«A ben vedere infatti la perimetrazione delle città metropolitane, che si vorrebbe introdurre, non risponde tanto alle esigenze di razionalizzazione delle risorse, dei servizi comuni e dei conseguenti investimenti secondo la logica del risparmio, ma si atteggiano ad una consunta difesa campanilistica del territorio di pertinenza e delle sue prerogative»
Mentre all’Assemblea regionale siciliana gli onorevoli deputati meditano già di giocare al casinò di Taormina e Palermo “nelle ore libere dai loro impegni istituzionali”, la comunità siciliana tutta – almeno quella riconoscibile nelle organizzazioni sociali e politiche… serie – s’interroga sul prossimo futuro degli organismi territoriali che saranno varati entro il 15 di maggio, ovvero fra poche ore, termine ultimo per il varo dei liberi consorzi e delle città metropolitane il cui significato, di tipo politico europeo e strategico per il futuro delle popolazioni isolane, è stato clamorosamente frainteso con proclami pubblici di adesione ai principi della legge regionale del 1995 e con repentine quanto clamorose smentite.
Ed il gioco delle parti, per non scontentare nessuno, prende sempre più corpo se è vero, come sembra, che la libertà “democratica” si appalesa nel frazionamento territoriale secondo logiche che vanno in senso contrario ai principi di razionalizzazione delle risorse e della tanto decantata “spending review”, per fare largo a soluzioni pasticciate quanto inconcludenti. A ben vedere infatti la perimetrazione delle città metropolitane, che si vorrebbe introdurre, non risponde tanto alle esigenze di razionalizzazione delle risorse, dei servizi comuni e dei conseguenti investimenti secondo la logica del risparmio, ma si atteggiano ad una consunta difesa campanilistica del territorio di pertinenza e delle sue prerogative.
Che senso avrebbe infatti una suddivisione, in piccoli, striminziti liberi consorzi dei centri periferici del capoluogo di provincia, che resterebbe la sola area metropolitana con la caratterizzazione europea di area vasta? I 90 di Sala d’Ercole più che procedere ad un’analisi obiettiva sembrano orientati a non scontentare alcuno dei capielettori di ogni zona, attenti a conservare il tesoro elettorale e basta.
Il varo di liberi consorzi nelle aree attigue e omogenee fa dunque immaginare il raddoppio di quei servizi che la logica delle aree metropolitane vorrebbe invece accomunare. Per cui, paradossalmente avremo più organismi (Ato territoriale e idrico, trasporti di terra e di mare, polizia urbana, riassetto del territorio, protezione civile, urbanistica, lavori pubblici, tesoreria, sanità pubblica, scuola, turismo nell’accezione polistrutturale e territoriale e via elencando) che, invece di avere servizi efficienti nella comunità metropolitana, si troverebbero paradossalmente a richiedere finanziamenti raddoppiati rispetto a quelli che si potrebbero razionalmente ottenere in favore di un’area vasta le cui peculiarità ad ampio raggio sono di gran lunga più convenienti e meno onerose a parità, se non migliorative, di rendimento.
Se poi, come sembra, è una questione di serbatoi elettorali da gestire per non perdere il proprio potere e garantirsi un posto al sole per ancora lungo tempo, beh, questa non sarebbe altro che la politica clientelare per cambiare tutto – gattopardescamente – per non cambiare nulla.
Lorenzo Ferrigno
Chi scrive sembra non rendersi conto che in Sicilia c’è un’enorme sproporzione tra le attuali tre Province di Palermo, Messina e Catania e le restanti province, in termini sia di estensione territoriale che di popolazione.La creazione di tre città metropolitane e di Liberi Consorzi tra i Comuni residui,limitrofi e con problematiche simili,(anche al di là dei limiti delle attuali Province) permetterebbe di gestire meglio i servizi ed eviterebbe l’emarginazione di alcune zone. Certo a patto che tutto sia fatto con razionalità e senza aggravio di spesa.