Le onde di maremoto assumono diversi profili lungo la linea di costa e la batigrafia dei fondali
Le oscillazioni anomale del livello delle acque del mare sono solitamente considerate e classificate tra le cosiddette onde occasionali (Mosetti, 1964). Esse sono di norma generate da impulsi di considerevole energia e vengono inquadrate come fenomeni di natura diversa quali, ad esempio, l’onda di scia (generata da natanti), la sessa (onda di risonanza interna ai porti), l’onda solitaria (onda con valori elevati di lunghezza), il mascheretto (onde alle foci dei fiumi) e per ultimo il maremoto.
Cos’è un maremoto?
Il maremoto altro non è che un’onda o un treno di onde che, generatesi in una determinata area, si propaga in modo concentrico in mare aperto, su acque profonde. Il fenomeno si verifica solitamente su ampia scala dando luogo ad onde anomale distruttive. I maremoti sono dunque onde di gravità che si registrano nei mari e possono definirsi come perturbazioni che si verificano in bacini di considerevole estensione. Essi possono manifestarsi anche nelle baie, nei laghi e nei bacini artificiali, come ad esempio in quelli derivanti dalla presenza di dighe (Baratta, 1979; Bryant, 2001). In quest’ultimo caso viene correttamente utilizzato il termine di onde di impulso.
Caratteristica dei maremoti
Dal punto di vista fisico i maremoti possono essere studiati in tre fasi distinte: generazione (e relative cause), propagazione (dal punto di origine fino alla zona di acqua poco profonda) ed inondazione (effetti sulla linea di costa e run-up). Il fenomeno è caratterizzato da una lunghezza d’onda di gran lunga maggiore della profondità media del bacino stesso. Come è noto un’onda, a seguito della sua rifrazione che si attiva ad una profondità pari alla metà della sua lunghezza.
La sollecitazione che produce il fenomeno deve possedere un periodo sufficientemente breve (T < 100 s) e questo spiega come le possibili cause stesse siano legate ad un’attività geologica violenta: terremoti, eruzioni vulcaniche, frane sottomarine, queste ultime generabili anche sotto costa (Boschi & Dragoni, 2000).
Formazione e dinamiche di sviluppo
Se un forte terremoto ha origine sotto il fondale marino e si associa ad esso il movimento di una faglia può registrarsi un violento sollevamento ed un conseguente brusco abbassamento delle masse coinvolte: in particolare, la quantità d’acqua sovrastante viene così ad essere perturbata dall’oscillazione che si produce in profondità e si generano, quindi, delle onde molto lunghe sulla superficie stessa del mare.
A largo i maremoti hanno come parametro determinante, ai fini dell’esito catastrofico che determineranno lungo costa, non tanto l’altezza media dell’onda, ma soprattutto la lunghezza dell’onda stessa. Un fattore che contribuisce ad accrescere la potenza di un maremoto è la presenza di corpi fluttuanti come ad esempio: detriti, legname, navi o resti di edifici distrutti (Wadati, 1967), tanto da far attribuire all’intero fenomeno un appropriato appellativo di effetto bulldozer.
Differenza fra maremoti e onde create dal vento
In mare aperto la perturbazione che genera i maremoti interessa, a partire dal punto in cui si forma la prima onda, l’intera colonna d’acqua del bacino in cui essi si registrano. Questa caratteristica li distingue marcatamente dalle comuni onde generate dal vento nelle quali gli effetti si risentono soltanto negli strati superficiali del corpo liquido coinvolto dal fenomeno, a partire dalla cosiddetta zona di fetch.
Quando le onde di maremoto arrivano nella zona di acqua poco profonda esse assumono la forma di un’onda solitaria che mantiene l’originaria configurazione. Data l’energia cinetica è uniformemente distribuita attraverso la colonna d’acqua, soltanto una piccola quantità di energia viene dissipata, specialmente in corrispondenza di batimetrie prospicienti coste ripide. Anche le violente eruzioni vulcaniche possono produrre maremoti, generati dalla attività di apparati superficiali o sottomarini ubicati sia a largo che in prossimità della costa.
Essi possono essere originati anche a seguito del collasso improvviso dell’edificio vulcanico con formazione di una caldera o altri fenomeni geomorfologicamente correlabili. Un’altra causa, infatti, è costituita da altri fenomeni di tipo gravitativo: grandi frane di materiale incoerente che si distaccano lungo i fianchi ripidi delle scarpate sottomarine oppure crolli di consistenti masse rocciose da rilievi a picco sul mare.
Da cosa dipende l’altezza di un maremoto?
I maremoti possono superare i 35 m di altezza (Bryant, 2001; Mader, 2000) e velocità tra i 500 e i 1000 km/h in mare aperto. In pieno oceano il fenomeno può passare inosservato poiché la distanza tra due successive creste può essere compresa tra i 10 ed i 500 km, il periodo variare tra i 100 s ed i 2000 s (1,6 – 33 minuti), con altezze inferiori al metro.
L’altezza di un maremoto sulla fascia costiera dipende principalmente dalla morfologia della costa, dalla formazione di onde di bordo (edge waves) che si dispongono perpendicolarmente alla linea di costa, dalla rifrazione, dalla diffrazione e dalla risonanza delle onde stesse. Il “Run-up” di un maremoto, inoltre, può assumere forme complesse derivanti dalla suddivisione, in acque poco profonde, delle stesse onde.
Come si manifesta sulle coste?
Il fenomeno può configurarsi come una o più onde tipo bore (onde di marea particolari in cui la massa d’acqua si propaga verso la costa con l’onda stessa e che si manifestano soprattutto negli estuari dei fiumi o nelle baie strette, note anche come mascaret) o tipo solitoni (grosse onde solitarie) che disperdono la loro energia molto rapidamente sulle aree dove esse impattano violentemente.
Le onde di maremoto e di tsunami assumono diversi profili lungo la linea di costa. Questi sono stati divisi da alcuni studiosi in quattro tipologie e relativi sottotipi. I tipi principali sono: Tipo I, in cui il maremoto si comporta come una rapida marea che avanza verso costa e si alza come una diga. Tipo II, il livello dell’acqua è sollevato da un treno di piccole onde e le successive raggiungono e si sovrappongono sulle precedenti. Tipo III, le onde di maremoto crescono rapidamente vicino la linea di costa e si rendono ben distinte da quelle al largo (maremoto simile ad un argine). Tipo IV, maremoto simile ad un frangente a cascata che si abbatte con tutta la sua potenza sulla costa.
Ad esempio, il maremoto del 28 dicembre 1908, in base alle descrizioni e ai racconti pervenuti, è stato molto simile al Tipo III, con una serie di ondate che si abbatterono sulle coste, come sapientemente descritto da Giovanni Plataniache le rese note in uno studio pubblicato nel Bollettino della Società Sismologica Italiana. L’autore visitò tutti i siti colpiti sulla costa orientale della Sicilia e alcune delle località più devastate sulla costa calabrese, raccogliendo i racconti dei testimoni diretti dell’accaduto e stimando l’altezza raggiunta dalle onde attraverso la misurazione dei segni lasciati sui muri e sul terreno attraverso l’utilizzo di precisi strumenti ottici. Come anticipato in questo articolo.