Riflettori puntati su immunoterapia e nuove terapie a bersaglio molecolare. L’anticorpo monoclonale Nivolumab ha riportato, in due grandi studi di fase III, un vantaggio in termini di sopravvivenza rispetto alla chemioterapia standard nel trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule metastatico
Si è da poco concluso a Chicago il Congresso dell’Associazione degli Oncologi Medici Americani (Asco), evento ormai giunto alla sua 51sima edizione che ha visto la partecipazione di oltre 30mila delegati da tutto il mondo, portando con sé numerose e promettenti novità terapeutiche per i pazienti oncologici.
“Illumination and Innovation: Transforming Data into Learning” è stato questo il titolo di questa edizione, a sottolineare il rapido fluire delle conoscenze in ambito oncologico e di come profondamente impattino sulla pratica clinica. Anche l’oncologia messinese con il prof. Vincenzo Adamo, ordinario di Oncologia Medica dell’Università di Messina e direttore dell’Uoc di Oncologia Medica del Papardo ha portato il suo prezioso contribuito. Il gruppo ha infatti presentato i dati preliminari di uno studio retrospettivo su 100 pazienti con carcinoma mammario “triplo negativo” analizzando il ruolo di nuovi determinanti molecolari, tra cui il recettore androgenico. Lo studio condotto in collaborazione con l’Uoc di Anatomia Patologica del Policlinico “G. Martino” (Prof. G. Tuccari) e con l’Humanitas Centro Oncologico Catanese (Dott. M. Caruso) ha valutato il ruolo di diversi biomarcatori tumorali nell’ambito di quello che, ad oggi, appare il sottotipo che meno ha beneficiato dei progressi terapeutici che negli ultimi anni hanno investito il carcinoma mammario. Tale studio, i cui dati preliminari sono stati recentemente pubblicati sulla prestigiosa rivista internazionale PLoSONE (Ricciardi GR, Adamo B, et al. PLoSONE 2015), appare ancora più interessante alla luce dei dati presentati durante il congresso americano sull’uso terapeutico dell’inibitore del segnale androgenico Enzalutamide proprio in questo sottotipo di pazienti.
Grande risalto, come atteso, ha avuto l’immunoterapia con dati estremamente promettenti ed, in alcuni casi, senza precedenti nell’ambito di diverse neoplasie solide. In particolare, l’anticorpo monoclonale Nivolumab ha riportato, in due grandi studi di fase III, un vantaggio in termini di sopravvivenza rispetto alla chemioterapia standard nel trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule metastatico, sia ad istologia squamosa che adenocarcinoma. Sulla scorta di questi dati l’ente regolatorio americano (FDA) ha approvato il farmaco per il trattamento dei pazienti con carcinoma squamoso del polmone ed è attesa a breve l’estensione dell’uso anche ai pazienti con altre istologie e l’approvazione da parte dell’ente regolatorio Europeo (EMA). L’impiego dell’immunoterapia, ormai consolidato da alcuni anni nel melanoma maligno, si arricchisce di una nuova opzione terapeutica: lo studio CheckMate 067 ha infatti dimostrato che l’impiego del Nivolumab in associazione o meno all’Ipilimumab, altro anticorpo monoclonale che modula l’attività del sistema immunitario, risulta superiore all’Ipilimumab stesso, attuale standard di trattamento nel melanoma metastatico.
Non solo l’immunoterapia, ma anche diverse piccole molecole hanno dimostrato risultati incoraggianti in due “Big Killer”, come il carcinoma polmonare ed il carcinoma mammario. Nei pazienti con adenocarcinoma polmonare con mutazioni dell’EGFR, la strategia terapeutica potrebbe presto arricchirsi di due nuove molecole, Rociletinib e AZD9291, due agenti orali che hanno dimostrato di essere attivi anche in pazienti non più responsivi alle terapie standard ed anche in presenza di metastasi cerebrali. Risultati estremamente incoraggianti sono stati riportati inoltre nello studio Paloma 3 con il Palbociclib, un inibitore delle cicline (molecole chiave nel controllo del ciclo cellulare) nel trattamento del carcinoma mammario avanzato endocrino-resistente in associazione all’antagonista del recettore estrogenico Fulvestrant.
Diversi centri oncologici italiani sono coinvolti in studi con questi nuovi inibitori delle cicline nel trattamento del carcinoma mammario ormono-positivo, come sottolinea il Prof. Adamo, tra cui il Centro Oncologico del Papardo, ed è questa una importante opportunità terapeutica per le pazienti del nostro territorio di usufruire di una promettente ed innovativa classe di agenti biologici.
Non solo nuovi ed innovativi farmaci, ma anche farmaci già presenti in commercio hanno ricevuto nuova linfa dagli studi attualmente in corso in tutto il mondo. Ad esempio, l’impiego dell’acido zoledronico, farmaco già in uso da molti anni per il trattamento delle metastasi ossee da tumori solidi potrebbe essere modificato alla luce dello studio CALGB 70604 che ha dimostrato come l’impiego di una schedula meno intensiva di quella attualmente in uso (ogni 12 settimane anziché 4) sia associato a risultati sovrapponibili. Studi in corso, tra cui lo studio italiano ZEN a cui aderisce anche l’Oncologia del Papardo, dimostreranno se questa strategia sarà quella vincente, con innegabili vantaggi per la salute dei pazienti ed il contenimento della spesa sanitaria.