Ginecologi trasferiti a Sant'Agata dopo la protesta sui tagli al punto nascita. Ora però è Patti a "piangere". Interviene Aretè
Dopo le proteste per lo smantellamento di fatto del punto nascita dell’ospedale di Sant’Agata di Militello, la Regione è intervenuta trasferendo nella struttura nebroidea i ginecologi in servizio a Patti. Adesso è Barone Romeo ad essere in difficoltà, un ospedale dove ogni anno avviene un numero di parti tra i più alti della provincia.
Come già accaduto diverse volte con i trasferimenti da Mistretta a Sant’Agata e “ritorno” e com’è successo a Lipari – rinforzato dopo le proteste della scorsa estate con l’invio di personale a scapito degli ospedali della tirrenica, la strategia della Regione sembra essere, ancora una volta, quella di tamponare le proteste con il continuo rimpallo di personale da una struttura all’altra. Una vera e propria guerra dei poveri, con un servizio che viene ripristinato a discapito di quello di un’altra zona della provincia.
A Patti a intervenire sulla determina di trasferimento, attiva da qualche giorno, è l’associazione Aretè, che si chiede com’è possibile ridimensionare un reparto di Ginecologia dove ogni anno avvengono circa mille nascite. Soltanto il Policlinico di Messina ne registra di più, circa 1200.
L’Associazione chiede quindi l’annullamento in autotutela della determina e torna sul macchinario della risonanza magnetica, fermo al Barone Romeo da mesi.
A Sant’Agata i ginecologi in servizio invece sono 5, ma tre a orario ridotto ed uno già trasferimento ad altro ospedale. Giorni fa, dopo il sit in delle associazioni e dei sindaci del comprensorio, l’assessore alla Salute Ruggero Razza era intervenuto promettendo di mettere in moto l’iter per rivedere l’azzeramento del punto nascita e i lavori per adeguare i locali.