Siamo abituati a vedere Messina in un modo che non le rende giustizia: come città d’indolenti, immobilisti, e si fa a gara per chi riconosce altre categorie più nefande nella nostra cittadinanza. Ma oggi, non per qualche ricorrenza storica precisa, piuttosto perché è cominciato l’anno nuovo e vogliamo augurarci qualcosa, desideriamo ricordare un momento in cui a Messina si cambiò la storia.
Correva l’anno dell’Era Umana 9593 (comunemente noto come 408 a.C.) quando il generale Ermocrate di Siracusa giunse esule a Messina.
Ermocrate è uno di quei personaggi dell’antichità siciliana che rifulge come stella nel panorama dei grandi; fiero assertore della comune identità siciliana, eroico difensore della Sicilia dall’invasione ateniese e ch’eppure si prodigò perché gli sconfitti ricevessero una punizione mite, carismatico capo capace di muovere le masse.
Non a caso Ermocrate aveva molti nemici a Siracusa fra i democratici, che l’accusavano d’aspirare alla tirannide; proseguendo la guerra contro Atene nell’Egeo, sconfitto in mare a Cizico al fianco di Sparta e dell’Impero Persiano, aveva avuto la prontezza di bruciare le navi per non lasciarle ai nemici e i suoi oppositori siracusani avevano colto l’occasione per esiliarlo. Proprio durante gli anni dell’esilio un grosso contingente cartaginese era sbarcato in Sicilia e aveva attaccato e devastato Selinunte e poi Imera, senza che la “capitale” Siracusa – priva d’una degna guida – riuscisse a organizzare alcuna resistenza. Ermocrate era venuto a sapere di quei fatti mentre soggiornava in Frigia Ellespontica presso il governatore Farnabazo; con l’aiuto del governatore locale Farnabazo, si era imbarcato in fretta e furia per fare ritorno in Sicilia, approdando a Messina.
Messina, in quel periodo in cui la Sicilia era divisa in città-stato e leghe, era una città particolare rispetto alle altre, spesso neutrale e soprattutto votata più al commercio che alla guerra; qui si erano rifugiati i superstiti d’Imera. Doveva essere il luogo adatto per il Generale a mettere in atto i suoi piani per risollevare le sorti siciliane.
Grazie al denaro di Farnabazo, Ermocrate fece varare cinque navi da guerra negli arsenali peloritani e il suo carisma raccolse attorno a lui molti volontari che costituirono un piccolo esercito indipendente: mille erano profughi imeresi assetati di vendetta, altri mille erano cittadini messinesi che prendevano la decisione di lottare per la comune patria e cambiarne la storia.
Questa milizia marciò verso Ovest, riconquistò Selinunte e da lì si volse ai presidii cartaginesi di Mozia e Palermo, ai quali inflisse ingenti danni. Gli effettivi crebbero sostanziosamente di numero, arricchendosi anche dei Selinuntini, ma non va dimenticato che nel punto di partenza dell’impresa d’Ermocrate c’erano i Messinesi: mille dei loro uomini.
Ermocrate più avanti sarà ucciso in uno scontro armato a Siracusa nel tentativo di prendere finalmente il potere che gli spettava; i suoi partigiani saranno dispersi, tranne uno: Dionisio, genero del Generale. Sarà lui a raccogliere l’eredità di Ermocrate e divenire Dionisio I, Tiranno di Siracusa e de facto Re di Sicilia, vendicandosi contro i Cartaginesi ed ergendosi a sua volta per noi oggi come autentico eroe nazionale; ma questa è un’altra storia.
Daniele Ferrara