoci dei politici, anzi ringraziamoli per le elemosine che ci fanno.
Restando in attesa dei futuri “inevitabili sacrifici” che verranno richiesti.
Riduzione delle pensioni o imposte patrimoniali che siano.
Sono tutte chiacchere senza senso.
La classe politica (e non solo) ha sempre goduto di privilegi immorali, ma che sono ormai diventati diritti acquisiti.
E non mi riferisco a quelli di senatori e deputati, ma anche a quelli dei politici locali, dei giornalisti, degli avvocati, degli appartenenti alle forze dell’ordine e di tutti coloro che possono, in ogni modo, non rispettare le norme che per altri sono obblighi.
C’è una macchina in doppia fila? Se è la mia la portano via con il carro attrezzi.
Al contrario, basta esporre il tagliandino di un ordine professionale (architetto, giornalista)o il cappello da vigile urbano e non verrà toccata.
La corsia preferenziale? Io non posso passare, ma basta essere su una auto blu ed ogni strada si aprirà magicamente dinnanzi a te (ed ai tuoi familiari).
Ma esiste anche il privilegio di prendere per i fondelli la gente e passarla liscia.
Quanta gente “AVREBBE DOVUTO” risultare vincitore di concorsi o di selezioni ed invece è ancora a spasso sul Viale?
Quanti candidati avrebbero dovuto superare il concorso di vigile urbano e la divisa l’hanno vista addosso solo ai veri raccomandati?
Quanta gente avrebbe dovuto essere stata assunta dalla defunta STANDA al momento della candidatura di Berlusconi ed invece ha verificato che nessuno è riuscito mai a lavorare in quel negozio?
E’ una battaglia persa, demagogica, che viene tirata fuori dai diretti interessati allorquando la situazione raggiunge livelli di guardia.
Ma nessun problema.
Il governo, chi più chi meno, taglierà la lana al popolo pecora, raggranellerà un poco di soldi per tirare il fiato e far credere che la crisi è stata superata e tutto tacerà.
Fino alla prossima puntata.
La verità è che chi governa non lavora realmente per la collettività ma solo per assicurarsi la sopravvivenza politica, foraggiando lautamente se stesso ed i suoi sostenitori di fiducia…. Non cè senso istituzionale il “berlusconismo” è ormai un flagello culturale da superare al più presto altrimenti il benessere di pochi annienterà quello di molti e renderà questi ultimi sempre più “schiavi” del potere per esigenze e speranze di sopravvivenza!
Mamma mia, che cuori di leone albergano nella redazione.